Visse tra passione e tormenti. Raccontò di sé quando si pensava che le donne non avessero niente da dire. Ebbe un rapporto turbolento con le gerarchie e la Santa Inquisizione sospettava di lei. Era ironica e spiritosa. I suo scritti sono così sconvolgenti
di Lucetta Scaraffia
«Nada te turbe, nada te espante, quien a Dios tiene nada le falta, sólo Dios basta, todo se pasa, Dios no se muda, la paciencia todo lo alcanza», nulla ti turbi, nulla ti spaventi, a chi ha Dio nulla manca, solo Dio basta, tutto passa, Dio non cambia, la pazienza tutto ottiene. Sono le parole più celebri di Teresa d’Ávila, parole che hanno oltrepassato i secoli e che la voce di Mina ha saputo interpretare con profonda drammaticità. Sì, perché Teresa ha sempre sorpreso tutti, anche noi quando scopriamo che le sue parole sono state cantate da Mina. Ma la vita della grande santa spagnola è diventata anche un romanzo psicanalitico, Therèse mon amour, scritto da una famosa intellettuale francese, Julia Kristeva, innamorata di questa donna per il suo erotismo, la sua spiritualità, la consapevolezza di sé. Teresa non smette di parlare alle donne di oggi, così come aveva saputo, con le sue parole, far capire al Bernini, autore della straordinaria statua che la rappresenta in estasi, che l’esperienza mistica attraversa anche il corpo. Sono così sconvolgenti i suoi scritti che la Chiesa, pur canonizzandola tra i primi santi della Controriforma, ha pensato bene di censurarli. La versione integrale, originaria, è stata pubblicata soltanto tre secoli più tardi (tra il 1915 e il 1924, in nove volumi), così come solo nel 1970 papa Paolo VI l’ha consacrata prima donna fra i dottori della Chiesa.
LE DUE FUGHE
La sua vivacità si era rivelata fin da bambina, quando Teresa già sapeva che la famiglia l’aveva destinata al convento, proprio lei che aveva la testa piena di avventure eroiche ispirate ai libri di cavalleria che leggeva con il fratello più piccolo. Così con il fratello scappò di casa, per vivere qualche avventura. Lo racconta lei stessa, nella sua bellissima autobiografia, uno dei primi libri in lingua spagnola e prima autobiografia di una donna. Il fratello poi qualche avventura la visse: partì per le colonie americane, dove trovò la morte per mano degli indios. A Teresa, però, la vita ha riservato non solo avventure concrete — come i lunghi e faticosi viaggi attraverso la penisola iberica per fondare o riformare monasteri carmelitani — ma anche avventure spirituali decisive che hanno cambiato la storia della Chiesa.
Crisi spirituali, insieme a gravi problemi di salute, ritardarono il suo ingresso in monastero, avvenuto quando aveva già ventinove anni. Ci volle però una seconda conversione, anch’essa preceduta da una grave malattia, per un vero e profondo cambiamento che la portò non solo fino alle esperienze mistiche, ma anche a progettare un monastero fedele alla rigida e austera regola originaria. Molti si opposero a questo suo progetto, a cominciare dalla superiora del monastero dell’Incarnazione dov’era entrata, tanto che preparò una fuga con alcune consorelle, di nascosto, per trasferirsi in un piccolo monastero dedicato a san Giuseppe situato in una casa di Ávila che aveva comprato.
L’ACCUSA DI “POSSESSIONE”
Da quel momento la sua vita fu tutta una lotta contro le gerarchie ecclesiastiche che diffidavano del suo progetto di riforma — quando morì era ancora sotto inchiesta dell’Inquisizione — ma anche contro religiosi e uomini potenti che temevano le sue capacità organizzative e la sua serietà nelle riforme. Teresa ha lottato per portare a termine le tante imprese iniziate e interrotte, e per resistere alle fatiche immani dei viaggi attraverso la Spagna e alle calunnie, in un tempo in cui la Chiesa sapeva di avere bisogno di riforma, ma era anche irrigidita e sospettosa nei confronti di ogni novità che poteva nascondere l’eresia.
Teresa, come quasi tutte le mistiche, è stata accusata di possessione diabolica, ma poi ha sedotto con la sua passione e con la sua sicurezza anche chi le era contrario, aiutata da alcuni religiosi e in particolare da Juan de la Cruz, il grande mistico che detiene con lei la vetta del misticismo spagnolo.
I continui viaggi, le molte lettere indirizzate alle autorità e la fatica continua di stringere alleanze e coltivare relazioni — che erano necessarie per realizzare i suoi progetti — non le impediscono di pregare, di vivere straordinarie esperienze mistiche, e soprattutto di scrivere. Teresa è una grande scrittrice, che sa passare nello stesso testo dal registro ironico o avventuroso a quello mistico, coinvolgendo profondamente il lettore. I suoi libri più interessanti sono La vita e il Libro delle fondazioni, dove racconta ostacoli e successi per fondare quindici monasteri, un percorso interrotto dalla morte a sessantasette anni, entrambi scritti autobiografici in tempi in cui non si pensava che una donna avesse qualcosa da raccontare.
Gli altri libri sono insegnamenti sulla via mistica per le sue consorelle: Il cammino di perfezione e Il castello interiore. Qui la protagonista è l’anima, cioè l’essere umano che può essere anche di sesso femminile e che vive l’avventura spirituale dell’incontro con Dio. Un incontro che si raggiunge attraverso l’orazione ma che è anche una via di conoscenza: «Io non ho mai capito un granché fino a quando il Signore non me lo ha fatto comprendere in maniera sperimentale». Nei secoli successivi tante monache hanno cercato di seguire il suo esempio, non molto benviste dalle gerarchie che diffidavano di questa via libera per arrivare a Dio senza la mediazione del clero.
Interessantissime sono anche le lettere, dalle quali emerge la sua acuta ironia e dove mette nero su bianco quello che sa di non poter scrivere nei libri: «Liberaci, o Signore, dalle sciocche devozioni dei santi con la faccia triste». E nelle quali scrive che i vangeli sono pieni di donne, e con ruoli importanti. Non ha avuto bisogno del femminismo per accorgersene.
FRANCO E LA MANO DESTRA
La sua fama di donna saggia e potente la portò a svolgere un ruolo decisivo nella disputa che sconvolse l’ordine carmelitano e la Chiesa spagnola, divisa fra scalzi e calzati, cioè fra coloro che volevano la riforma da lei propugnata e coloro che invece insistevano per mantenere le più indulgenti regole tradizionali. La disputa provocò conflitti anche gravi, fino a quando la mediazione di Roma permise di arrivare alla soluzione auspicata Teresa: cioè la separazione dei due rami, che sanciva in questo modo l’autonomia degli scalzi.
Dopo la rapida canonizzazione nel 1622, quarant’anni dopo la morte, il suo corpo fu spezzettato, come si usava allora per i santi, e diviso fra i vari monasteri da lei fondati. Ma la sua mano destra ha avuto nell’età contemporanea un inaspettato destino politico: il generalissimo Francisco Franco la sottrasse al monastero che la custodiva per tenerla presso di sé fino alla morte, nel 1975, come prova della sua devozione per Teresa, che chiamava santa de la raza.
Ma Franco morì poco prima di una clamorosa scoperta: la famiglia paterna di Teresa era di origine ebraica, e si era convertita dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Il nonno di Teresa era entrato nella cattedrale di Toledo — città da cui provenivano — con in testa il sambenito, cioè il cappellino che li segnalava come ebrei e li esponeva al dileggio della folla prima della conversione. Il trasferimento della famiglia ad Ávila evidentemente era avvenuto per cancellare la memoria di questa umiliazione. Il generalissimo non avrebbe apprezzato. Noi invece possiamo accogliere con gioia questa prova ulteriore dei mille legami fra popolo ebraico e mondo cristiano, testimoniati da una delle donne più importanti della storia della Chiesa.
LE DUE FUGHE
La sua vivacità si era rivelata fin da bambina, quando Teresa già sapeva che la famiglia l’aveva destinata al convento, proprio lei che aveva la testa piena di avventure eroiche ispirate ai libri di cavalleria che leggeva con il fratello più piccolo. Così con il fratello scappò di casa, per vivere qualche avventura. Lo racconta lei stessa, nella sua bellissima autobiografia, uno dei primi libri in lingua spagnola e prima autobiografia di una donna. Il fratello poi qualche avventura la visse: partì per le colonie americane, dove trovò la morte per mano degli indios. A Teresa, però, la vita ha riservato non solo avventure concrete — come i lunghi e faticosi viaggi attraverso la penisola iberica per fondare o riformare monasteri carmelitani — ma anche avventure spirituali decisive che hanno cambiato la storia della Chiesa.
Crisi spirituali, insieme a gravi problemi di salute, ritardarono il suo ingresso in monastero, avvenuto quando aveva già ventinove anni. Ci volle però una seconda conversione, anch’essa preceduta da una grave malattia, per un vero e profondo cambiamento che la portò non solo fino alle esperienze mistiche, ma anche a progettare un monastero fedele alla rigida e austera regola originaria. Molti si opposero a questo suo progetto, a cominciare dalla superiora del monastero dell’Incarnazione dov’era entrata, tanto che preparò una fuga con alcune consorelle, di nascosto, per trasferirsi in un piccolo monastero dedicato a san Giuseppe situato in una casa di Ávila che aveva comprato.
L’ACCUSA DI “POSSESSIONE”
Da quel momento la sua vita fu tutta una lotta contro le gerarchie ecclesiastiche che diffidavano del suo progetto di riforma — quando morì era ancora sotto inchiesta dell’Inquisizione — ma anche contro religiosi e uomini potenti che temevano le sue capacità organizzative e la sua serietà nelle riforme. Teresa ha lottato per portare a termine le tante imprese iniziate e interrotte, e per resistere alle fatiche immani dei viaggi attraverso la Spagna e alle calunnie, in un tempo in cui la Chiesa sapeva di avere bisogno di riforma, ma era anche irrigidita e sospettosa nei confronti di ogni novità che poteva nascondere l’eresia.
Teresa, come quasi tutte le mistiche, è stata accusata di possessione diabolica, ma poi ha sedotto con la sua passione e con la sua sicurezza anche chi le era contrario, aiutata da alcuni religiosi e in particolare da Juan de la Cruz, il grande mistico che detiene con lei la vetta del misticismo spagnolo.
I continui viaggi, le molte lettere indirizzate alle autorità e la fatica continua di stringere alleanze e coltivare relazioni — che erano necessarie per realizzare i suoi progetti — non le impediscono di pregare, di vivere straordinarie esperienze mistiche, e soprattutto di scrivere. Teresa è una grande scrittrice, che sa passare nello stesso testo dal registro ironico o avventuroso a quello mistico, coinvolgendo profondamente il lettore. I suoi libri più interessanti sono La vita e il Libro delle fondazioni, dove racconta ostacoli e successi per fondare quindici monasteri, un percorso interrotto dalla morte a sessantasette anni, entrambi scritti autobiografici in tempi in cui non si pensava che una donna avesse qualcosa da raccontare.
Gli altri libri sono insegnamenti sulla via mistica per le sue consorelle: Il cammino di perfezione e Il castello interiore. Qui la protagonista è l’anima, cioè l’essere umano che può essere anche di sesso femminile e che vive l’avventura spirituale dell’incontro con Dio. Un incontro che si raggiunge attraverso l’orazione ma che è anche una via di conoscenza: «Io non ho mai capito un granché fino a quando il Signore non me lo ha fatto comprendere in maniera sperimentale». Nei secoli successivi tante monache hanno cercato di seguire il suo esempio, non molto benviste dalle gerarchie che diffidavano di questa via libera per arrivare a Dio senza la mediazione del clero.
Interessantissime sono anche le lettere, dalle quali emerge la sua acuta ironia e dove mette nero su bianco quello che sa di non poter scrivere nei libri: «Liberaci, o Signore, dalle sciocche devozioni dei santi con la faccia triste». E nelle quali scrive che i vangeli sono pieni di donne, e con ruoli importanti. Non ha avuto bisogno del femminismo per accorgersene.
FRANCO E LA MANO DESTRA
La sua fama di donna saggia e potente la portò a svolgere un ruolo decisivo nella disputa che sconvolse l’ordine carmelitano e la Chiesa spagnola, divisa fra scalzi e calzati, cioè fra coloro che volevano la riforma da lei propugnata e coloro che invece insistevano per mantenere le più indulgenti regole tradizionali. La disputa provocò conflitti anche gravi, fino a quando la mediazione di Roma permise di arrivare alla soluzione auspicata Teresa: cioè la separazione dei due rami, che sanciva in questo modo l’autonomia degli scalzi.
Dopo la rapida canonizzazione nel 1622, quarant’anni dopo la morte, il suo corpo fu spezzettato, come si usava allora per i santi, e diviso fra i vari monasteri da lei fondati. Ma la sua mano destra ha avuto nell’età contemporanea un inaspettato destino politico: il generalissimo Francisco Franco la sottrasse al monastero che la custodiva per tenerla presso di sé fino alla morte, nel 1975, come prova della sua devozione per Teresa, che chiamava santa de la raza.
Ma Franco morì poco prima di una clamorosa scoperta: la famiglia paterna di Teresa era di origine ebraica, e si era convertita dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Il nonno di Teresa era entrato nella cattedrale di Toledo — città da cui provenivano — con in testa il sambenito, cioè il cappellino che li segnalava come ebrei e li esponeva al dileggio della folla prima della conversione. Il trasferimento della famiglia ad Ávila evidentemente era avvenuto per cancellare la memoria di questa umiliazione. Il generalissimo non avrebbe apprezzato. Noi invece possiamo accogliere con gioia questa prova ulteriore dei mille legami fra popolo ebraico e mondo cristiano, testimoniati da una delle donne più importanti della storia della Chiesa.
Supplemento 7 al «Corriere della sera» del 28 novembre 2025
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