Cresce il contenzioso a scuola
di Riccardo Bruno
Da Milano a Palermo: docenti sotto accusa per un rimprovero o per aver requisito un cellulare. I prof: insegnare impossibile
MILANO - Lo studente, che si nasconde dietro il nome del pilota Fernando Alonso, chiede aiuto su Internet: «Un prof mi ha ritirato il cellulare e se l'è tenuto, posso denunciarlo?». Risposta pronta di Woody: «Sì. È Furto!!! Potresti registrare una conversazione, lo porti a dire che te lo ridarà quando vuole lui!!! Fallo, avrai il coltello dalla parte del manico!!! Odiosi prof!!!». Benvenuti nel campo di battaglia della scuola italiana. Studenti in guerra contro insegnanti. Come sempre. Ma, ed è questa la novità, sempre di più spalleggiati dai genitori. Liceo di Roma: alla professoressa gli studenti fanno sparire gli occhiali, lei perquisisce gli zaini. Quando a casa i ragazzi raccontano tutto, qualche papà invece di sgridare il figlio va dai carabinieri e denuncia l'insegnante per abuso dei mezzi di correzione. Noale, Venezia, scuola media: un ragazzino viene scoperto a imbrattare le aule. La dirigente scolastica lo convoca, la madre non la prende bene. Le si presenta davanti, l'afferra per il collo e la spinge contro il muro. La donna torna a casa, la preside va al pronto soccorso.
FAMIGLIE ANSIOSE - Imperia, scuola elementare. La bimba, sei anni, graffia e punta la matita contro i compagni. La maestra la fa sedere vicino alla cattedra. I genitori minacciano un esposto alla Procura: così la danneggiano psicologicamente. «Li ho chiamati, ragionando è stata trovata una soluzione. Abbiamo fatto dei gruppi, che a turno girano nella classe». In questo modo Franca Rambaldi, a capo dell'ufficio scolastico provinciale, è riuscita a calmare le acque. «Le famiglie sono troppo ansiose, vanno subito in crisi, si irritano facilmente, alla minima difficoltà partono all'attacco». I genitori non si fidano più degli insegnanti, credono che tocchi a loro sopperire all'educazione inadeguata, alle carenze della scuola. Insomma, si sentono «sindacalisti dei propri figli». «Se non si restituisce dignità alla professione degli insegnanti, se non si rinnova la partecipazione dei genitori e degli studenti, allora la microconflittualità è destinata a crescere», ipotizza amaramente Gianna Fracassi, segretaria della Flc-Cgil.
PROF ALL'ANTICA - I docenti si sentono sotto assedio. «Non metta per favore il mio nome, non voglio avere problemi...». Chi parla insegna in un liceo psicopedagogico della provincia di Milano. È una prof all'antica. «Lo ammetto, sono un po' rigida. Ma le regole vanno rispettate». Ogni giorno è una trincea. Capitolo primo: «Vedo una studentessa durante la lezione che armeggia con il cellulare. Le chiedo di consegnarmelo. Lei si rifiuta, glielo ritiro. Il papà va dalla preside, dice che gliel'ho strappato, che non era mio diritto...». Capitolo secondo: i compiti in classe. «Vogliono le fotocopie, controllano le correzioni. Cercano di incastrarti, di sindacare il tuo lavoro...». A una collega di Treviso, istituto professionale, è andata peggio. Anche lei preferisce restare anonima. «C'è un ragazzo che insulta i compagni. Io lo rimprovero, ma, mi creda, in modo tranquillo. Il padre si arrabbia, inizia a mandare lettere: mi accusa di essere un cattivo docente, di manipolare gli studenti. Scrive al preside, al provveditore...». Va a finire che viene chiamata a Roma, audizione alla sezione disciplinare del ministero. «Prima di me ascoltavano un pedofilo... Per fortuna i ragazzi hanno testimoniato in mio favore...». Dice che di storie così ce ne sono tante. Racconta che, sempre a Treviso, hanno scoperto degli studenti che per gioco facevano la pipì a terra. Il preside ha ordinato loro di pulire. I genitori hanno minacciato denuncia: violazione delle norme igieniche.
DISAGIO IN CLASSE - I sindacati raccolgono ogni giorno casi e lamentele. «In classe si vive con molto disagio - osserva Massimo Di Menna, della Uil scuola -. Il docente conquista a fatica il riconoscimento della sua funzione. E molti sono spinti a pensare: ma chi me lo fa fare...». Giacomo Siracusa, insegna a Palermo, scuola primaria. «Una mia collega ha impedito a un bambino di dare fastidio ai compagni. I genitori hanno invece detto che l'aveva picchiato, l'hanno portato al pronto soccorso. Si sono fatti fare il referto. Tutto inventato. Siamo scoraggiati, amareggiati». Il segno di quanto sia serio il conflitto lo danno i dati del 114, il numero dell'Emergenza infanzia gestito dal Telefono azzurro. Tu ti aspetti che chiamino per violenze o episodi gravi. E invece uno su cento telefona per denunciare «difficoltà relazionali con gli insegnanti». Episodi come questo. Una madre di un bambino di 9 anni si sfoga con l'operatrice: «Mio figlio ha problemi di adattamento, ma gli insegnanti invece di aiutarlo lo puniscono ingiustamente...». Il 114 raccoglie la testimonianza, contatta la scuola. La dirigente spiega che «la madre è una persona poco collaborativa, che urla e insulta...». Viene organizzato un incontro, c'è anche il servizio sociale. La situazione migliora: la madre diventa più disponibile, il bambino finalmente si integra. La soluzione in fondo era semplice: bastava guardarsi negli occhi e dialogare.
FAMIGLIE ANSIOSE - Imperia, scuola elementare. La bimba, sei anni, graffia e punta la matita contro i compagni. La maestra la fa sedere vicino alla cattedra. I genitori minacciano un esposto alla Procura: così la danneggiano psicologicamente. «Li ho chiamati, ragionando è stata trovata una soluzione. Abbiamo fatto dei gruppi, che a turno girano nella classe». In questo modo Franca Rambaldi, a capo dell'ufficio scolastico provinciale, è riuscita a calmare le acque. «Le famiglie sono troppo ansiose, vanno subito in crisi, si irritano facilmente, alla minima difficoltà partono all'attacco». I genitori non si fidano più degli insegnanti, credono che tocchi a loro sopperire all'educazione inadeguata, alle carenze della scuola. Insomma, si sentono «sindacalisti dei propri figli». «Se non si restituisce dignità alla professione degli insegnanti, se non si rinnova la partecipazione dei genitori e degli studenti, allora la microconflittualità è destinata a crescere», ipotizza amaramente Gianna Fracassi, segretaria della Flc-Cgil.
PROF ALL'ANTICA - I docenti si sentono sotto assedio. «Non metta per favore il mio nome, non voglio avere problemi...». Chi parla insegna in un liceo psicopedagogico della provincia di Milano. È una prof all'antica. «Lo ammetto, sono un po' rigida. Ma le regole vanno rispettate». Ogni giorno è una trincea. Capitolo primo: «Vedo una studentessa durante la lezione che armeggia con il cellulare. Le chiedo di consegnarmelo. Lei si rifiuta, glielo ritiro. Il papà va dalla preside, dice che gliel'ho strappato, che non era mio diritto...». Capitolo secondo: i compiti in classe. «Vogliono le fotocopie, controllano le correzioni. Cercano di incastrarti, di sindacare il tuo lavoro...». A una collega di Treviso, istituto professionale, è andata peggio. Anche lei preferisce restare anonima. «C'è un ragazzo che insulta i compagni. Io lo rimprovero, ma, mi creda, in modo tranquillo. Il padre si arrabbia, inizia a mandare lettere: mi accusa di essere un cattivo docente, di manipolare gli studenti. Scrive al preside, al provveditore...». Va a finire che viene chiamata a Roma, audizione alla sezione disciplinare del ministero. «Prima di me ascoltavano un pedofilo... Per fortuna i ragazzi hanno testimoniato in mio favore...». Dice che di storie così ce ne sono tante. Racconta che, sempre a Treviso, hanno scoperto degli studenti che per gioco facevano la pipì a terra. Il preside ha ordinato loro di pulire. I genitori hanno minacciato denuncia: violazione delle norme igieniche.
DISAGIO IN CLASSE - I sindacati raccolgono ogni giorno casi e lamentele. «In classe si vive con molto disagio - osserva Massimo Di Menna, della Uil scuola -. Il docente conquista a fatica il riconoscimento della sua funzione. E molti sono spinti a pensare: ma chi me lo fa fare...». Giacomo Siracusa, insegna a Palermo, scuola primaria. «Una mia collega ha impedito a un bambino di dare fastidio ai compagni. I genitori hanno invece detto che l'aveva picchiato, l'hanno portato al pronto soccorso. Si sono fatti fare il referto. Tutto inventato. Siamo scoraggiati, amareggiati». Il segno di quanto sia serio il conflitto lo danno i dati del 114, il numero dell'Emergenza infanzia gestito dal Telefono azzurro. Tu ti aspetti che chiamino per violenze o episodi gravi. E invece uno su cento telefona per denunciare «difficoltà relazionali con gli insegnanti». Episodi come questo. Una madre di un bambino di 9 anni si sfoga con l'operatrice: «Mio figlio ha problemi di adattamento, ma gli insegnanti invece di aiutarlo lo puniscono ingiustamente...». Il 114 raccoglie la testimonianza, contatta la scuola. La dirigente spiega che «la madre è una persona poco collaborativa, che urla e insulta...». Viene organizzato un incontro, c'è anche il servizio sociale. La situazione migliora: la madre diventa più disponibile, il bambino finalmente si integra. La soluzione in fondo era semplice: bastava guardarsi negli occhi e dialogare.
«Corriere della Sera» del 2 febbraio 2013
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