Gilles Bernheim, guida dell’ebraismo transalpino, promette battaglia: «Non è oscurantismo contrastare il pensiero corrente»
di Stefano Montefiori
L’«Osservatore Romano» cita la lezione della tradizione cabalistica
«Battersi, discutere, ragionare, è un modo per fare riflettere le persone, affinché non si limitino ad adeguarsi al pensiero corrente, anche se ormai il dato è tratto», dice il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, a proposito della sua opposizione al matrimonio tra omosessuali. Che la Francia avrebbe approvato le nozze gay si sapeva dall’estate scorsa, da quando il presidente François Hollande confermò che avrebbe mantenuto la promessa elettorale. Ciò nonostante, da allora Bernheim spiega perché a suo avviso si tratta di un errore, così come fanno gli altri rappresentanti religiosi: il cardinale André Vingt-Trois, il presidente del Consiglio del culto musulmano Mohammed Moussaoui, il pastore protestante Claude Baty, il metropolita greco-ortodosso Emmanuel Adamakis. Il no è espresso per motivi diversi, e un vero e consapevole «fronte delle religioni» si è formato esclusivamente per affermare il diritto di intervenire nella questione. Il Partito socialista al governo e alcune voci dell’esecutivo nei mesi scorsi hanno più volte evocato un’ingerenza indebita visto che la legge in discussione riguarda i matrimoni civili. «Ma la fede non è un oscurantismo dal quale occorre liberare gli spiriti», dissero i religiosi in una dichiarazione comune. Per il resto, ogni culto ha più volte ribadito che non c’è un’alleanza dei credenti contro i laici, che la riflessione sul matrimonio è trasversale. Le posizioni più vicine sono comunque quelle tra Chiesa cattolica e comunità ebraica. Il 18 ottobre scorso Bernheim ha pubblicato il saggio «Quel che spesso ci si dimentica di dire », che il 21 dicembre è stato lungamente citato da Benedetto XVI nel suo discorso annuale alla curia romana. «Il grande rabbino di Francia Gilles Bernheim — scrive il Papa — in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, ha mostrato che la minaccia all’autentica forma della famiglia, costituita da un padre, una madre e un bambino, raggiunge una dimensione ancora più profonda (...); in gioco in realtà c’è quel che significa essere una persona umana». Ieri il testo di Bernheim è stato commentato anche sull’Osservatore Romano, dal rabbino di Torino, Alberto Moshe Somekh, che ha ricordato «la lezione dello Zòhar». Lo Zòhar è il libro più importante della tradizione cabalistica, nel quale si trova l’idea (in parte simile al mito platonico del Simposio) dell’amore come ricongiunzione di due creature nella loro unità preesistente. «Lo Zòhar sostiene che Dio creò esclusivamente androgini—scrive il rabbino Somekh —: "Li divise in due, separando il maschio dalla femmina, e li mise uno di fronte all’altro. E quando la donna si ricongiunse con l’uomo D. li benedisse, come nel corso della cerimonia nuziale"». «L’omosessualità non fa parte del piano della Creazione — conclude il rabbino —. Solo nell’unione solenne di marito e moglie trova dimora la Presenza Divina».
«Corriere della Sera» del 6 febbraio 2013
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