di Viviana Daloiso
Immaginate di recarvi al supermercato e di trovare sugli scaffali e nei frigoriferi soltanto scatole bianche. Su queste ultime è riportato il nome del prodotto che (presumibilmente) contengono e qualche scritta generica del tipo "possiede moltissime sostanze nutritive", oppure "che aspetti a mangiarlo? È buonissimo". La domanda è quasi paradossale: comprereste le scatole?
Per fortuna, supermercati del genere in Italia non ne esistono: la legge è molto chiara (e anche molto severa) sui diritti dei consumatori, a partire da quello d’essere correttamente ed esaustivamente informati su ciò che acquistano, oltre che a dover essere tutelati nella salute. E questo non solo in campo alimentare. Peccato che la stessa legge non abbia valore nel nostro Paese quando si gioca e si scommette, a partire dai popolari Gratta & vinci, che negli ultimi anni sono diventati la “porta” della ludopatia. Si comincia da lì, e spesso non si finisce.
Il sogno del "Megaturista per sempre". All’apparenza sono i più innocui, tra i giochi d’azzardo proposti agli italiani: colorati, facili da utilizzare e nella maggior parte dei casi poco costosi, i Gratta & vinci – in gergo tecnico le “lotterie a estrazione istantanea” – spopolano nel nostro Paese, tanto da aver messo in soffitta persino le care, vecchie lotterie nazionali. I numeri, d’altronde, parlano chiaro: nel 2011 i biglietti “usa e getta” della fortuna hanno fruttato 10,2 miliardi di euro lordi (stiamo parlando di circa 28 milioni di euro al giorno) lasciando la povera Lotteria Italia – una sola estrazione, dopo mesi di “attesa” – ferma ai 48 milioni di euro totali. Non è un caso se negli ultimi anni le lotterie istantanee sono proliferate come funghi. A oggi sono 40, divise addirittura in sottogruppi, ciascuna col suo nome accattivante e la sua promessa milionaria. Tutte con la stessa regola: illudere chi vi partecipa. Che, per chi di gioco è malato, significa infierire.
Marketing e disinformazione. Basterebbe farsi un giro sul sito di Lottomatica Italia per scoprire i trucchi ben celati del sistema. Alla sezione Gratta & vinci è possibile scorrere i fac-simile di tutti i biglietti. Prendiamone uno a caso, dal sapore “vacanziero”: "Un mare d’oro". Girandolo, si può scoprire che si sono "tanti premi da vincere": il più alto è da 500mila euro, poi 100mila, 10mila, e via fino ai 5 euro (che poi è il prezzo del biglietto). Ecco tutto: promesse roboanti, certo, ma anche del tutto generiche. Niente, insomma, che informi il giocatore su quanti premi siano in palio e – più importante forse – quanti ne siano stati già vinti. «Il che – spiega l’avvocato Osvaldo Asteriti, esperto in gioco d’azzardo e da anni impegnato in una battaglia contro la ludopatia con l’Asdi (Associazione sviluppo dell’individuo) – evita di rispondere ai quesiti basilari di ogni persona di buon senso, vale a dire: sto scommettendo su qualcosa di reale? E che possibilità ho di vincere davvero?».
Domande da mettere in tasca e dimenticare. A meno che non si voglia essere pignoli (la caratteristica esclude i ludopatici), e prima di comprare i biglietti si vada alla ricerca dei decreti di indizione delle singole lotterie, in cui figurano sia il numero di premi a disposizione sia le somme ad essi associate. Dove trovarli? Certo non in apposite bacheche all’interno di bar e autogrill: i decreti, per chi non lo sapesse, vengono infatti pubblicati in Gazzetta ufficiale e sono consultabili solo dopo apposite (e complicate, provare per credere) ricerche online. Quanto al montepremi ancora disponibile, non c’è alcuna possibilità di avere informazioni: «A differenza di altri Paesi, come per esempio gli Stati Uniti – continua Asteriti – in Italia non è dato sapere se i premi da un milione di euro, per esempio, sono già stati vinti. E c’è una bella differenza tra giocare pensando di potersi aggiudicare un milione di euro o soltanto pochi spiccioli».
Il meccanismo dei “finti” premi. C’è poi la questione più spinosa: quella della spartizione del montepremi. «Nel caso de "Il tesoro del faraone", per esempio, su 84 milioni di biglietti da 10 euro – spiega Asteriti – i Monopoli mettono in palio circa 655 milioni di euro, divisi tra quasi 36 milioni di biglietti vincenti: 14 biglietti da 2 milioni, 70 da centomila euro, 112 da cinquantamila e così via a scendere fino alla sorpresa finale, ben 20.746.250 biglietti (il 58% di quelli vincenti) valgono 10 euro, cioè la cifra che si è giocata». Finti premi, insomma, visto che ripagano semplicemente dei soldi spesi, tanto che proprio l’avvocato Asteriti nel 2009 ha vinto una causa contro l’Aams perché nella lotteria "il Megamiliardario" oltre il 40% dei premi aveva un importo di 10 euro, cioè non corrispondeva a premi effettivi.
Ma il “nodo” del meccanismo è un altro ed è quello che inizia a preoccupare le strutture e gli sportelli di aiuto di mezza Italia: nell’80% e più dei casi i finti premi vengono rigiocati comprando un altro biglietto e innescando così il pericoloso meccanismo della ripetizione della giocata, strada sicura verso la patologia. Che anche nel caso degli “innocui” Gratta & vinci è più che mai in agguato, con la possibilità di perdite altissime, visto che per le lotterie più accattivanti (le “miliardarie”) una grattata costa 20 euro. E in una semplice tappa al bar, per un caffè, si arrivano a comprare anche 10 biglietti.
Per fortuna, supermercati del genere in Italia non ne esistono: la legge è molto chiara (e anche molto severa) sui diritti dei consumatori, a partire da quello d’essere correttamente ed esaustivamente informati su ciò che acquistano, oltre che a dover essere tutelati nella salute. E questo non solo in campo alimentare. Peccato che la stessa legge non abbia valore nel nostro Paese quando si gioca e si scommette, a partire dai popolari Gratta & vinci, che negli ultimi anni sono diventati la “porta” della ludopatia. Si comincia da lì, e spesso non si finisce.
Il sogno del "Megaturista per sempre". All’apparenza sono i più innocui, tra i giochi d’azzardo proposti agli italiani: colorati, facili da utilizzare e nella maggior parte dei casi poco costosi, i Gratta & vinci – in gergo tecnico le “lotterie a estrazione istantanea” – spopolano nel nostro Paese, tanto da aver messo in soffitta persino le care, vecchie lotterie nazionali. I numeri, d’altronde, parlano chiaro: nel 2011 i biglietti “usa e getta” della fortuna hanno fruttato 10,2 miliardi di euro lordi (stiamo parlando di circa 28 milioni di euro al giorno) lasciando la povera Lotteria Italia – una sola estrazione, dopo mesi di “attesa” – ferma ai 48 milioni di euro totali. Non è un caso se negli ultimi anni le lotterie istantanee sono proliferate come funghi. A oggi sono 40, divise addirittura in sottogruppi, ciascuna col suo nome accattivante e la sua promessa milionaria. Tutte con la stessa regola: illudere chi vi partecipa. Che, per chi di gioco è malato, significa infierire.
Marketing e disinformazione. Basterebbe farsi un giro sul sito di Lottomatica Italia per scoprire i trucchi ben celati del sistema. Alla sezione Gratta & vinci è possibile scorrere i fac-simile di tutti i biglietti. Prendiamone uno a caso, dal sapore “vacanziero”: "Un mare d’oro". Girandolo, si può scoprire che si sono "tanti premi da vincere": il più alto è da 500mila euro, poi 100mila, 10mila, e via fino ai 5 euro (che poi è il prezzo del biglietto). Ecco tutto: promesse roboanti, certo, ma anche del tutto generiche. Niente, insomma, che informi il giocatore su quanti premi siano in palio e – più importante forse – quanti ne siano stati già vinti. «Il che – spiega l’avvocato Osvaldo Asteriti, esperto in gioco d’azzardo e da anni impegnato in una battaglia contro la ludopatia con l’Asdi (Associazione sviluppo dell’individuo) – evita di rispondere ai quesiti basilari di ogni persona di buon senso, vale a dire: sto scommettendo su qualcosa di reale? E che possibilità ho di vincere davvero?».
Domande da mettere in tasca e dimenticare. A meno che non si voglia essere pignoli (la caratteristica esclude i ludopatici), e prima di comprare i biglietti si vada alla ricerca dei decreti di indizione delle singole lotterie, in cui figurano sia il numero di premi a disposizione sia le somme ad essi associate. Dove trovarli? Certo non in apposite bacheche all’interno di bar e autogrill: i decreti, per chi non lo sapesse, vengono infatti pubblicati in Gazzetta ufficiale e sono consultabili solo dopo apposite (e complicate, provare per credere) ricerche online. Quanto al montepremi ancora disponibile, non c’è alcuna possibilità di avere informazioni: «A differenza di altri Paesi, come per esempio gli Stati Uniti – continua Asteriti – in Italia non è dato sapere se i premi da un milione di euro, per esempio, sono già stati vinti. E c’è una bella differenza tra giocare pensando di potersi aggiudicare un milione di euro o soltanto pochi spiccioli».
Il meccanismo dei “finti” premi. C’è poi la questione più spinosa: quella della spartizione del montepremi. «Nel caso de "Il tesoro del faraone", per esempio, su 84 milioni di biglietti da 10 euro – spiega Asteriti – i Monopoli mettono in palio circa 655 milioni di euro, divisi tra quasi 36 milioni di biglietti vincenti: 14 biglietti da 2 milioni, 70 da centomila euro, 112 da cinquantamila e così via a scendere fino alla sorpresa finale, ben 20.746.250 biglietti (il 58% di quelli vincenti) valgono 10 euro, cioè la cifra che si è giocata». Finti premi, insomma, visto che ripagano semplicemente dei soldi spesi, tanto che proprio l’avvocato Asteriti nel 2009 ha vinto una causa contro l’Aams perché nella lotteria "il Megamiliardario" oltre il 40% dei premi aveva un importo di 10 euro, cioè non corrispondeva a premi effettivi.
Ma il “nodo” del meccanismo è un altro ed è quello che inizia a preoccupare le strutture e gli sportelli di aiuto di mezza Italia: nell’80% e più dei casi i finti premi vengono rigiocati comprando un altro biglietto e innescando così il pericoloso meccanismo della ripetizione della giocata, strada sicura verso la patologia. Che anche nel caso degli “innocui” Gratta & vinci è più che mai in agguato, con la possibilità di perdite altissime, visto che per le lotterie più accattivanti (le “miliardarie”) una grattata costa 20 euro. E in una semplice tappa al bar, per un caffè, si arrivano a comprare anche 10 biglietti.
«Avvenire» del 30 giugno 2012
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