25 marzo 2014

Inquisizione, oltre gli equivoci

Storia
di Franco Cardini
Ormai, a parte le solite voci attardate e tendenziose, alla parola “inquisizione” non si reagisce più in modo scomposto. Studi recenti hanno fatto luce su un’istituzione dai molti aspetti ambigui e inquietanti, ma sulla quale si comincia a veder chiaro e a uscire dagli equivoci sia apologetici sia demonizzanti. Il che vale non tanto per l’Inquisizione medievale, per la quale il problema sono i pochi documenti, quanto per quella moderna, romana (gestita dalla Santa Sede) o spagnola (dipendente dalla corona iberica). Le ricerche di John Tedeschi e di Adriano Prosperi hanno impresso agli studi del settore una svolta.
Sull’Inquisizione romana, in stretto rapporto con il Concilio Tridentino, c’era già l’ampia ricerca di Chiara Quaranta su Marcello II Cervini (Il Mulino 2010). Il cardinal Cervini, collaboratore di papa Paolo III e figura di punta del Concilio di Trento, ascese al soglio pontificio nell’aprile del 1555 ma morì poco dopo; la Quaranta ha gettato nuova luce sulla sua figura. Ora il sicuro e lucido lavoro di Massimo Firpo ci fornisce uno strumento d’indagine adeguato a comprendere sul serio gli avvenimenti di quel cruciale triennio 1550-1553, immediatamente successivo al pontificato di Paolo III e segnato da quello di Giulio III (1550-1555).
L’indagine di Firpo è ancorata alla proposta di John O’Malley di eliminare le contrapposte e svianti espressioni “Controriforma” e “Riforma cattolica”. Firpo si pone all’interno della non esaurita polemica che ha visto protagonisti Hubert Jedin e Carlo Dionisotti e ha buone ragioni nel respingere le troppo comode vie d’uscita: come la proposta di un “cattolicesimo moderno” che si sarebbe affermato nel corso del XVI secolo.
Tra il 1520 e il 1580 Curia e Chiesa mutarono volto e la fondazione dell’Inquisizione romana fu centrale nella ridefinizione teologico-disciplinare, voluta dal Sant’Uffizio e culminata nei processi contro i valdesi e l’offensiva ai danni di Reginald Pole e di Giovanni Morone: il preludio alla sterzata del Concilio di Trento. Cervini e Carafa furono i registi di questa correzione di rotta, poi pontefici dopo Giulio III (Paolo IV Carafa fino al 1559).
Decisamente discontinuista, insomma, Firpo? Analizzando un breve periodo e incentrandosi sull’istituzione inquisitoria, ha buon gioco nell’affermare che furono appunto gli inquisitori a stabilizzare lo scisma tra cattolici e riformati: una soluzione tutt’altro che deterministicamente necessaria. La sconfitta di Pole e Morone significò la vittoria del Cervini e del Carafa anche contro le vere o supposte “simpatie luterane” dell’imperatore Carlo V e il “mondanismo” di Paolo III e Giulio III, che avevano sottovalutato le conseguenze del movimento riformatore.
Firpo non è per nulla circospetto nel denunziare lo “jedinismo” di O’Malley e dello stesso Paolo Prodi e nel dichiarare la sua esplicita avversione – rinforzando le tesi della Quaranta – nei confronti di qualunque edulcorazione della durezza della “rottura inquisitoriale” di una possibile pacificazione con iriformati, e dell’avvolgere la storia della Chiesa cinquecentesca nel rassicurante involucro del cattolicesimo moderno. A metà secolo, per l’Inquisizione romana si trattava di sbarrare il soglio pontificio ai fautori del compromesso. Ci riuscirono.
Questa bella ricerca storica non è solo la buona performance di uno studioso affermato o un esercizio erudito. Nel momento in cui torna attuale la ricerca di una rinnovata unità dei cristiani – il che significa riaprire il discorso sospeso dal 1563, chiusura del Concilio di Trento – questo libro è anche un sasso lanciato in uno stagno che peraltro non è mai stato immobile. D’altro canto, non c’è dubbio – e Firpo lo sottolinea – che la difesa inquisitoriale della gerarchia ecclesiale (la componente “controriformistica”) procedette di pari passo all’affermarsi di un giro di vite disciplinare e moralistico (la componente “cattoriformista”). Insomma, la compresenza “cattomoderna” delle due componenti, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra. Sarà interessante aspettare adesso la reazione dei “neojediniani”.

Massimo Firpo, La presa di potere dell’Inquisizione romana. 1550-1553,
Laterza. Pagine 288. Euro 22,00
«Avvenire» del 21 marzo 2014

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