I giovani multimediali
di Giacomo Gambassi
Il primo cellulare arriva a nove anni. Internet è una calamita di tempo e di incontri. La tv piace ma al piccolo schermo si riserva poco più di un’ora al giorno. E i videogiochi sono sempre più quelli online. I ragazzi italiani si tuffano nei media affascinati da quanto è sinonimo di 2.0 e insofferenti all’idea di essere spettatori in un mondo che è parte del loro Dna. Nativi digitali, li definiscono i sociologi. E loro sono i protagonisti del libro bianco sul rapporto fra media e minori che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è in procinto di pubblicare.
Un dossier che fotografa le abitudini delle giovani generazioni multimediali e che lancia un allarme: nella Penisola si deve fare i conti con un gap tecnologico e culturale che separa gli under diciotto dagli adulti, «figli di Gutenberg» e ancora distanti dalla mentalità hi-tech tipica di bambini e adolescenti. Sarà anche per questo vuoto che sei genitori su dieci imputano ai mezzi di comunicazione di contribuire al disorientamento giovanile e chiedono di «incrementare il bagaglio di indicazioni alle famiglie per responsabilizzarle a un uso consapevole dei media», si legge nello studio.
L’indagine ha visto la sua genesi nell’aprile 2009 quando l’Agcom ha approvato il progetto che un anno più tardi è stato affidato a un gruppo di lavoro composto da esperti dell’Authority e ricercatori del Censis. I risultati mostrano «gli aspetti positivi e quelli problematici» della relazione fra ragazzi e contenuti audiovisivi che, spiega l’Agcom, deve «contemperare la necessità di tutela dei minori con le potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico», ma che interroga anche su quali vie vadano percorse per coniugare «il diritto a una crescita equilibrata» con «la libertà d’espressione, la libertà di impresa e la garanzia della democrazia». Una sfida in cui gioca un ruolo centrale la media education, ossia la formazione a un impiego intelligente degli strumenti.
Secondo il libro bianco, il telefonino è il mezzo più vicino ai minori. Il 99% lo possiede. E negli ultimi anni si è abbassata l’età in cui il cellulare finisce nelle loro mani. La metà dei ragazzi intervistati lo utilizza per oltre un’ora al giorno. E «soprattutto per inviare sms», confidano i baby eredi di Meucci che, in gran parte, definiscono lo smartphone un dispositivo «utile per sviluppare amicizie». Dietro la scelta dei genitori di regalare un telefonino c’è anche l’esigenza di «sicurezza per comunicare con i figli in ogni momento». Però padri e madri ammettono di non conoscere come e quando i ragazzi utilizzano l’apparecchio e di non sapere in quale modo intervenire per impedire contatti pericolosi. «La sensazione – scrive l’Agcom – è che i genitori privilegino l’idea che la dotazione del cellulare possa consentire un maggior controllo dei figli, sottovalutando la complessità della tecnologia e come il consumo dei dispositivi wireless si possa incardinare rapidamente nelle diverse pratiche della vita quotidiana dei minori».
Il web è visto come un compagno d’avventura. E gli under diciotto «trainano l’online nelle famiglie italiane», sottolinea il dossier. Non è un caso che i nuclei familiari che hanno più dimestichezza con la tecnologia siano quelli con almeno un minore. Otto ragazzi su dieci con meno di 11 anni raccontano di collegarsi regolarmente a Internet, mentre si arriva al 98% fra gli adolescenti. I siti più visitati sono i motori di ricerca insieme con le pagine dedicate ad animali, giocattoli, viaggi e bellezza. L’attività preferita in Rete è il gioco online ma affidandosi a videogame individuali. La metà dei ragazzi ammette di utilizzare il web per le ricerche scolastiche, ma il principale richiamo è rappresentato dai social network. Lo dimostra un altro dato: il 93% degli adolescenti è iscritto a Facebook. E anche YouTube è ormai di casa: perché i filmati si guardano soprattutto sul pc.
Di fatto si sta realizzando una migrazione verso la tv via computer che allarga la sua attrattiva fra i nativi digitali. Certo, la televisione tradizionale continua a incidere su stili e comportamenti, ma i figli «consumano» meno tv dei genitori: si va dalle tre ore al giorno degli adulti ai sessanta minuti degli under diciotto. L’Agcom spiega che, almeno fino ai 13 anni, la maggioranza dei ragazzi guarda il piccolo schermo con i genitori, mentre due su dieci hanno a fianco i nonni. Non accade lo stesso fra gli adolescenti che amano i film (48%), lo sport (43% dei maschi) e i telefilm (32% delle femmine), mentre solo il 10% cita i reality. Fra i più piccoli il genere prediletto è il cartone animato (85%), mentre chi ha fra gli 11 e i 13 anni apprezza le serie tv. Fanalino di coda la radio. Un terzo dei ragazzi dice di non ascoltarla mai e chi si sintonizza su una stazione lo fa dal pc o dal telefonino. Come a dire: è la Rete l’habitat naturale delle giovani generazioni.
Un dossier che fotografa le abitudini delle giovani generazioni multimediali e che lancia un allarme: nella Penisola si deve fare i conti con un gap tecnologico e culturale che separa gli under diciotto dagli adulti, «figli di Gutenberg» e ancora distanti dalla mentalità hi-tech tipica di bambini e adolescenti. Sarà anche per questo vuoto che sei genitori su dieci imputano ai mezzi di comunicazione di contribuire al disorientamento giovanile e chiedono di «incrementare il bagaglio di indicazioni alle famiglie per responsabilizzarle a un uso consapevole dei media», si legge nello studio.
L’indagine ha visto la sua genesi nell’aprile 2009 quando l’Agcom ha approvato il progetto che un anno più tardi è stato affidato a un gruppo di lavoro composto da esperti dell’Authority e ricercatori del Censis. I risultati mostrano «gli aspetti positivi e quelli problematici» della relazione fra ragazzi e contenuti audiovisivi che, spiega l’Agcom, deve «contemperare la necessità di tutela dei minori con le potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico», ma che interroga anche su quali vie vadano percorse per coniugare «il diritto a una crescita equilibrata» con «la libertà d’espressione, la libertà di impresa e la garanzia della democrazia». Una sfida in cui gioca un ruolo centrale la media education, ossia la formazione a un impiego intelligente degli strumenti.
Secondo il libro bianco, il telefonino è il mezzo più vicino ai minori. Il 99% lo possiede. E negli ultimi anni si è abbassata l’età in cui il cellulare finisce nelle loro mani. La metà dei ragazzi intervistati lo utilizza per oltre un’ora al giorno. E «soprattutto per inviare sms», confidano i baby eredi di Meucci che, in gran parte, definiscono lo smartphone un dispositivo «utile per sviluppare amicizie». Dietro la scelta dei genitori di regalare un telefonino c’è anche l’esigenza di «sicurezza per comunicare con i figli in ogni momento». Però padri e madri ammettono di non conoscere come e quando i ragazzi utilizzano l’apparecchio e di non sapere in quale modo intervenire per impedire contatti pericolosi. «La sensazione – scrive l’Agcom – è che i genitori privilegino l’idea che la dotazione del cellulare possa consentire un maggior controllo dei figli, sottovalutando la complessità della tecnologia e come il consumo dei dispositivi wireless si possa incardinare rapidamente nelle diverse pratiche della vita quotidiana dei minori».
Il web è visto come un compagno d’avventura. E gli under diciotto «trainano l’online nelle famiglie italiane», sottolinea il dossier. Non è un caso che i nuclei familiari che hanno più dimestichezza con la tecnologia siano quelli con almeno un minore. Otto ragazzi su dieci con meno di 11 anni raccontano di collegarsi regolarmente a Internet, mentre si arriva al 98% fra gli adolescenti. I siti più visitati sono i motori di ricerca insieme con le pagine dedicate ad animali, giocattoli, viaggi e bellezza. L’attività preferita in Rete è il gioco online ma affidandosi a videogame individuali. La metà dei ragazzi ammette di utilizzare il web per le ricerche scolastiche, ma il principale richiamo è rappresentato dai social network. Lo dimostra un altro dato: il 93% degli adolescenti è iscritto a Facebook. E anche YouTube è ormai di casa: perché i filmati si guardano soprattutto sul pc.
Di fatto si sta realizzando una migrazione verso la tv via computer che allarga la sua attrattiva fra i nativi digitali. Certo, la televisione tradizionale continua a incidere su stili e comportamenti, ma i figli «consumano» meno tv dei genitori: si va dalle tre ore al giorno degli adulti ai sessanta minuti degli under diciotto. L’Agcom spiega che, almeno fino ai 13 anni, la maggioranza dei ragazzi guarda il piccolo schermo con i genitori, mentre due su dieci hanno a fianco i nonni. Non accade lo stesso fra gli adolescenti che amano i film (48%), lo sport (43% dei maschi) e i telefilm (32% delle femmine), mentre solo il 10% cita i reality. Fra i più piccoli il genere prediletto è il cartone animato (85%), mentre chi ha fra gli 11 e i 13 anni apprezza le serie tv. Fanalino di coda la radio. Un terzo dei ragazzi dice di non ascoltarla mai e chi si sintonizza su una stazione lo fa dal pc o dal telefonino. Come a dire: è la Rete l’habitat naturale delle giovani generazioni.
«Avvenire» del 24 agosto 2013
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