20 marzo 2012

Polibio e Panezio (Di Sacco - Serìo)

Tratto dal volume Il mondo latino, Bruno Mondadori, vol. 1, pp. 148-149
di Di Sacco e Serìo
Polibio e la superiorità politica di Roma
Il clima internazionale che si respira nell’Urbe del II secolo a.C., dove vivono ormai molti maestri ellenici, è incarnato da Polibio, uno dei maggiori storici della grecità. Polibio, che nella Lega Achea aveva ricoperto importanti incarichi politici, fu tra i mille ostaggi condotti nel 167 a. C. a Roma, dove visse a lungo, divenendo il maestro dei figli di Lucio Emilio Paolo. In particolare si legò in amicizia con uno di loro, Scipione l’Emiliano, attorno a cui si sarebbe raccolto il cosiddetto “circolo degli Scipioni”.
Nei 40 libri delle sue Storie, Polibio ricostruì le vicende della conquista romana del Mediterraneo, dalla seconda guerra punica al 144 a.C. A suo giudizio il segreto del successo di Roma consisteva nella superiorità del suo regime costituzionale: in esso si realizza intatti un inedito equilibrio fra le tre maggiori forme di governo (monarchia, aristocrazia, democrazia), corrispondenti ai poteri rispettivamente assegnati a consoli, senato e popolo; esse sono così salvaguardate dal rischio della degenerazione, che minava le altre costituzioni politiche.
L’opera di Polibio costituiva in sostanza una giustificazione storica e politica da una parte del primato dell’aristocrazia, espresso nel progetto di ‘costituzione mista’, dall’altra dell’imperialismo romano. Un ruolo preminente lo storico greco riconosceva anche alla religione romana, religione di stato, come fattore di coesione etico-sociale.

La cacciata dei filosofi greci
La diffusione delle idee e dei maestri greci a Roma e in Italia provocò l’avversione della fazione antiellena, capeggiata da Catone il Censore, che ottenne anche parziali successi. Pare che già nel 173 a. C. due filosofi epicurei, di nome Alceo e Filisco, fossero cacciati da Roma, con l’accusa di corrompere la gioventù (la stessa con cui a suo tempo Socrate era stato messo a morte, ad Atene). Con un senatoconsulto del 161 a. C. venne quindi proibito ai filosofi e ai retori greci di dimorare nell’Urbe.
Nel 155 a.C. giunse a Roma in missione politica una delegazione ateniese formata da tre filosofi, lo stoico Diogene di Seleucia, l’accademico (platonico) Carneade e il peripatetico (aristotelico) Critolao, che parlarono in senato. Poiché essi tenevano anche lezioni e conversazioni pubbliche propugnando tesi che suonavano spregiudicate e provocatorie alle orecchie dei tradizionalisti, vennero accusati di corrompere la gioventù romana e furono espulsi dalla città.

II progetto etico-politico di Panezio
Le resistenze della fazione antiellena venivano contrastate dalla fazione più avanzata dell’aristocrazia romana, incarnata dal “circolo degli Scipioni”. Per ragioni sia culturali sia politiche essa considerava l’apertura alla Grecia e all’Oriente un necessario strumento di governo e d’indirizzo per la politica romana.
Nel circolo scipionico la personalità filosofica di maggiore spicco fu quella di Panezio di Rodi, uno dei maggiori rappresentanti del cosiddetto ‘stoicismo medio’. Ospite a Roma degli Scipioni per circa un decennio, autore di un importante trattato Sul conveniente, che fornì un modello di comportamento all’aristocrazia dell’Urbe, Panezio svolse un’indispensabile opera di ‘sprovincializzazione’ della cultura romana. In particolare si adoperò per adattare la dottrina stoica all’orizzonte intellettuale e sociale dei suoi interlocutori romani; perciò approfondì le tematiche etiche, delineando una nuova idea di “umanità” (humanitas), come binomio di cultura e moralità, che rappresenta la maggiore conquista della civiltà romana di quest’epoca. “Umanità” intesa come patrimonio comune di ogni individuo capace d’intendere e di volere, diremmo oggi, e desideroso di entrare in relazione attiva con la società circostante.
Nel progetto di Panezio si ricompongono e quasi si dissolvono la distinzione libero/schiavo e le dìfferenze di razza e di estrazione geografica - è il cosmopolitismo tipico della civiltà ellenistica -, senza che peraltro risulti minacciato il privilegio politico di Roma nel mondo mediterraneo e quello dell’aristocrazia nell’Urbe: infatti il filosofo salvaguarda il senso della piramide sociale, pienamente rispondente alla mentalità romana, che ripartiva le classi e gli individui secondo una precisa scala di diritti e doveri. Anzi, Panezio formulò una teoria che giustificava il dominio romano sopra gli altri popoli, all’opposto, dunque, della requisitoria di Carneade sulla giustizia.
Nella teoria delineata dal filosofo stoico, «balena […] la prospettiva di una missione civilizzatrice di carattere universale, l’utopia filosofica degli stoici sembra acquistare concretezza e possibilità di attuazione. Le profonde idealità etiche bandite dalla più scaltrita filosofia ellenistica si congiungono al senso tutto romano e italico di virtus, elaborando una nuova dimensione umana e sociale, caratterizzata da una humanitas di cui Roma, per secoli, sarà messaggera» (A. Salvatore).
In particolare, la dottrina paneziana della megalopsykhìa (in latino magnitudo animi - “grandezza, eccellenza dell’animo”) costituiva la giustificazione teoretica della preminenza della personalità d’eccezione, dell’uomo “sapiente”, nel campo civile e politico. “Il sapiente” si faceva chiamare Scipione l’Emiliano, amico di Polibio e discepolo di Panezio. La filosofia greca si declinava così con naturalezza da un orizzonte puramente intellettuale e speculativo a uno più pratico, etico-politico, secondo la peculiare sensibilità romana, e si piegava a giustificare il ruolo preminente che nell’Urbe acquistavano i singoli individui come guida dello state e, parallelamente, la funzione di guida di tutti i popoli che Roma si era procurata con il suo impero mediterraneo.

GLOSSARIO
Polibio.
Storico greco. Nacque a Megalopoli, in Arcadia, attorno al 202 a.C.; morì nel 120 ca. Rivestì in gioventù cariche minori nella Lega delle città achee; dopo la sconfitta di Pidna (168 a. C.) fu incluso tra i mille ostaggi che la Lega dovette consegnare ai Romani. Ottenne di poter risiedere a Roma e qui visse a contatto con l’entourage degli Scipioni. Poté compiere viaggi in Spagna, in Gallia, in Africa; fu con Scipione l’Emiliano a Cartagine nel 146 a.C. Nelle sue Storie, in 40 libri, Polibio dà corpo a una storiografia “pragmatica” e politica, che ricerca, con l’appoggio delle fonti e in un disegno razionalistico di ampio respiro, le cause degli avvenimenti svoltisi tra il 220 e il 144 a. C. Dell’opera sopravvivono integri i primi cinque libri; ci rimangono inoltre estratti dei libri I-XVIII.

Panezio. Filosofo greco, vissuto all’incirca tra il 185 e il 109 a.C. Fu il principale introduttore dello stoicismo (nella versione eclettica che va sotto il nome di “media Stoa”) a Roma, dove giunse intorno al 145 a.C. e dove visse per qualche tempo in relazione d’amicizia con Gaio Lelio e con lo storico greco Polibio. Il suo trattatato Sul conveniente costituì la fonte primaria del De officiis di Cicerone. Scrisse altre opere filosofiche sulla Tranquillità dell’anima, la Politica, la Provvidenza ecc.; dei suoi scritti ci rimangono però solo frammenti. Tornato ad Atene, nel 129 a. C., successe ad Antipatro come scolarca della Stoa.

Cosmopolitismo. È la tendenza a considerare se stesso come ‘cittadino del mondo’ (dal greco kòsmos, “mondo”, e polites “cittadino”) e gli altri uomini come cittadini di un’unica patria. Furono i filosofi cinici a negare esplicitamente ogni rilievo alle divisioni tra gli stati o le razze: essi giudicavano ogni ordinamento politico come un ostacolo alla libertà dell’individuo, che per loro era il criterio assoluto da salvaguardare. In seguito il cristianesimo predicò la fratellanza universale, senza però giungere all’auspicio di abbattere le frontiere statali. L’illuminismo settecentesco affermò un’idea di cosmopolitismo fondato sul comune possesso della ragione e che vagheggiava un nuovo ordine mondiale, capace di garantire la libertà e il progresso dell’umanità.
Postato il 20 marzo 2012

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