di Luca Serianni
Un po’ di storia. Nel Medioevo l’italiano, come altre lingue romanze, disponeva di un sistema bipartito, imperniato sull’asse tu/voi. Nella Commedia Dante si rivolge di norma col tu ai personaggi con cui scambia battute di dialogo, riservando il voi a interlocutori particolarmente autorevoli (“Siete voi qui, ser Brunetto?”). Il lei si è diffuso nelle cancellerie e nelle corti del Rinascimento ed è stato rafforzato, in séguito, dal modello spagnolo. Per alcuni secoli – diciamo dal Cinquecento al pieno Novecento – la nostra lingua disponeva dunque di un sistema tripartito: tu/voi/lei. Potremmo affermare, schematizzando un po’, che l’italiano letterario dei secoli scorsi era avviato a condividere la situazione dell’inglese attuale: il pronome allocutivo non marcato era voi (come you), lei e tu si adoperavano rispettivamente come variante altamente formale e altamente informale, ma tu poteva rappresentare un allocutivo non connotato socialmente, e quindi usato in riferimento a Dio o a un ente astratto personificato (come l’ingl. thou; “Tu – dice il Manzoni, rivolgendosi alla Fede nel Cinque maggio – dalle stanche ceneri / sperdi ogni ria parola”)."Il signor Guido Iazzetta (Milano) chiede informazioni sull’uso del pronome allocutivo voi invece di lei: il voi è andato in disuso con la caduta del Fascismo o mantiene tuttora qualche vitalità? Se si scrivesse un romanzo ambientato nel Sette o nell’Ottocento sarebbe più opportuno usare il voi o il lei?
Ma le differenze non sono soltanto queste. Oggi la distribuzione degli allocutivi è rigida dal punto di vista sociale: 1) ci si dà del tu o del lei reciprocamente, senza tener conto (per fortuna!) di eventuali differenze di condizione o di cultura; 2) se si decide di comune accordo di variare il sistema allocutivo la variazione può consistere solo nel passaggio dal lei al tu; 3) un rapporto dissimmetrico è ammesso solo tra un adulto e un ragazzo (un quindicenne darà del lei a un adulto sconosciuto, ma si sentirebbe a disagio se questi lo ricambiasse con un altro lei e non col tu; anche in questo caso la variazione potrà consistere solo nell’estensione bidirezionale del tu). Per il passato bisogna tener conto soprattutto di due fatti: 1) erano forti gli squilibri dipendenti dalle diverse posizioni sociali degl’interlocutori (padrone-servitore, ecc.) e il fattore età poteva condizionare persino il rapporto genitori-figli (ancora nella borghesia ottocentesca un figlio poteva dare del lei al padre e alla madre, ricevendone ovviamente il tu): 2) nelle relazioni tra pari l’uso degli allocutivi era meno stabile di quanto sia oggi, e si poteva passare dal tu al lei o al voi – e viceversa – senza particolari implicazioni affettive (qualche esempio in epistolari ottocenteschi nei miei Saggi di storia linguistica italiana, Napoli, Morano, 1989, pp. 20-23).
Passando ora agli specifici quesiti posti dal signor Iazzetta, si può affermare che: 1) la disposizione fascista in favore del voi ebbe scarsa efficacia, non solo perché fu varata solo nel 1938 ed ebbe poco tempo per affermarsi, ma anche perché il lei era assai diffuso e più o meno adoperato o compreso in tutt’Italia, mentre il voi era concentrato nel Mezzogiorno, ciò che ne comprometteva le possibilità d’affermazione nazionale; 2) oggi l’uso del voi non è certo scomparso, ma è sempre più limitato sia regionalmente (Italia meridionale), sia come registro (familiare), sia generazionalmente (è in forte declino presso i giovani); 3) in un romanzo ambientato nei secoli scorsi, bisognerebbe certamente rappresentare tutti e tre i pronomi allocutivi, prendendo esempio dal Manzoni, che nei Promessi Sposi – ambientati come tutti sanno in Lombardia tra il 1628 e il 1630 – riproduce con estrema cura, tra gli altri, anche questo aspetto d’epoca."
Fonte: L'Accademia della Crusca
Postato il 4 settembre 2011
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