I dietrofront di Pd e Idv sull'acqua e del governo sul nucleare
di Pierluigi Battista
Ci vorrebbe spiegare l'ex liberalizzatore Bersani se è giusto cambiare così radicalmente idea sulla gestione dell'acqua solo per galvanizzarsi con il brivido della spallata referendaria al Nemico? Circola per YouTube un video imbarazzante in cui il segretario del Pd, il 18 settembre del 2008, sferzava con sarcasmo i catastrofisti che fantasticavano di un'inesistente «privatizzazione dell'acqua» per bloccare ogni ipotesi di efficiente distribuzione idrica ora sprecata e dispersa dai carrozzoni clientelari malgestiti nel nome della sacralità del «pubblico». Ecco cosa diceva Bersani: «Come faccio a fare in modo che si perda meno acqua, che si depuri bene, che si facciano investimenti in modo sensato? Devo chiamare uno che è capace di fare quel mestiere lì». E ancora: «Cerchiamo di distinguere. Stiamo dicendo che vendiamo l'acqua a qualcuno? Nooo! Stiamo dicendo che diamo via le infrastrutture? Nooo! Stiamo dicendo che facciamo una partnership industriale per rafforzare la nostra capacità di gestione». Stiamo dicendo che Bersani non può repentinamente cambiare idea? Nooo! Stiamo dicendo che Bersani non ha cambiato idea, ma è costretto a deformarla e rinnegarla per mostrare i muscoli nella guerra santa contro Berlusconi. Non è il solo ad aver contratto questa pessima abitudine italiana. Ma la sua giravolta getta nello sconforto chi aveva creduto nelle convinzioni riformiste e liberalizzatrici del leader del Pd. «Si è rimangiato la linea che aveva per inseguire posizioni movimentiste. La legge che si vuole abrogare è quella che avevamo voluto quando eravamo al governo» ha detto Francesco Rutelli a Elisa Calessi di Libero. Ma qui tutti rimangiano tutto. Per non perdere le elezioni amministrative ed evitare il referendum, il governo, come è certificato da un fuorionda del ministro dell'ambiente, Prestigiacomo, si è rimangiato tutte le promesse di colossali investimenti sul nucleare. Giusto o sbagliato che sia: non l'ha fatto per convinzione, ma solo per opportunità. Anche Fini si è rimangiato il lodevole impegno a fare di Fli una forza di destra moderna e innovatrice, rinunciando a ogni autonomia culturale e accodandosi alle «posizioni movimentiste» del Sì all'abrogazione di leggi votate dagli stessi finiani, pur di creare qualche problema in più all'ex alleato. È che nel primitivo bipolarismo italiano il merito delle questioni non conta più. Conta solo schierarsi in una guerra dove è tutto smisurato ed esagerato e dove sembra che in un normale referendum si debba votare se dare da bere agli assetati oppure no, come dice evangelicamente Di Pietro. Lo stesso Di Pietro che nel '96, da ministro dei Lavori pubblici, sollecitava imperiosamente una riforma che disciplinasse «le modalità di affidamento dei servizi idrici», a cominciare «dalla trasformazione dell'Acquedotto pugliese da ente pubblico a Spa aperta ai privati». Nooo! Sì.
«Corriere della Sera» del 6 giugno 2011
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