di Pierluigi Battista
Se il giudice avesse detto: non costituisce diffamazione dare su Twitter del «pallone gonfiato», per di più «irrispettoso della vita delle persone e degli animali» e persino dell’«idiota» a due personaggi pubblici come Fedez e Chiara Ferragni, allora non ci sarebbe notizia. Invece ha aggiunto che nel caos della Rete ogni giudizio o pregiudizio è equiparato a una miriade di giudizi e pregiudizi che, postati e frullati in un affastellamento di messaggi senza autorevolezza e senza rigore, non sono sottoposti allo stesso regime di rigore che si pretende siano applicati in strumenti comunicativi meno confusionari, a cominciare dai giornali. Il che da una parte è vero, perché i social network nel loro insieme formano un’insalata indigeribile di ingredienti improbabili in cui ciascuno si sente il diritto di sparare sentenze a vanvera. Dall’altro è pericoloso dedurne che un territorio senza rigore e coerenza possa proprio per questo diventare anche senza legge. Al di là dei singoli casi, in cui può esserci o meno diffamazione e questo lo può legittimamente decidere un giudice, il rischio è la motivazione che nella Rete non ci sia nulla da fare e perciò da sanzionare. Il rischio che senza il rispetto di una qualsiasi norma, chiunque può dire qualunque cosa godendo di un diritto di immunità che non esiste in un altro settore della comunicazione. Un territorio in cui l’unica legge diventa la legge del più forte, di chi urla di più, di chi ha più seguaci che fanno coro attorno a un’affermazione che non può essere più giudicata con gli strumenti del diritto, che saranno pure inadeguati e obsoleti ma almeno possono porre un freno all’arbitrio più sregolato. E dato che l’invasività della Rete è destinata a intensificarsi, regalare l’impressione dell’assoluta sregolatezza potrò diventare persino un incentivo. Tanto, a quali conseguenze si può andare incontro?
«Corriere della sera» del 23 ottobre 2019
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