di Alessandro Longo
La pirateria non è un'anomalia di sistema, un cancro da estirpare: è diventata una prassi consolidata, seguita dalla maggior parte degli utenti internet, e rischia di essere persino funzionale allo sviluppo della creatività e dell'industria cinematografica. Emerge questa realtà - che contrasta le tesi dagli alfieri del copyright - se mettiamo assieme una serie di studi fatti negli ultimi anni da diversi istituti di ricerca, università e dalla Commissione europea.
Cominciamo da quest'ultima: un suo studio di quest'anno (http://bookshop. europa. eu/it/a-profile-of-current-and-future-audiovisual-audience-pbNC0414085) rivela che il 68 per cento degli utenti europei vede film gratis su internet (streaming o download). Non solo: il 50 per cento di loro dice di non pagare i film perché non può permetterselo per tutti quelli che intende vedere. Questa affermazione suggerisce che i film visti gratis non sono davvero una perdita di introiti per l'industria, visto che quelle persone non potrebbero mai pagarli (semmai, rinuncerebbero a vederli se non potessero farlo gratis). Ne deriva anche che la disponibilità di film gratis aiuta a diffondere la cultura cinematografica tra i ceti meno abbienti, che non avrebbero alternative alla pirateria. Sempre secondo lo studio europeo, infatti, la maggioranza degli utenti che vede gratis i film ha un reddito inferiore ai mille euro al mese e sono tipicamente giovani e con un alto livello di istruzione. E' l'identikit di una generazione che nonostante la laurea è sotto occupata e può soddisfare i propri interessi culturali anche (o solo) grazie alla pirateria.
Ci sono poi studi secondo cui la pirateria fa da volano alla visione legale dei film (al cinema e in dvd), a mo' di veicolo pubblicitario non convenzionale. Il primo che va in questa direzione è stato di Gfk, commissionato dall'industria cinematografica tedesca per certificare la crescita delle vendite nelle sale dopo la chiusura del portale pirata Kino.to. Studio mai pubblicato ufficialmente perché aveva scoperto una verità opposta; ma è finito comunque su internet per vie traverse e quindi ormai è di dominio pubblico (http://www. repubblica. it/tecnologia/2011/07/29/news/pirateria_cinema-19494246/). In seguito, uno studio dell'università del Minnesota ha aggiunto che non è possibile provare un rapporto causa-effetto tra pirateria e calo degli incassi cinematografici (http://papers. ssrn. com/sol3/papers. cfm?abstract_id=1986299).
Più di recente, una ricerca congiunta tra la ISM (International School of Management Campus München) e l'università di Copenhagen ha analizzato l'effetto della chiusura di Megaupload (celeberrimo sito pirata) e ha trovato evidenze interessanti. Ha rilevato l'aumento del business solo per i maggiori film blockbuster e nessun vantaggio per la maggioranza dei film. Per quelli di nicchia, non commerciali, ha scoperto che anzi l'impatto è stato negativo, perché secondo i ricercatori la pirateria fa in questo caso da cassa di risonanza per le opere di qualità poco pubblicizzate, "diffondendo l'informazione dai consumatori che hanno poco interesse a pagare a quelli che invece ne hanno molto", si legge nella ricerca. Inoltre, sempre nell'ottica del rapporto tra pirateria e diffusione della cultura, uno studio dell'Authority inglese Ofcom (http://stakeholders. ofcom. org. uk/market-data-research/other/research-publications/user-generated-content/) dice che una normativa copyright troppo rigida soffoca le nuove forme di creatività su internet, che spesso usano e reinventano opere protette da diritto d'autore.
Forse anche tra l'industria cinematografica sta cominciando ad attecchire l'idea- fino a ieri eretica- che la pirateria non sia una pratica del tutto avulsa dal normale business: nell'apprendere che il suo Il Trono di Spade è stato la serie tv più piratata dell'anno, il Ceo di Time Warner Jeff Bewkes, gran guru della televisione americana, l'ha definita "un'ottima notizia", "meglio che vincere un Emmy", arrivando ad aggiungere che la pirateria ha fatto da "passa parola"; ha concordato con lui il registra della serie, David Petrarca.
Qualcuno che potrebbe avere buoni motivi per attaccare la pirateria è anche Netflix, la principale piattaforma online di film (legali) al mondo. La pirateria gioca infatti sullo stesso terreno di Netflix (internet), ma è gratis e quindi potrebbe essere il peggiore avversario sleale che si possa immaginare per una piattaforma legale. Ebbene, il chief technology officer di Netflix Jon Nicolini ha detto che la pirateria è la minaccia numero uno per il business; ma invece di invocare leggi draconiane ha suggerito che per combatterla bisogna sforzarsi di migliorare l'offerta legale di film. "Il modo migliore di combattere la pirateria non è sul piano legale o giudiziario, ma dando buone opzioni legali, ai consumatori". Ragguardevole posizione da parte di una piattaforma che è nota per la sua ampia offerta di film e serie tv, ben più generosa di quella disponibile su analoghi servizi in Italia. Dove, per altro, Netflix ha appena dichiarato che arriverà solo nel prossimo anno, più tardi rispetto ad altri Paesi europei, in primo luogo perché da noi sono poco diffuse le connessioni internet veloci. Siamo il Paese con la peggiore copertura in fibra ottica e le connessioni più lente (in media, tra gli utenti), secondo la Commissione europea.
Insomma, tutti questi elementi suggeriscono un rapporto complesso e non scontato tra il cinema e la pirateria. E che le soluzioni possono essere trovate in azioni diverse dalla guerra ai pirati. "Fa fede l'esempio del mercato musicale, dove grazie alla maturità dell'offerta legale e dello streaming, la pirateria si è ridotta a una nicchia. E dove il mercato è tornato a crescere, dopo dieci anni di crisi, anche in Italia, come riportano i dati di Fimi", dice Fulvio Sarzana, avvocato esperto di diritto d'autore e storico promotore di campagne contro la normativa copyright dell'Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), poi in effetti approvata e in vigore dal 31 marzo (http://www. repubblica. it/tecnologia/2013/12/12/news/regolamento_copyright_scheda-73437061/). "Di conseguenza si può prevedere che anche per il cinema la pirateria diverrà sempre più un fenomeno di nicchia. E questo, senza adottare sistemi maldestri e invasivi come quelli della delibera Agcom", conclude Sarzana.
Cominciamo da quest'ultima: un suo studio di quest'anno (http://bookshop. europa. eu/it/a-profile-of-current-and-future-audiovisual-audience-pbNC0414085) rivela che il 68 per cento degli utenti europei vede film gratis su internet (streaming o download). Non solo: il 50 per cento di loro dice di non pagare i film perché non può permetterselo per tutti quelli che intende vedere. Questa affermazione suggerisce che i film visti gratis non sono davvero una perdita di introiti per l'industria, visto che quelle persone non potrebbero mai pagarli (semmai, rinuncerebbero a vederli se non potessero farlo gratis). Ne deriva anche che la disponibilità di film gratis aiuta a diffondere la cultura cinematografica tra i ceti meno abbienti, che non avrebbero alternative alla pirateria. Sempre secondo lo studio europeo, infatti, la maggioranza degli utenti che vede gratis i film ha un reddito inferiore ai mille euro al mese e sono tipicamente giovani e con un alto livello di istruzione. E' l'identikit di una generazione che nonostante la laurea è sotto occupata e può soddisfare i propri interessi culturali anche (o solo) grazie alla pirateria.
Ci sono poi studi secondo cui la pirateria fa da volano alla visione legale dei film (al cinema e in dvd), a mo' di veicolo pubblicitario non convenzionale. Il primo che va in questa direzione è stato di Gfk, commissionato dall'industria cinematografica tedesca per certificare la crescita delle vendite nelle sale dopo la chiusura del portale pirata Kino.to. Studio mai pubblicato ufficialmente perché aveva scoperto una verità opposta; ma è finito comunque su internet per vie traverse e quindi ormai è di dominio pubblico (http://www. repubblica. it/tecnologia/2011/07/29/news/pirateria_cinema-19494246/). In seguito, uno studio dell'università del Minnesota ha aggiunto che non è possibile provare un rapporto causa-effetto tra pirateria e calo degli incassi cinematografici (http://papers. ssrn. com/sol3/papers. cfm?abstract_id=1986299).
Più di recente, una ricerca congiunta tra la ISM (International School of Management Campus München) e l'università di Copenhagen ha analizzato l'effetto della chiusura di Megaupload (celeberrimo sito pirata) e ha trovato evidenze interessanti. Ha rilevato l'aumento del business solo per i maggiori film blockbuster e nessun vantaggio per la maggioranza dei film. Per quelli di nicchia, non commerciali, ha scoperto che anzi l'impatto è stato negativo, perché secondo i ricercatori la pirateria fa in questo caso da cassa di risonanza per le opere di qualità poco pubblicizzate, "diffondendo l'informazione dai consumatori che hanno poco interesse a pagare a quelli che invece ne hanno molto", si legge nella ricerca. Inoltre, sempre nell'ottica del rapporto tra pirateria e diffusione della cultura, uno studio dell'Authority inglese Ofcom (http://stakeholders. ofcom. org. uk/market-data-research/other/research-publications/user-generated-content/) dice che una normativa copyright troppo rigida soffoca le nuove forme di creatività su internet, che spesso usano e reinventano opere protette da diritto d'autore.
Forse anche tra l'industria cinematografica sta cominciando ad attecchire l'idea- fino a ieri eretica- che la pirateria non sia una pratica del tutto avulsa dal normale business: nell'apprendere che il suo Il Trono di Spade è stato la serie tv più piratata dell'anno, il Ceo di Time Warner Jeff Bewkes, gran guru della televisione americana, l'ha definita "un'ottima notizia", "meglio che vincere un Emmy", arrivando ad aggiungere che la pirateria ha fatto da "passa parola"; ha concordato con lui il registra della serie, David Petrarca.
Qualcuno che potrebbe avere buoni motivi per attaccare la pirateria è anche Netflix, la principale piattaforma online di film (legali) al mondo. La pirateria gioca infatti sullo stesso terreno di Netflix (internet), ma è gratis e quindi potrebbe essere il peggiore avversario sleale che si possa immaginare per una piattaforma legale. Ebbene, il chief technology officer di Netflix Jon Nicolini ha detto che la pirateria è la minaccia numero uno per il business; ma invece di invocare leggi draconiane ha suggerito che per combatterla bisogna sforzarsi di migliorare l'offerta legale di film. "Il modo migliore di combattere la pirateria non è sul piano legale o giudiziario, ma dando buone opzioni legali, ai consumatori". Ragguardevole posizione da parte di una piattaforma che è nota per la sua ampia offerta di film e serie tv, ben più generosa di quella disponibile su analoghi servizi in Italia. Dove, per altro, Netflix ha appena dichiarato che arriverà solo nel prossimo anno, più tardi rispetto ad altri Paesi europei, in primo luogo perché da noi sono poco diffuse le connessioni internet veloci. Siamo il Paese con la peggiore copertura in fibra ottica e le connessioni più lente (in media, tra gli utenti), secondo la Commissione europea.
Insomma, tutti questi elementi suggeriscono un rapporto complesso e non scontato tra il cinema e la pirateria. E che le soluzioni possono essere trovate in azioni diverse dalla guerra ai pirati. "Fa fede l'esempio del mercato musicale, dove grazie alla maturità dell'offerta legale e dello streaming, la pirateria si è ridotta a una nicchia. E dove il mercato è tornato a crescere, dopo dieci anni di crisi, anche in Italia, come riportano i dati di Fimi", dice Fulvio Sarzana, avvocato esperto di diritto d'autore e storico promotore di campagne contro la normativa copyright dell'Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), poi in effetti approvata e in vigore dal 31 marzo (http://www. repubblica. it/tecnologia/2013/12/12/news/regolamento_copyright_scheda-73437061/). "Di conseguenza si può prevedere che anche per il cinema la pirateria diverrà sempre più un fenomeno di nicchia. E questo, senza adottare sistemi maldestri e invasivi come quelli della delibera Agcom", conclude Sarzana.
«la Repubblica» del 18 agosto 2014
Nessun commento:
Posta un commento