di Dario Antiseri
Ci sono ragazzi che, al termine della Scuola Media Superiore, non sanno scrivere neppure una lettera. E non sono pochi i laureandi per i quali la stesura della tesi rappresenta un ostacolo a volte insuperabile. E ciò non perché questi giovani non siano intelligenti o non conoscano i problemi e gli argomenti su cui scrivere, ma semplicemente perché non sanno più scrivere. E non sanno più scrivere perché disabituati a produrre testi argomentativi. La messa in secondo ordine o addirittura il sostanziale abbandono nelle nostre scuole del tema argomentativo è stato ed è l’equivalente di un furto formativo.
È fondamentale comprendere che fare un tema significa risolvere un problema. È questa una premessa da cui discendono conseguenze come queste: 1) il tema a sorpresa va eliminato perché comunque diseducativo; 2) il tema in classe va mantenuto; 3) va mantenuto, ma deve venir adeguatamente preparato; 4) la composizione è uno dei momenti più formativi della scuola; 5) può coinvolgere più insegnanti in un serio e basilare lavoro interdisciplinare sia nel momento della preparazione che nel momento della “valutazione”; 6) il tema libero ha la sua rilevanza.
Dunque: il tema a sorpresa va eliminato. E su questo argomento non è il caso di spendere troppe parole. A che serve un tema a sorpresa? Serve ad accentuare il distacco tra insegnante e alunni, stimola una poco precisata creatività, spinge gli alunni alla retorica («dove mancano i concetti – diceva Goethe – lì vengono fuori le parole») e li manda alla ricerca di quei libri dal titolo “Temi svolti”. Il tema a sorpresa è inutile, non serve cioè alla formazione dell’alunno; anzi è diseducativo. Provoca il disgusto della scuola. Ma tutto ciò non implica l’abolizione del tema. L’abolizione del tema è un tradimento che si perpetra nei confronti dell’alunno, rubandogli uno strumento essenziale di crescita. E rubandoglielo facendogli credere che questo è per lui un bene. L’abolizione del tema è un inganno di più.
Il tema va mantenuto. Argomentare su di un “tema” è una delle cose che ci fa umani. Si ha civiltà perché alla guerra delle spade abbiamo saputo via via sostituire la guerra delle parole. E mentre il linguaggio espressivo e quello segnaletico sono comuni agli animali e agli uomini, il linguaggio descrittivo e quello argomentativo sono sostanzialmente ed essenzialmente tipici dell’uomo. La vita è continua soluzione di problemi. Argomentare pro o contro una tesi, discutere un argomento, sviscerarlo, tentarne una soluzione, dimostrare l’infondatezza di altre tesi (proprie e altrui) è compito che ci si ripresenta senza sosta. Ecco perché occorre allenare i giovani a fare il tema: significa attrezzarli non solo di contenuti ma soprattutto di una metodologia adeguata a risolvere problemi. Significa scaltrirli e al medesimo tempo renderli consapevoli di quell’oceano di ignoranza dinanzi al quale siamo tutti uguali (perché essa è infinita). Significa renderli spiritualmente più autonomi e non passivi davanti all’autorità dell’esperto; vuol dire renderli più capaci di vagliarne l’eventuale autorevolezza.
Quindi il tema va mantenuto. Non va dato a sorpresa. E va preparato. Ma va preparato adeguatamente. E per una preparazione adeguata del tema non basta annunciarne il titolo in anticipo. Fare male una cosa, porta acqua o a chi questa cosa vuol abolire o a chi propone di farla peggio. In breve: sostenere che la preparazione del tema si riduce al solo annunciarne il titolo in anticipo non fa altro che portar acqua al mulino di quanti irresponsabilmente sostengono o che occorre abolire il tema ovvero che bisogna ancora darlo a sorpresa.
Il tema non va abolito; il tema non va dato a sorpresa; il tema va preparato; ma adeguatamente preparato perché fare un tema significa risolvere un problema. E per risolvere un problema occorre essere adeguatamente attrezzati. E questi attrezzi occorre costruirli e imparare ad usarli.
Dunque: svolgere un tema equivale a difendere una tesi; ad argomentare per una tesi contro altre tesi e proposte. E di problemi è pieno il mondo. Talché la scelta dei problemi da trattare in una scolaresca (come altrove) sarà sempre guidata da determinati valori e non si potrà mai evitare un atto di convenzionalità, diciamo di arbitrarietà. Tuttavia, un criterio per la scelta dei temi da trattare può essere quello di far responsabilmente e umanamente inciampare i ragazzi in problemi rilevanti, rilevanti per la loro formazione umana. E rilevanti in due sensi: nel senso che si scelgono temi la cui discussione e articolazione costituiscano delle buone «grammatiche» di lettura del mondo in cui si vive e della tradizione di cui si è eredi. Rilevanti quindi dalla prospettiva del contenuto (non evasivi, non retorici).Ma rilevanti anche dal punto di vista del metodo, in quanto impostati (bibliograficamente, storicamente, teoricamente) con tutte le cautele e quel corredo di regole procedurali utilizzabili nella soluzione di altri problemi. [...]
Quindi: se fare un tema significa risolvere un problema, questo problema va allora impostato, va cioè situato storicamente. E va articolato teoricamente: si debbono enucleare le idee o teorie avanzate come tentativi di soluzione del problema, e si dovranno analizzare le prove di queste ipotesi, vagliarne la forza probante; si Il tema va scrupolosamente e sistematicamente preparato dovrà cercare materiale (magari appositamente occultato) che confuta o conferma la nostra o l’altrui tesi. In breve: si dovranno enucleare e mettere alla prova le teorie proposte per risolvere il problema che si è deciso di affrontare. Questo è quel che si intende quando si parla di articolazione teorica di un problema. [...]
Quindi: come si prepara un tema? Si prepara con una prima discussione in classe, con ricerche di informazioni su Internet e, per lo meno, con lettura, magari in gruppo, di qualche saggio presente nella biblioteca d’Istituto; la preparazione prosegue con una discussione allargata a quegli insegnanti che, per professione o comunque per competenza, sono ad esso interessati. E quando sia le tesi storiche che le differenti interpretazioni teoriche con i loro tipi di prove sono abbastanza ben delineate, allora si stabilisce il giorno del compito in classe. Ed è qui che l’alunno mostrerà le sue capacità sia per quanto riguarda la sua abilità di organizzazione mentale, sia per la sua forza argomentativa nel vaglio del peso delle diverse prove, sia per la sua abilità di critico nei confronti delle tesi che non condivide. Insomma: le discussioni e le letture precedenti avranno fornito al ragazzo quel materiale attorno al quale egli potrà esercitare le sue doti costruttive di consistenti argomentazioni da una parte e critiche dall’altra.
È fondamentale comprendere che fare un tema significa risolvere un problema. È questa una premessa da cui discendono conseguenze come queste: 1) il tema a sorpresa va eliminato perché comunque diseducativo; 2) il tema in classe va mantenuto; 3) va mantenuto, ma deve venir adeguatamente preparato; 4) la composizione è uno dei momenti più formativi della scuola; 5) può coinvolgere più insegnanti in un serio e basilare lavoro interdisciplinare sia nel momento della preparazione che nel momento della “valutazione”; 6) il tema libero ha la sua rilevanza.
Dunque: il tema a sorpresa va eliminato. E su questo argomento non è il caso di spendere troppe parole. A che serve un tema a sorpresa? Serve ad accentuare il distacco tra insegnante e alunni, stimola una poco precisata creatività, spinge gli alunni alla retorica («dove mancano i concetti – diceva Goethe – lì vengono fuori le parole») e li manda alla ricerca di quei libri dal titolo “Temi svolti”. Il tema a sorpresa è inutile, non serve cioè alla formazione dell’alunno; anzi è diseducativo. Provoca il disgusto della scuola. Ma tutto ciò non implica l’abolizione del tema. L’abolizione del tema è un tradimento che si perpetra nei confronti dell’alunno, rubandogli uno strumento essenziale di crescita. E rubandoglielo facendogli credere che questo è per lui un bene. L’abolizione del tema è un inganno di più.
Il tema va mantenuto. Argomentare su di un “tema” è una delle cose che ci fa umani. Si ha civiltà perché alla guerra delle spade abbiamo saputo via via sostituire la guerra delle parole. E mentre il linguaggio espressivo e quello segnaletico sono comuni agli animali e agli uomini, il linguaggio descrittivo e quello argomentativo sono sostanzialmente ed essenzialmente tipici dell’uomo. La vita è continua soluzione di problemi. Argomentare pro o contro una tesi, discutere un argomento, sviscerarlo, tentarne una soluzione, dimostrare l’infondatezza di altre tesi (proprie e altrui) è compito che ci si ripresenta senza sosta. Ecco perché occorre allenare i giovani a fare il tema: significa attrezzarli non solo di contenuti ma soprattutto di una metodologia adeguata a risolvere problemi. Significa scaltrirli e al medesimo tempo renderli consapevoli di quell’oceano di ignoranza dinanzi al quale siamo tutti uguali (perché essa è infinita). Significa renderli spiritualmente più autonomi e non passivi davanti all’autorità dell’esperto; vuol dire renderli più capaci di vagliarne l’eventuale autorevolezza.
Quindi il tema va mantenuto. Non va dato a sorpresa. E va preparato. Ma va preparato adeguatamente. E per una preparazione adeguata del tema non basta annunciarne il titolo in anticipo. Fare male una cosa, porta acqua o a chi questa cosa vuol abolire o a chi propone di farla peggio. In breve: sostenere che la preparazione del tema si riduce al solo annunciarne il titolo in anticipo non fa altro che portar acqua al mulino di quanti irresponsabilmente sostengono o che occorre abolire il tema ovvero che bisogna ancora darlo a sorpresa.
Il tema non va abolito; il tema non va dato a sorpresa; il tema va preparato; ma adeguatamente preparato perché fare un tema significa risolvere un problema. E per risolvere un problema occorre essere adeguatamente attrezzati. E questi attrezzi occorre costruirli e imparare ad usarli.
Dunque: svolgere un tema equivale a difendere una tesi; ad argomentare per una tesi contro altre tesi e proposte. E di problemi è pieno il mondo. Talché la scelta dei problemi da trattare in una scolaresca (come altrove) sarà sempre guidata da determinati valori e non si potrà mai evitare un atto di convenzionalità, diciamo di arbitrarietà. Tuttavia, un criterio per la scelta dei temi da trattare può essere quello di far responsabilmente e umanamente inciampare i ragazzi in problemi rilevanti, rilevanti per la loro formazione umana. E rilevanti in due sensi: nel senso che si scelgono temi la cui discussione e articolazione costituiscano delle buone «grammatiche» di lettura del mondo in cui si vive e della tradizione di cui si è eredi. Rilevanti quindi dalla prospettiva del contenuto (non evasivi, non retorici).Ma rilevanti anche dal punto di vista del metodo, in quanto impostati (bibliograficamente, storicamente, teoricamente) con tutte le cautele e quel corredo di regole procedurali utilizzabili nella soluzione di altri problemi. [...]
Quindi: se fare un tema significa risolvere un problema, questo problema va allora impostato, va cioè situato storicamente. E va articolato teoricamente: si debbono enucleare le idee o teorie avanzate come tentativi di soluzione del problema, e si dovranno analizzare le prove di queste ipotesi, vagliarne la forza probante; si Il tema va scrupolosamente e sistematicamente preparato dovrà cercare materiale (magari appositamente occultato) che confuta o conferma la nostra o l’altrui tesi. In breve: si dovranno enucleare e mettere alla prova le teorie proposte per risolvere il problema che si è deciso di affrontare. Questo è quel che si intende quando si parla di articolazione teorica di un problema. [...]
Quindi: come si prepara un tema? Si prepara con una prima discussione in classe, con ricerche di informazioni su Internet e, per lo meno, con lettura, magari in gruppo, di qualche saggio presente nella biblioteca d’Istituto; la preparazione prosegue con una discussione allargata a quegli insegnanti che, per professione o comunque per competenza, sono ad esso interessati. E quando sia le tesi storiche che le differenti interpretazioni teoriche con i loro tipi di prove sono abbastanza ben delineate, allora si stabilisce il giorno del compito in classe. Ed è qui che l’alunno mostrerà le sue capacità sia per quanto riguarda la sua abilità di organizzazione mentale, sia per la sua forza argomentativa nel vaglio del peso delle diverse prove, sia per la sua abilità di critico nei confronti delle tesi che non condivide. Insomma: le discussioni e le letture precedenti avranno fornito al ragazzo quel materiale attorno al quale egli potrà esercitare le sue doti costruttive di consistenti argomentazioni da una parte e critiche dall’altra.
«Avvenire» del 18 aprile 2013
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