Tecnologie
di Silvia Guzzetti
Lavoriamo troppo e siamo drogati da posta elettronica e telefonini, con gravi conseguenze per la nostra salute e il benessere della vita famigliare. Parola di Tom Jackson, uno dei più importanti esperti internazionali di flusso delle informazioni, che consiglia – proprio lui – di staccare il computer e spegnere il telefonino. Basta andare ad una delle sue lezioni, nella facoltà di Economia dell’università di Loughborough, dove dirige il centro di Information and knowledge management ovvero «Gestione delle informazioni», per capire quanto sono pericolosi troppi suoni, bip e messaggi che arrivano tutti insieme.
La condizione nella quale viviamo, normalmente, oggi. «Se un eccesso di informazioni – ovvero overload of information, materia nella quale mi sono specializzato – si verifica in un ufficio, capita un disastro che si può tenere sotto controllo. Se si tratta di una cabina di pilotaggio di un elicottero le cose vanno ben diversamente: si accende una spia e si sente uno strano rumore; il pilota è assalito da mille pensieri. 'Che cos’è il problema?', 'Non riesco a capire che cosa sta succedendo?', 'Devo consultare il manuale di guida oppure no?','Che cosa succederà alla mia famiglia?' ». Proprio la situazione che il professor Jackson simula ogni volta, dentro l’aula universitaria, proiettando sul grande schermo la cabina di un elicottero e facendo volare elicotterini telecomandati oltre il proiettore, sulle teste degli studenti, verso un at- terraggio sicuro. «È il modo in cui il pilota fa i conti con questo uragano di informazioni a determinare se l’operazione andrà in porto. La stessa cosa capita a me durante la lezione.
A volte ce la faccio a tenere i nervi saldi e atterrare senza problemi. Altre volte c’è lo schianto e, per gli studenti, questa è la dimostrazione più efficace di quanto sia importante il mio corso», continua Jackson. Studiare con lui aiuta i futuri manager del Regno Unito a riconoscere il tanto famigerato stress, esplorando il primo modello matematico che ha definito, con precisione, che cosa sia un eccesso di informazioni. Ne fanno parte fattori personali come la sensazione di non farcela e altri, più oggettivi, come il volume di notizie, la loro qua-lità, la novità del compito che ci è stato affidato e quanto tempo abbiamo a disposizione per svolgerlo. Se, per esempio, l’incarico è difficile e il tempo che abbiamo breve, ci stressiamo e rischiamo di fallire. Se questa difficile condizione dura per lunghi periodi di tempo la salute ne risente. La pressione sale, si rischiano malattie di cuore, problemi mentali e diabete. Il professor Jackson lavora con impiegati di società importanti e del governo britannico e studia come gli individui fanno i conti con un sovraccarico di informazioni in ufficio. Usando il suo modello riesce a determinare qual è il livello di stress in una certa organizzazione e come ci si può fare i conti.
«Abbiamo appena finito di lavorare con un’importante agenzia governativa e abbiamo calcolato il livello di stress di 30 impiegati e manager in un periodo di 3 mesi misurando, 6 volte al giorno, i livelli di cortisolo e la pressione del sangue – spiega il professore –. Abbiamo scoperto che le e-mail provocano i livelli di stress più alti perchè la gente ne è dipendente e non riesce a ignorarle. Di solito, in ufficio, si risponde a una mail entro 6 secondi ma ci vogliono 64 secondi per riprendersi dall’interruzione e tornare al proprio lavoro, perché il cervello deve svuotarsi del nuovo compito portato dal messaggio e riprendere il vecchio. Spesso un impiegato riceve fino a 96 emails in una giornata di lavoro e ha soltanto 3 minuti di pausa tra un messaggio e l’altro». Una situazione che viene aggravata dal fatto che il nostro cervello può fare i conti soltanto con un minimo di 11 e un massimo di 15 compiti nello stesso momento prima di diventare sovraccarico, affaticato e non più produttivo.
Ogni nuova mail rappresenta un altro incarico e, se non lo completiamo, il cervello la memorizza come un lavoro che deve svolgere. Per questo è importante raccogliere le mails e guardarle soltanto ogni 40 minuti. «Purtroppo abbiamo verificato che non servono a molto programmi di training per far capire agli impiegati che sono vittime di una 'dipendenza da mail' perché, dopo qualche settimana, tornano al vecchio comportamento – continua Jackson –. È molto più efficace inserire una finestrella nella barra di comandi del computer. Schiacciandola l’impiegato scoprirà se ha rispettato i tempi giusti per guardare una e-mail o se si è fatto ricatturare dall’abitudine nociva di aprirle in continuazione ». Secondo Jackson può capitare oggi di essere riuniti in famiglia e ciascuno guarda il telefonino o il tablet anzichè parlare con gli altri: «L’individualismo digitale rischia di distruggere le comunità locali. Nel mondo vengono inviati 198.000 tweets ogni minuto, però non conosciamo più i nostri vicini, quelli che una volta tenevano d’occhio i nostri figli e ci avvertivano se facevano qualcosa che non andava bene».
La condizione nella quale viviamo, normalmente, oggi. «Se un eccesso di informazioni – ovvero overload of information, materia nella quale mi sono specializzato – si verifica in un ufficio, capita un disastro che si può tenere sotto controllo. Se si tratta di una cabina di pilotaggio di un elicottero le cose vanno ben diversamente: si accende una spia e si sente uno strano rumore; il pilota è assalito da mille pensieri. 'Che cos’è il problema?', 'Non riesco a capire che cosa sta succedendo?', 'Devo consultare il manuale di guida oppure no?','Che cosa succederà alla mia famiglia?' ». Proprio la situazione che il professor Jackson simula ogni volta, dentro l’aula universitaria, proiettando sul grande schermo la cabina di un elicottero e facendo volare elicotterini telecomandati oltre il proiettore, sulle teste degli studenti, verso un at- terraggio sicuro. «È il modo in cui il pilota fa i conti con questo uragano di informazioni a determinare se l’operazione andrà in porto. La stessa cosa capita a me durante la lezione.
A volte ce la faccio a tenere i nervi saldi e atterrare senza problemi. Altre volte c’è lo schianto e, per gli studenti, questa è la dimostrazione più efficace di quanto sia importante il mio corso», continua Jackson. Studiare con lui aiuta i futuri manager del Regno Unito a riconoscere il tanto famigerato stress, esplorando il primo modello matematico che ha definito, con precisione, che cosa sia un eccesso di informazioni. Ne fanno parte fattori personali come la sensazione di non farcela e altri, più oggettivi, come il volume di notizie, la loro qua-lità, la novità del compito che ci è stato affidato e quanto tempo abbiamo a disposizione per svolgerlo. Se, per esempio, l’incarico è difficile e il tempo che abbiamo breve, ci stressiamo e rischiamo di fallire. Se questa difficile condizione dura per lunghi periodi di tempo la salute ne risente. La pressione sale, si rischiano malattie di cuore, problemi mentali e diabete. Il professor Jackson lavora con impiegati di società importanti e del governo britannico e studia come gli individui fanno i conti con un sovraccarico di informazioni in ufficio. Usando il suo modello riesce a determinare qual è il livello di stress in una certa organizzazione e come ci si può fare i conti.
«Abbiamo appena finito di lavorare con un’importante agenzia governativa e abbiamo calcolato il livello di stress di 30 impiegati e manager in un periodo di 3 mesi misurando, 6 volte al giorno, i livelli di cortisolo e la pressione del sangue – spiega il professore –. Abbiamo scoperto che le e-mail provocano i livelli di stress più alti perchè la gente ne è dipendente e non riesce a ignorarle. Di solito, in ufficio, si risponde a una mail entro 6 secondi ma ci vogliono 64 secondi per riprendersi dall’interruzione e tornare al proprio lavoro, perché il cervello deve svuotarsi del nuovo compito portato dal messaggio e riprendere il vecchio. Spesso un impiegato riceve fino a 96 emails in una giornata di lavoro e ha soltanto 3 minuti di pausa tra un messaggio e l’altro». Una situazione che viene aggravata dal fatto che il nostro cervello può fare i conti soltanto con un minimo di 11 e un massimo di 15 compiti nello stesso momento prima di diventare sovraccarico, affaticato e non più produttivo.
Ogni nuova mail rappresenta un altro incarico e, se non lo completiamo, il cervello la memorizza come un lavoro che deve svolgere. Per questo è importante raccogliere le mails e guardarle soltanto ogni 40 minuti. «Purtroppo abbiamo verificato che non servono a molto programmi di training per far capire agli impiegati che sono vittime di una 'dipendenza da mail' perché, dopo qualche settimana, tornano al vecchio comportamento – continua Jackson –. È molto più efficace inserire una finestrella nella barra di comandi del computer. Schiacciandola l’impiegato scoprirà se ha rispettato i tempi giusti per guardare una e-mail o se si è fatto ricatturare dall’abitudine nociva di aprirle in continuazione ». Secondo Jackson può capitare oggi di essere riuniti in famiglia e ciascuno guarda il telefonino o il tablet anzichè parlare con gli altri: «L’individualismo digitale rischia di distruggere le comunità locali. Nel mondo vengono inviati 198.000 tweets ogni minuto, però non conosciamo più i nostri vicini, quelli che una volta tenevano d’occhio i nostri figli e ci avvertivano se facevano qualcosa che non andava bene».
«Avvenire» del 25 marzo 2014
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