Articoli su "Roma fascista" e firme contro Calabresi. Militanza nella Rsi e imbarazzi. Quel che la sinistra non dice
di Luigi Mascheroni
L'intervista è la regina e insieme la puttana del giornalismo: se l'azzecchi esce il capolavoro, se sbagli domande è il disastro.
L'intervista di Daria Bignardi al grillino Alessandro Di Battista, in cui si insisteva sul passato fascista del padre (di lui), è stata un capolavoro o un fallimento? E l'intervista virtuale di Rocco Casalino a Daria Bignardi, in cui si insisteva sulla condanna come mandante di omicidio del suocero (di lei), è una caduta di stile o una mossa mediatica?
A proposito di intervista virtuale. Ecco un campionario di domande tabù ad uso di giornalisti coraggiosi che vogliano sfidare i mammasantissima del circo mediatico. Domande indicibili, per gli intoccabili. Ci sarà qualcuno capace di mettere in imbarazzo i soliti belli, buoni e santi? Perché a far le domande scomode ai berlusconiani brutti e cattivi sono capaci tutti. E quindi è arrivato il momento della prima intervista barbarica, in coppia!, a due Grandi Vecchi della cultura italiana, due padri della Patria, due difensori dei valori democratici di una Repubblica nata sul sangue della Resistenza e sul sacrificio di un'intera generazione di giovani che seppero gridare alto il loro NO al fascismo, Signore e signori, Eugenio Scalfari e Dario Fo... Applausi. Prego, accomodatevi. Che onore avervi qui, anzi Onore al Duce. Bene, iniziamo da Lei, Scalfari. Ci racconti un po'... Com'era lavorare per Roma Fascista? E collaborare con una rivista squadrista come Nuovo Occidente? Ci dica, secondo Lei, che è un grande liberale, in quegli anni c'era più o meno libertà rispetto al ventennio berlusconiano? No, dài, non si schermisca: è Lei, insieme agli intellettuali di riferimento di Repubblica come Asor Rosa, Eco e Camilleri, a sostenere che il berlusconismo sia peggio del fascismo... Allora? E Lei, Fo, mi dica: l'essersi arruolato volontario nella Rsi, paracadutista nel Battaglione Azzurro di Tradate, è per Lei motivo di orgoglio o di vergogna? La sua militanza a Salò venne fuori solo negli anni '70: perché Lei non ne parlò mai? La mette in imbarazzo? No... vero? Ci dica... Ha mai sparato a un partigiano?
A proposito di antifascisti. E lei, Barbara Spinelli, che dalla Stampa troppo poco antiberlusconiana nel 2010 ha deciso di tornare a Repubblica, un foglio dove davvero un giornalista può trovare tutta la libertà necessaria al proprio pensiero e alla propria scrittura, ci dica: com'è lavorare con un direttore come Scalfari, che mentre suo padre Altiero era al confino a Ventotenne, dirigeva Roma fascista? Avete mai parlato di queste cose?
No, dico questo perché è una notizia di ieri che le colpe dei padri ricadano sui figli... E il rapporto padre-figlio, come quello di suocero e nuora, è molto delicato. Signore e signori, è arrivato il momento di Mario Calabresi. Applausi. Bene, si accomodi. Allora, Lei oggi dirige la Stampa, ma per anni è stato caporedattore centrale a Repubblica: cosa si prova a passare tutti i giorni i pezzi di uno condannato come mandante dell'omicidio di suo padre? Ci faccia capire bene: sono cose importanti, alla gente che ci ascolta da casa interessano, eccome. Lo so, toccare il tasto Calabresi è scomodo, ma le domande tabù vanno fatte. Lei, Paolo Mieli, e lei Eco, e Lei Oliviero Toscani: nel '71, insieme con tanti altri intellettuali, firmaste la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Calabresi, ammazzato da Lotta Continua. Deprecabile, vero? Parliamone: lo rifareste oggi?
A proposito di appelli. E Lei Vauro? Assieme ai Wu Ming e molti altri, ha firmato il manifesto che difende un terrorista, assassino e latitante come Cesare Battisti. Ci racconta come è andata? Ha mai incontrato i famigliari delle persone ammazzate da Battisti? Li ha abbracciati? Ha portato loro dei romanzi di Battisti? A proposito, nell'elenco dei firmatari, all'inizio, c'era anche Lei, Signore e signori..., Roberto Saviano. Poi si tirò indietro. Ce ne parla? E ci parla del suo processo per plagio? Alcune parti di Gomorra sono state copiate da articoli di altri giornalisti, senza citazione - No Corrado Augias, non sto parlando con Lei, dei suoi libri bruciati e copiati parliamo nella prossima intervista - Mi scusi, Saviano, dicevo: allora, cos'è successo? La Mondadori è molto sensibile su questa cosa del plagio... Anche adesso che Lei è passato a Feltrinelli? Saviano, a proposito, ma è vero che Lei da piccolo frequentava a Napoli le palestre dove boxavano i ragazzi del Fronte della Gioventù? È solo una voce, giusto? O è la solita macchina del fango? No, lo dico perché sa com'è: ormai quando uno tira fuori il passato fascista di qualcuno - fosse anche il padre di un grillino - tutti gridano alla macchina del fango ...
L'intervista di Daria Bignardi al grillino Alessandro Di Battista, in cui si insisteva sul passato fascista del padre (di lui), è stata un capolavoro o un fallimento? E l'intervista virtuale di Rocco Casalino a Daria Bignardi, in cui si insisteva sulla condanna come mandante di omicidio del suocero (di lei), è una caduta di stile o una mossa mediatica?
A proposito di intervista virtuale. Ecco un campionario di domande tabù ad uso di giornalisti coraggiosi che vogliano sfidare i mammasantissima del circo mediatico. Domande indicibili, per gli intoccabili. Ci sarà qualcuno capace di mettere in imbarazzo i soliti belli, buoni e santi? Perché a far le domande scomode ai berlusconiani brutti e cattivi sono capaci tutti. E quindi è arrivato il momento della prima intervista barbarica, in coppia!, a due Grandi Vecchi della cultura italiana, due padri della Patria, due difensori dei valori democratici di una Repubblica nata sul sangue della Resistenza e sul sacrificio di un'intera generazione di giovani che seppero gridare alto il loro NO al fascismo, Signore e signori, Eugenio Scalfari e Dario Fo... Applausi. Prego, accomodatevi. Che onore avervi qui, anzi Onore al Duce. Bene, iniziamo da Lei, Scalfari. Ci racconti un po'... Com'era lavorare per Roma Fascista? E collaborare con una rivista squadrista come Nuovo Occidente? Ci dica, secondo Lei, che è un grande liberale, in quegli anni c'era più o meno libertà rispetto al ventennio berlusconiano? No, dài, non si schermisca: è Lei, insieme agli intellettuali di riferimento di Repubblica come Asor Rosa, Eco e Camilleri, a sostenere che il berlusconismo sia peggio del fascismo... Allora? E Lei, Fo, mi dica: l'essersi arruolato volontario nella Rsi, paracadutista nel Battaglione Azzurro di Tradate, è per Lei motivo di orgoglio o di vergogna? La sua militanza a Salò venne fuori solo negli anni '70: perché Lei non ne parlò mai? La mette in imbarazzo? No... vero? Ci dica... Ha mai sparato a un partigiano?
A proposito di antifascisti. E lei, Barbara Spinelli, che dalla Stampa troppo poco antiberlusconiana nel 2010 ha deciso di tornare a Repubblica, un foglio dove davvero un giornalista può trovare tutta la libertà necessaria al proprio pensiero e alla propria scrittura, ci dica: com'è lavorare con un direttore come Scalfari, che mentre suo padre Altiero era al confino a Ventotenne, dirigeva Roma fascista? Avete mai parlato di queste cose?
No, dico questo perché è una notizia di ieri che le colpe dei padri ricadano sui figli... E il rapporto padre-figlio, come quello di suocero e nuora, è molto delicato. Signore e signori, è arrivato il momento di Mario Calabresi. Applausi. Bene, si accomodi. Allora, Lei oggi dirige la Stampa, ma per anni è stato caporedattore centrale a Repubblica: cosa si prova a passare tutti i giorni i pezzi di uno condannato come mandante dell'omicidio di suo padre? Ci faccia capire bene: sono cose importanti, alla gente che ci ascolta da casa interessano, eccome. Lo so, toccare il tasto Calabresi è scomodo, ma le domande tabù vanno fatte. Lei, Paolo Mieli, e lei Eco, e Lei Oliviero Toscani: nel '71, insieme con tanti altri intellettuali, firmaste la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Calabresi, ammazzato da Lotta Continua. Deprecabile, vero? Parliamone: lo rifareste oggi?
A proposito di appelli. E Lei Vauro? Assieme ai Wu Ming e molti altri, ha firmato il manifesto che difende un terrorista, assassino e latitante come Cesare Battisti. Ci racconta come è andata? Ha mai incontrato i famigliari delle persone ammazzate da Battisti? Li ha abbracciati? Ha portato loro dei romanzi di Battisti? A proposito, nell'elenco dei firmatari, all'inizio, c'era anche Lei, Signore e signori..., Roberto Saviano. Poi si tirò indietro. Ce ne parla? E ci parla del suo processo per plagio? Alcune parti di Gomorra sono state copiate da articoli di altri giornalisti, senza citazione - No Corrado Augias, non sto parlando con Lei, dei suoi libri bruciati e copiati parliamo nella prossima intervista - Mi scusi, Saviano, dicevo: allora, cos'è successo? La Mondadori è molto sensibile su questa cosa del plagio... Anche adesso che Lei è passato a Feltrinelli? Saviano, a proposito, ma è vero che Lei da piccolo frequentava a Napoli le palestre dove boxavano i ragazzi del Fronte della Gioventù? È solo una voce, giusto? O è la solita macchina del fango? No, lo dico perché sa com'è: ormai quando uno tira fuori il passato fascista di qualcuno - fosse anche il padre di un grillino - tutti gridano alla macchina del fango ...
«Il Giornale» del 5 febbraio 2014
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