30 agosto 2018

La scelta di Marco Borriello a Ibiza (e il coraggio di scalare marcia)

Dalla A al calcio minore, la svolta di Borriello e di quelli che fanno «downshifting», rinunciano per guadagnare «in vita». L’esperto: «È un gesto coraggioso, sfida le aspettative»
di Elvira Serra
Quando martedì si è diffusa la notizia che Marco Borriello aveva firmato il contratto con l’Union Deportiva Ibiza, la ripescata della Segunda División B (che corrisponde alla serie C italiana) qualcuno su Twitter ha aggiornato la classifica personale di chi avrebbe voluto essere, mettendo l’attaccante napoletano al primo posto. Tutta invidia maschile per le fortune sentimentali dell’ex calciatore di Milan-Juve-Roma-Cagliari (è ormai nella storia dell’antidoping la difesa dell’allora fidanzata Belen Rodriguez dopo che lui risultò positivo ai test; gli smemorati cerchino su Google). Ma in quelli che commentavano il nuovo ingaggio forse c’era anche un pizzico di ammirazione per un uomo che ha avuto il coraggio di fare downshifting, di scalare la marcia, rinunciando a qualcosa per guadagnarne un’altra.

Gli altri che hanno «scalato»
Borriello, in fondo, avrebbe potuto giocare un altro anno in A e segnare così i quattro gol che gli mancavano per raggiungere quota 100. Invece, a sorpresa, ha scelto la sfida spagnola: vincere il campionato, magari portare l’Ibiza in Liga, e scrivere la sua pagina di storia con gli infradito. Forse lo raggiungerà Antonio Cassano. E così sarebbero in due. Non soli, nella decisione di arretrare per vincere, non per forza una coppa. Molto più in piccolo, il fumettista Matteo Bussola a 35 anni decise di lasciare il lavoro di architetto per guadagnare sicuramente meno, ma passare più tempo in casa con le figlie: dalla sua nuova vita è nato un fortunato libro con Einaudi, Notti in bianco, baci a colazione, tradotto in Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti. E il manager Simone Perotti, che dieci anni fa ha mollato il posto di manager per girare il mondo in barca, oggi 52enne nella sua bio online scrive: «Per vivere faccio qualunque cosa solo quando ho bisogno di soldi, cioè raramente perché vivo con poco. Ho pitturato case, preparato aperitivi, fatto la guida per turisti americani, fatto conferenze. Vendo le mie sculture e i miei “pesci” di ardesia e legno antico».

Il coraggio della lentezza
Daniele Trevisani, specializzato in formazione aziendale, coaching e counseling, non teme di scatenare ilarità dicendo che la decisione di Borriello è «spirituale». Anzi, la difende proprio perché si svolge a Ibiza. «Lì il calciatore può praticare una vita con abitudini quotidiane molto più allentate rispetto a quelle che avrebbe avuto in una squadra russa o cinese o araba. Soprattutto, Borriello ha scelto un life script, un copione di vita, che non è stato scritto da nessuno». Questo per Trevisani, autore di Psicologia della libertà, è un gesto molto coraggioso. Lui di norma ha a che fare con dirigenti e imprenditori che non riescono a uscire dalle modalità on o off: «Alternano il lavoro massacrante a periodi di isolamento totale, senza mai trovare un equilibrio».

Bisogno diffuso di nuovi valori
Fabio Introini, che è ricercatore di sociologia alla Cattolica di Milano, osserva una necessità diffusa di ridisegnare le priorità. «Per quelli come Borriello è più facile dire rallento, ma in generale i valori dominanti del tardo capitalismo hanno un po’ stancato: la nuova idea di benessere passa per la riscoperta della dimensione sociale. Ne sono prova le social street, le comunità di cittadini che abitano nella stessa strada e che hanno come principale obiettivo l’inclusione, la socialità e la gratuità». Avanguardie che sono la spia di un cambiamento che è già un orizzonte reale per le nuove generazioni. Perché, analizza Introini, «sono quelle che hanno risentito di più della crisi, e hanno il desiderio di riscoprire valori diversi, post individualisti. Sono naturalmente più rilassati di noi».9 agosto 2018
«Corriere della sera» del 29 agosto 2018

Bambini, ecco come insegnargli l'amore per la lettura

Si può iniziare fin da piccoli, ma con l'esempio dei genitori. Perché leggere deve trasformarsi in un piacere
di Sara Pero
Da Il piccolo principe a Il gabbiano Jonathan Livingston, passando per Topolino. Oppure libri di avventure, come Robinson Crusoe, o di fantascienza e fantasy. Ognuno ha avuto infanzia il suo preferito. Di certo la passione per la lettura è qualcosa che si consolida nel tempo, ma già da molto piccoli si può iniziare a sperimentare il mondo di carta. Per chi sta già pensando a come insegnare ai propri figli ad amare la lettura, qui non troverà alcun vademecum su come fare, ma dei consigli (utili) per invogliare i bambini a leggere, grazie a Alberto Pellai, psicoterapeuta dell'età evolutiva, che di libri per l'infanzia ne ha scritti parecchi - tra gli ultimi la collana di filastrocche illustrate per bambini Piccole grandi sfide, realizzato a quattro mani con Barbara Tamborini - che conosce bene il mondo dei più piccoli.
Si può iniziare a familiarizzare con i libri molto presto: "Il libro rappresenta uno stimolo importante per i bambini già verso i 6-9 mesi, un'età durante la quale si può iniziare a sfogliarlo e a manipolarlo. È bene che ogni bambino abbia una libreria personale già nei primi anni dell'infanzia, dalla quale può scegliere e pescare un libro che lo attira, proprio come si fa con il cestone dei giocattoli. Ovviamente - spiega Pellai - si può iniziare a far appassionare il proprio piccolo con dei libri-gioco, cioè quelli che attraverso suoni o odori, magari, stimolano la multisensorialità. O anche dedicando del tempo alla lettura a voce alta".

I PRIMI PASSI NELLA LETTURA
Quando il bimbo inizia a interagire un po' di più si può passare a dei libri che ritraggono le loro sfide evolutive, ad esempio "quelli che narrano la storia di bambini che non vogliono dormire, che non vogliono andare all'asilo. Che fanno quindi da specchio a situazioni che possono accadere nella loro realtà quotidiana, non con finalità didattiche - dice l'esperto - ma piuttosto di sostegno alla loro crescita. Per poi arrivare a quelli che contengono delle attività da fare insieme ai genitori, magari con canzoni, ricette, lavoretti".

NON "SOFFOCARE" I GUSTI
L’importante è tenere a mente che la lettura rientra nella sfera emotiva, più che cognitiva: "Leggendo un libro - aggiunge Pellai - il bambino scatena la sua fantasia e inizia a manifestare i propri interessi, ad esempio per un genere specifico o per un tema in particolare". Preferenze che i genitori non dovrebbero soffocare: "Se ad esempio nostro figlio legge solo fumetti, più che farglielo pesare - riflette lo psicoterapeuta - potremmo invogliarlo a leggere un libro al mese che tratti di altro e che soprattutto sia caratterizzato da una modalità di lettura differente. Tornando all'esempio dei fumetti, potremmo cercare di inserire saltuariamente la lettura di un libro di narrativa".

L'AMORE PER I LIBRI SI TRASMETTE CON L'ESEMPIO
Ogni libro ci offre la possibilità di sperimentare qualcosa di nuovo: con un libro di fantasia "entriamo" in luoghi inarrivabili, con uno di storia o di scienze soddisfiamo delle curiosità. Poi ci sono quelli che ci regalano delle sensazioni, quelli che ci fanno riflettere. Più che spiegare a un bambino perché è importante leggere - che ovviamente va bene - bisognerebbe dare l'esempio. E ritagliare del tempo, non solo per la lettura, ma anche per la scelta del libro.

"Ai bambini piace tantissimo essere accompagnati in biblioteca per esplorare il mondo dei libri. Quello che si potrebbe fare è riservare un budget a settimana o al mese, a seconda delle disponibilità, da far spendere al bambino in libreria. Oltre ai genitori, anche la scuola può rappresentare un forte promotore della lettura, con spazi dedicati alla lettura ad alta voce per esempio. L'importante, e forse in questi tempi rappresenta la sfida più grande, è ridurre l’iperstimolazione tecnologica, quella dei giochi su tablet, computer e così via perché, essendo caratterizzata da una gratificazione più immediata, può prendere il sopravvento sulla lettura di un bel libro, che viaggia su tempi di gratificazione più lenti, più lunghi".
«La Repubblica» dell’8 agosto 2018