di di Alessandra Mangiarotti
Antonio Brighenti ha 49 anni e due figli adolescenti: «La raccomandazione che faccio loro più di frequente quando escono di casa? Casco in testa e se fate tardi telefonate». Scusi, e quanto a Internet? «Beh, cosa devo raccomandare? Di non starci troppo, forse».
La strada virtuale fa meno paura di quella reale. Almeno ai genitori italiani. Illusi, analfabeti digitali o solo meno apprensivi rispetto agli altri europei? Otto su dieci (e qualcosa di più, l’82% rispetto a una media comunitaria di circa il 70%) lo hanno dichiarato ai ricercatori del progetto Eu Kids Online (leggete qui la sintesi della ricerca): «È altamente improbabile che mio figlio possa imbattersi in una situazione spiacevole su Internet».
L’indagine, finanziata dall’Unione europea e coordinata dalla London School of Economics and Political Science, ha fotografato il rapporto con Internet di oltre 25 mila ragazzi (e loro genitori) di 25 Paesi Ue. Abitudini e rischi presentati ieri per il Safer Internet Day: dalla pornografia al bullismo, dal sexting (l’invio di messaggi a sfondo sessuale) agli incontri con persone conosciute online. Sei ragazzi italiani su dieci, tra i 9 e i 16 anni, navigano tutti i giorni in Internet o quasi. Per fare i compiti (85%), giocare (83), guardare video (76) o «parlare» con gli amici (62): il 57% ha un profilo su un social network. E navigare è spesso un’esperienza privata: il 62% (media Ue del 49) lo fa nella propria camera.
Giovanna Mascheroni, referente italiana del progetto Eu Kids Online e ricercatrice dell’Università Cattolica, spiega: «Il 63% dei genitori si autopromuove sostenendo di suggerire ai ragazzi come comportarsi su Internet, parlando di quello che può turbarli (56%) o li ha turbati (26%)». Il 70% ha fiducia nelle capacità di autodifesa dei propri ragazzi anche se il 39% di loro ignora però ogni consiglio. «Ma quello che più ci allontana dal resto d’Europa è proprio la convinzione che su Internet non possa capitare nulla di male. Non solo: molti genitori sovrastimano i rischi legati alla pornografia e ne ignorano altri come il bullismo online (sconosciuto all’81%), giudicato esperienza molto dolorosa dai due terzi dei ragazzi».
Il direttore generale di Save the Children Italia, Valerio Neri, pone l’accento sulla scarsa alfabetizzazione dei genitori e sui numeri degli adescamenti online: «Se solo sapessero… Dalla ricerca Eu Kids Online emerge che il 4% dei nostri ragazzi (9% la media Ue) incontra persone conosciute online. I nostri dati Ipsos parlano di un 14%: anche se solo la verità sta nel mezzo, sono tantissimi. I genitori devono parlare di più ma anche il governo deve inserire nell’agenda digitale percorsi di tutela».
Negli Usa sono stati inseriti filtri antiporno nelle scuole e biblioteche. Nel Regno Unito David Cameron ha proposto un filtraggio preventivo, quando si sottoscrive dell’abbonamento ad Internet. «In Italia sistemi di controllo parentale esistono da anni ma non c’è una grande cultura in questo senso, soprattutto per i social network», afferma Antonio Apruzzese, direttore della polizia postale.
«Anche perché in Italia bisogna fare attenzione a non ridurre l’accesso a Internet — aggiunge Giovanna Mascheroni —: i nostri ragazzi hanno meno competenze rispetto ai coetanei europei: solo i giovani turchi sono meno alfabetizzati». Contro l’«incompetenza» anche dei genitori punta il dito Gianni Nicolì, pedagogista e responsabile scuola e università dell’Age (Associazione italiana genitori): «Vent’anni fa abbiamo iniziato con i primi corsi per genitori e figli, poi abbiamo stretto accordi con le aziende per ottenere dei filtri dinamici per la navigazione differenziata: per conoscere i rischi i genitori devono conoscere Internet».
Aggiunge lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet: «I genitori sono convinti che i loro ragazzi sanno fare meglio di loro sulla Rete ma la loro tranquillità nasce anche dal modello educativo che punta tutto sulla socializzazione precoce: hanno bisogno di credere che i loro figli sanno cavarsela.
La strada virtuale fa meno paura di quella reale. Almeno ai genitori italiani. Illusi, analfabeti digitali o solo meno apprensivi rispetto agli altri europei? Otto su dieci (e qualcosa di più, l’82% rispetto a una media comunitaria di circa il 70%) lo hanno dichiarato ai ricercatori del progetto Eu Kids Online (leggete qui la sintesi della ricerca): «È altamente improbabile che mio figlio possa imbattersi in una situazione spiacevole su Internet».
L’indagine, finanziata dall’Unione europea e coordinata dalla London School of Economics and Political Science, ha fotografato il rapporto con Internet di oltre 25 mila ragazzi (e loro genitori) di 25 Paesi Ue. Abitudini e rischi presentati ieri per il Safer Internet Day: dalla pornografia al bullismo, dal sexting (l’invio di messaggi a sfondo sessuale) agli incontri con persone conosciute online. Sei ragazzi italiani su dieci, tra i 9 e i 16 anni, navigano tutti i giorni in Internet o quasi. Per fare i compiti (85%), giocare (83), guardare video (76) o «parlare» con gli amici (62): il 57% ha un profilo su un social network. E navigare è spesso un’esperienza privata: il 62% (media Ue del 49) lo fa nella propria camera.
Giovanna Mascheroni, referente italiana del progetto Eu Kids Online e ricercatrice dell’Università Cattolica, spiega: «Il 63% dei genitori si autopromuove sostenendo di suggerire ai ragazzi come comportarsi su Internet, parlando di quello che può turbarli (56%) o li ha turbati (26%)». Il 70% ha fiducia nelle capacità di autodifesa dei propri ragazzi anche se il 39% di loro ignora però ogni consiglio. «Ma quello che più ci allontana dal resto d’Europa è proprio la convinzione che su Internet non possa capitare nulla di male. Non solo: molti genitori sovrastimano i rischi legati alla pornografia e ne ignorano altri come il bullismo online (sconosciuto all’81%), giudicato esperienza molto dolorosa dai due terzi dei ragazzi».
Il direttore generale di Save the Children Italia, Valerio Neri, pone l’accento sulla scarsa alfabetizzazione dei genitori e sui numeri degli adescamenti online: «Se solo sapessero… Dalla ricerca Eu Kids Online emerge che il 4% dei nostri ragazzi (9% la media Ue) incontra persone conosciute online. I nostri dati Ipsos parlano di un 14%: anche se solo la verità sta nel mezzo, sono tantissimi. I genitori devono parlare di più ma anche il governo deve inserire nell’agenda digitale percorsi di tutela».
Negli Usa sono stati inseriti filtri antiporno nelle scuole e biblioteche. Nel Regno Unito David Cameron ha proposto un filtraggio preventivo, quando si sottoscrive dell’abbonamento ad Internet. «In Italia sistemi di controllo parentale esistono da anni ma non c’è una grande cultura in questo senso, soprattutto per i social network», afferma Antonio Apruzzese, direttore della polizia postale.
«Anche perché in Italia bisogna fare attenzione a non ridurre l’accesso a Internet — aggiunge Giovanna Mascheroni —: i nostri ragazzi hanno meno competenze rispetto ai coetanei europei: solo i giovani turchi sono meno alfabetizzati». Contro l’«incompetenza» anche dei genitori punta il dito Gianni Nicolì, pedagogista e responsabile scuola e università dell’Age (Associazione italiana genitori): «Vent’anni fa abbiamo iniziato con i primi corsi per genitori e figli, poi abbiamo stretto accordi con le aziende per ottenere dei filtri dinamici per la navigazione differenziata: per conoscere i rischi i genitori devono conoscere Internet».
Aggiunge lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet: «I genitori sono convinti che i loro ragazzi sanno fare meglio di loro sulla Rete ma la loro tranquillità nasce anche dal modello educativo che punta tutto sulla socializzazione precoce: hanno bisogno di credere che i loro figli sanno cavarsela.
«Il Corriere della Sera» dell'8 febbraio 2012
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