di Aldo Grasso
Nei commenti sul vergognoso no dell’Università di Roma, detta «La Sapienza», alla visita del Papa, si è cercato di capire chi siano gli sconfitti: una sconfitta del Paese, giusto, perché ancora una volta ha vinto la violenza dei pochi; una sconfitta dei Laici, giusto, perché la laicità stessa è stata incapace di difendere i principi su cui si fonda; una sconfitta della Libertà d’espressione perché un Papa non può parlare all’università della sua città. Ma la sconfitta più grande è dell’università stessa, di tutte le università, del modo con cui oggi si fa cultura in università. Siamo al ridicolo. L’università italiana, «il luogo della ricerca, del confronto culturale e del sapere», è quella che sforna in serie le lauree honoris causa a personaggi famosi come Valentino Rossi, Lucio Dalla, Roberto Benigni, Vasco Rossi, Mike Bongiorno, ma nega a uno studioso della statura di Joseph Ratzinger di parlare. Quando hanno laureato Valentino Rossi, si è sottolineato il talento del motociclista nel «creare eventi spettacolari, costruendo spazi di teatralizzazione capaci di muovere un’ondata comunicativa che valica le frontiere dei media nazionali». Talento di cui, evidentemente, è sprovvisto il Papa. Questa è l’università italiana. Quando hanno laureato Vasco Rossi, il noto cantante è stato definito «un mito e un brand». Il rettore ha poi aggiunto: «Nessuno avrebbe laureato, ai loro tempi, né Oscar Wilde, né Pasolini, né Edith Piaf: l’università deve anticipare i riconoscimenti di valore». Ma, a Papa Ratzinger, La Sapienza ha negato persino il diritto di parola. Questa è l’università italiana. Quando hanno laureato Lucio Dalla, hanno sentenziato: «Dalla ha cercato di comprendere la società, la storia e le religioni ed è stato un’antenna ricevente e trasmittente». Benedetto XVI non è nemmeno un’antenna. Questa è l’università italiana: Libera & Laica, No-Pope ma molto Popstar.
« Corriere della Sera » del 17 gennaio 2008
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