Dopo il caso Di Cataldo una miss trevigiana denuncia online le violenze del marito
di Gianluca Nicoletti
Un’altra donna ha usato Facebook per far sapere al mondo che il suo uomo la picchia. E’ una realtà che merita attenzione, a meno che non diventi un format. Quando lo farà una casalinga, un’impiegata o chiunque non sia donna di spettacolo, artista o modella, non avremo nemmeno questo fastidioso rovello.
E’ bene invece che s’inizi a percepire collettivamente la convinzione che Facebook non sia solamente un passatempo futile, persino detestabile, ma comunque dedicato a scambiarsi inutili frivolezze o a compiacere deprecabili narcisismi. Oramai quello che scriviamo, magari digitando sullo smartphone e pensando ad altro, entra comunque in un circuito reale di persone che leggono e, a loro volta, divulgano. Nel caso scrivessimo di fatti o circostanze penalmente rilevanti, saremmo in ogni caso chiamati a risponderne. Per paradosso ci saremo dentro molto di più di quanto potrebbe accadere se ci fossimo limitati a sparlare tra amici al bar, o a vergare elaborate sconcezze all’indirizzo di chiunque sia, di nascosto col pennarello sui muri di un gabinetto.
E’ fatale che, sempre più donne, usciranno allo scoperto e useranno un semplice post, o una foto, o un tweet per accendere una luce sulle vicende più indicibili delle loro “felicissime” unioni sentimentali. Ciò che noi intendevamo come privato non esiste più da anni, è ora che iniziamo a valutare il senso del tempo che viviamo. Anche i famosi panni sporchi, finora affidati per omertoso mandato alla lavatrice di famiglia, saranno sempre più sciorinati di fronte a migliaia e migliaia di perfetti sconosciuti, con tutte quelle imbarazzanti macchie che denunciano le nostre più vergognose incontinenze.
Un post non è più un gioco relegato alla realtà on line, può portare, come si è visto, a vere indagini nel mondo concreto. Comunque vada qualcuno sarà condannato a una pena, potrebbe accadere a chi abbia realmente usato violenza; come a chi abbia mentito, millantando quella violenza.
Dobbiamo pure evitare la facile conclusione che, chi scriva su Facebook di una ripugnante e sistematica violenza, sia fisica quanto psicologica, lo faccia pensandolo come alternativa a una regolare denuncia alle autorità competenti ad amministrare la legge. Spesso lo fa per proprio riuscire ad avere il sostegno e la forza per denunciare.
In rete magari si continuerà a pensare che sia tutto un gioco, ancora una volta si formeranno le due fazioni degli scettici e degli indignati. Ci saranno quelli che si sentiranno in dovere di sparare diagnosi, quadri clinici, analisi di segnali subliminali, elementi di scienza forense e medicina legale. A loro si contrapporranno feroci quelli che chiederanno lo smembramento del colpevole, la sua castrazione, la gogna, la ghigliottina, l’impalamento.
La rete sociale può solo suscitare il caso, ma non risolverlo. La certezza la darà solo la verifica dei fatti, che non spetta ad amici o followers.
Il folklore digitale, come sempre, lascerà il tempo che trova: per i prolissi commentatori non c’è mai molta differenza tra un gattino abbandonato o una donna pestata, l’importante é mostrare veemente spirito civico e sincera partecipazione emotiva.
E’ bene invece che s’inizi a percepire collettivamente la convinzione che Facebook non sia solamente un passatempo futile, persino detestabile, ma comunque dedicato a scambiarsi inutili frivolezze o a compiacere deprecabili narcisismi. Oramai quello che scriviamo, magari digitando sullo smartphone e pensando ad altro, entra comunque in un circuito reale di persone che leggono e, a loro volta, divulgano. Nel caso scrivessimo di fatti o circostanze penalmente rilevanti, saremmo in ogni caso chiamati a risponderne. Per paradosso ci saremo dentro molto di più di quanto potrebbe accadere se ci fossimo limitati a sparlare tra amici al bar, o a vergare elaborate sconcezze all’indirizzo di chiunque sia, di nascosto col pennarello sui muri di un gabinetto.
E’ fatale che, sempre più donne, usciranno allo scoperto e useranno un semplice post, o una foto, o un tweet per accendere una luce sulle vicende più indicibili delle loro “felicissime” unioni sentimentali. Ciò che noi intendevamo come privato non esiste più da anni, è ora che iniziamo a valutare il senso del tempo che viviamo. Anche i famosi panni sporchi, finora affidati per omertoso mandato alla lavatrice di famiglia, saranno sempre più sciorinati di fronte a migliaia e migliaia di perfetti sconosciuti, con tutte quelle imbarazzanti macchie che denunciano le nostre più vergognose incontinenze.
Un post non è più un gioco relegato alla realtà on line, può portare, come si è visto, a vere indagini nel mondo concreto. Comunque vada qualcuno sarà condannato a una pena, potrebbe accadere a chi abbia realmente usato violenza; come a chi abbia mentito, millantando quella violenza.
Dobbiamo pure evitare la facile conclusione che, chi scriva su Facebook di una ripugnante e sistematica violenza, sia fisica quanto psicologica, lo faccia pensandolo come alternativa a una regolare denuncia alle autorità competenti ad amministrare la legge. Spesso lo fa per proprio riuscire ad avere il sostegno e la forza per denunciare.
In rete magari si continuerà a pensare che sia tutto un gioco, ancora una volta si formeranno le due fazioni degli scettici e degli indignati. Ci saranno quelli che si sentiranno in dovere di sparare diagnosi, quadri clinici, analisi di segnali subliminali, elementi di scienza forense e medicina legale. A loro si contrapporranno feroci quelli che chiederanno lo smembramento del colpevole, la sua castrazione, la gogna, la ghigliottina, l’impalamento.
La rete sociale può solo suscitare il caso, ma non risolverlo. La certezza la darà solo la verifica dei fatti, che non spetta ad amici o followers.
Il folklore digitale, come sempre, lascerà il tempo che trova: per i prolissi commentatori non c’è mai molta differenza tra un gattino abbandonato o una donna pestata, l’importante é mostrare veemente spirito civico e sincera partecipazione emotiva.
«La Stampa» del 3 agosto 2013
Nessun commento:
Posta un commento