di Giovanna Garbarino
Nessuno dubita che la lingua e la letteratura latina, e più in generale la cultura classica, siano alle radici della civiltà occidentale e costituiscano una delle matrici fondamentali dell’identità europea. Dunque conoscerle e studiarle, per capire da dove veniamo, è tanto più necessario in questo mondo globalizzato e multiculturale, in cui il discorso sull’identità viene prepotentemente alla ribalta, ma non sempre è proposto e discusso in termini corretti e condivisibili: l’identità culturale non è infatti un dato scontato, da presupporre e accettare senza discuterlo, ma piuttosto il risultato di un processo di riconquista e di riappropriazione consapevoli. Capire, anzi stabilire quali siano i valori portanti, forti e irrinunciabili della nostra civiltà è indispensabile perché possiamo affermarli e difenderli contro eventuali attacchi dall’esterno, ma anche e soprattutto per poterci confrontare con altre culture e impostare efficacemente il discorso sui modi dell’inclusione e dell’integrazione di chi proviene da altri mondi: inclusione e integrazione che s’impongono come una necessità storica.
Alcuni valori che consideriamo propri della nostra civiltà (primi fra tutti i diritti dell’individuo, la democrazia, la libertà, la giustizia, la riflessione razionale sul senso della vita e della morte) sono stati formulati ed elaborati per la prima volta, a quanto ne sappiamo, proprio nel mondo classico. Studiare quel mondo significa dunque constatare come si trovino là i presupposti del presente in cui viviamo, le origini di idee, concetti, interpretazioni della realtà, visioni del mondo, modi di pensare e di vivere, modelli culturali che sono tuttora vivi e operanti. Nonostante gli enormi mutamenti e le vistose trasformazioni, noi riconosciamo infatti nei testi antichi esperienze, esigenze e problemi che non ci sono affatto estranei: le strutture psicofisiche degli esseri umani, da duemila anni a questa parte, non sono cambiate; e quanto alle istituzioni, ai comportamenti sociali, alle opinioni e rappresentazioni collettive, assai più stretti di quanto possano apparire a un osservatore superficiale continuano a essere i legami che uniscono il mondo contemporaneo alla civiltà classica.
Ma non è questo l’unico motivo, pur molto importante, per cui non possiamo rinunciare allo studio della cultura latina nella scuola, dove si formano la consapevolezza storica, la coscienza civile e lo spirito critico delle nuove generazioni. Se siamo convinti del valore dell’arte e in particolare della letteratura - che non si limita a rispecchiare la realtà, ma è capace d"‘inventare il vero", di creare mondi fittizi e immaginari attraverso i quali ci rivela e illumina il mondo nel quale viviamo, ci fa intravedere nuove e diverse possibilità, e insieme, mediante il piacere estetico, ci dà gioia e consolazione -, dobbiamo dare Io spazio che le compete a una letteratura che, insieme con quella greca, ha costituito un precedente essenziale per tutte le letterature europee, da essa nutrite, alimentate, ispirate e arricchite nel corso dei secoli e dei millenni.
C’è chi vorrebbe circoscrivere la presenza dello studio delle lingue e delle letterature antiche al solo liceo classico adducendo le difficoltà oggettive che tale studio presenta e considerando eccessivo, rispetto alle competenze sempre più ampie e differenziate richieste agli allievi delle secondarie, il tempo necessario per acquisire una competenza linguistica e letteraria adeguata. Noi riteniamo che gli studenti che non scelgono il liceo classico non solo non debbano essere defraudati di una conoscenza più o meno approfondita della civiltà e della letteratura latina, ma debbano poter accedere, sia pure entro limiti necessariamente ridotti, anche allo studio della lingua, e questo per varie ragioni. In primo luogo, lo studio del latino, cioè dell’italiano nei suoi stadi più antichi, può indubbiamente favorire l’acquisizione di una migliore competenza linguistica dell’italiano, competenza che per ragioni varie, fra le quali spicca la diffusione fra i giovani dei linguaggi stereotipati imposti dai mezzi di comunicazione di massa, risulta oggi molto limitata e carente; inoltre conoscere almeno un po’ di latino è sicuramente utile anche ai fini dell’apprendimento delle lingue straniere, specialmente (ma non solo) di quelle romanze. Ma c’è un motivo ancora più importante, perché strettamente attinente allo specifico letterario: è evidente infatti che la letteratura è costituita dai testi, e che i significati più veri e profondi dell’opera d’arte, la percezione del suo valore artistico e il piacere estetico che se ne trae, passano attraverso le strutture formali che la realizzano (lessico, sintassi, figure, ritmo ecc.) e vanno in massima parte perduti nelle traduzioni; dunque è indispensabile puntare sulla lettura di almeno una parte dei testi nella lingua originale.
All’atto pratico, un aiuto decisivo per raggiungere questi obiettivi deve venire da nuovi criteri e da nuovi strumenti, che consentano di ridurre il tempo e la fatica inerenti allo studio di oggetti così lontani e così difficili, senza tuttavia compromettere la serietà dell’impegno. Può sembrare la quadratura del circolo, ma in realtà molto si può ottenere svecchiando i metodi tradizionali; sarebbe anacronistico proporre oggi come scopo dello studio della lingua non dico la composizione latina ma anche solo la traduzione dall’italiano al latino, o pretendere che l’allievo che supera la maturità sia in grado di tradurre Virgilio o Tacito a prima vista (risultati che in verità non si ottenevano neppure nel vecchio liceo, salvo rarissime eccezioni). Si dovranno operare, perciò, come del resto si sta già facendo in molte scuole, scelte dolorose ma necessarie, sfrondando energicamente la grammatica normativa e sacrificando, in letteratura, gli autori minori e le opere minori dei maggiori. Molto sarà letto in traduzione italiana, ogni volta che nel testo prevalga l’interesse per i contenuti e che ci si trovi dinanzi a un documento di civiltà più che a una grande opera d’arte. Si limiterà la lettura in lingua originale a un numero ridotto di testi, scegliendo quelli capaci di documentare e rappresentare efficacemente la personalità umana e artistica degli autori riconosciuti unanimemente come grandi, nonché i contenuti e i caratteri delle opere che hanno esercitato un influsso fondamentale sulle letterature moderne. Perché ciò sia realizzabile, si dovranno non solo sfoltire i programmi, ma fornire strumenti ricchi e flessibili, che consentano di colmare di volta in volta le lacune linguistiche, storiche e antiquarie che spesso alzano insuperabili barriere fra noi e i classici. Dunque traduzioni a fronte, note grammaticali, commenti stilistici, paragoni con altri testi, anche moderni, confronti fra traduzioni, schede tematiche, lessicali e sintattiche suggerite dai singoli testi che s’intende approfondire, sussidi complementari online, ricorso a mezzi informatici e a percorsi didattici ipertestuali. Non si deve sottovalutare, peraltro, il rischio di soffocare il testo di partenza sotto una congerie di sussidi e strumenti interpretativi che, con l’intento di colmare le lacune del discente, finiscano con l’allontanarlo ulteriormente dal testo, invece di avvicinare quest’ultimo alla sua competenza e alla sua sensibilità. Si dovrà perciò limitare l’apparato esegetico a ciò che è veramente e praticamente utile, senza sfoggi di erudizione superflua, tenendo sempre d’occhio l’obiettivo che si persegue, che è quello di eliminare gli ostacoli più gravi alla comprensione del testo, senza pretendere di esaurirne i significati (potenzialmente inesauribili), ma promuovendo una fruizione sia dei valori storico-culturali sia, mediante l’analisi formale, di quelli estetici.
Gli insegnanti di latino sanno bene quali tesori preziosi racchiude la loro disciplina, apprezzano, ammirano e amano quei testi che hanno studiato a fondo, con fatica e con amore, e devono essere posti in condizione di poter trasmettere agli allievi, nonostante tutte le difficoltà, quell’apprezzamento, quell’ammirazione, quell’amore di cui si sostanzia il loro lavoro di docenti: nuovi, efficaci strumenti didattici devono aiutarli in questo compito, così che possano contribuire alla maturazione di giovani colti e consapevoli, dotati della capacità di ambientare i fenomeni letterari nella storia, di godere le inestimabili bellezze dell’arte e di riconoscere e far proprie le verità che i grandi artisti hanno saputo trasmetterci continuando, nel corso dei secoli e dei millenni, a "parlare per noi".
Alcuni valori che consideriamo propri della nostra civiltà (primi fra tutti i diritti dell’individuo, la democrazia, la libertà, la giustizia, la riflessione razionale sul senso della vita e della morte) sono stati formulati ed elaborati per la prima volta, a quanto ne sappiamo, proprio nel mondo classico. Studiare quel mondo significa dunque constatare come si trovino là i presupposti del presente in cui viviamo, le origini di idee, concetti, interpretazioni della realtà, visioni del mondo, modi di pensare e di vivere, modelli culturali che sono tuttora vivi e operanti. Nonostante gli enormi mutamenti e le vistose trasformazioni, noi riconosciamo infatti nei testi antichi esperienze, esigenze e problemi che non ci sono affatto estranei: le strutture psicofisiche degli esseri umani, da duemila anni a questa parte, non sono cambiate; e quanto alle istituzioni, ai comportamenti sociali, alle opinioni e rappresentazioni collettive, assai più stretti di quanto possano apparire a un osservatore superficiale continuano a essere i legami che uniscono il mondo contemporaneo alla civiltà classica.
Ma non è questo l’unico motivo, pur molto importante, per cui non possiamo rinunciare allo studio della cultura latina nella scuola, dove si formano la consapevolezza storica, la coscienza civile e lo spirito critico delle nuove generazioni. Se siamo convinti del valore dell’arte e in particolare della letteratura - che non si limita a rispecchiare la realtà, ma è capace d"‘inventare il vero", di creare mondi fittizi e immaginari attraverso i quali ci rivela e illumina il mondo nel quale viviamo, ci fa intravedere nuove e diverse possibilità, e insieme, mediante il piacere estetico, ci dà gioia e consolazione -, dobbiamo dare Io spazio che le compete a una letteratura che, insieme con quella greca, ha costituito un precedente essenziale per tutte le letterature europee, da essa nutrite, alimentate, ispirate e arricchite nel corso dei secoli e dei millenni.
C’è chi vorrebbe circoscrivere la presenza dello studio delle lingue e delle letterature antiche al solo liceo classico adducendo le difficoltà oggettive che tale studio presenta e considerando eccessivo, rispetto alle competenze sempre più ampie e differenziate richieste agli allievi delle secondarie, il tempo necessario per acquisire una competenza linguistica e letteraria adeguata. Noi riteniamo che gli studenti che non scelgono il liceo classico non solo non debbano essere defraudati di una conoscenza più o meno approfondita della civiltà e della letteratura latina, ma debbano poter accedere, sia pure entro limiti necessariamente ridotti, anche allo studio della lingua, e questo per varie ragioni. In primo luogo, lo studio del latino, cioè dell’italiano nei suoi stadi più antichi, può indubbiamente favorire l’acquisizione di una migliore competenza linguistica dell’italiano, competenza che per ragioni varie, fra le quali spicca la diffusione fra i giovani dei linguaggi stereotipati imposti dai mezzi di comunicazione di massa, risulta oggi molto limitata e carente; inoltre conoscere almeno un po’ di latino è sicuramente utile anche ai fini dell’apprendimento delle lingue straniere, specialmente (ma non solo) di quelle romanze. Ma c’è un motivo ancora più importante, perché strettamente attinente allo specifico letterario: è evidente infatti che la letteratura è costituita dai testi, e che i significati più veri e profondi dell’opera d’arte, la percezione del suo valore artistico e il piacere estetico che se ne trae, passano attraverso le strutture formali che la realizzano (lessico, sintassi, figure, ritmo ecc.) e vanno in massima parte perduti nelle traduzioni; dunque è indispensabile puntare sulla lettura di almeno una parte dei testi nella lingua originale.
All’atto pratico, un aiuto decisivo per raggiungere questi obiettivi deve venire da nuovi criteri e da nuovi strumenti, che consentano di ridurre il tempo e la fatica inerenti allo studio di oggetti così lontani e così difficili, senza tuttavia compromettere la serietà dell’impegno. Può sembrare la quadratura del circolo, ma in realtà molto si può ottenere svecchiando i metodi tradizionali; sarebbe anacronistico proporre oggi come scopo dello studio della lingua non dico la composizione latina ma anche solo la traduzione dall’italiano al latino, o pretendere che l’allievo che supera la maturità sia in grado di tradurre Virgilio o Tacito a prima vista (risultati che in verità non si ottenevano neppure nel vecchio liceo, salvo rarissime eccezioni). Si dovranno operare, perciò, come del resto si sta già facendo in molte scuole, scelte dolorose ma necessarie, sfrondando energicamente la grammatica normativa e sacrificando, in letteratura, gli autori minori e le opere minori dei maggiori. Molto sarà letto in traduzione italiana, ogni volta che nel testo prevalga l’interesse per i contenuti e che ci si trovi dinanzi a un documento di civiltà più che a una grande opera d’arte. Si limiterà la lettura in lingua originale a un numero ridotto di testi, scegliendo quelli capaci di documentare e rappresentare efficacemente la personalità umana e artistica degli autori riconosciuti unanimemente come grandi, nonché i contenuti e i caratteri delle opere che hanno esercitato un influsso fondamentale sulle letterature moderne. Perché ciò sia realizzabile, si dovranno non solo sfoltire i programmi, ma fornire strumenti ricchi e flessibili, che consentano di colmare di volta in volta le lacune linguistiche, storiche e antiquarie che spesso alzano insuperabili barriere fra noi e i classici. Dunque traduzioni a fronte, note grammaticali, commenti stilistici, paragoni con altri testi, anche moderni, confronti fra traduzioni, schede tematiche, lessicali e sintattiche suggerite dai singoli testi che s’intende approfondire, sussidi complementari online, ricorso a mezzi informatici e a percorsi didattici ipertestuali. Non si deve sottovalutare, peraltro, il rischio di soffocare il testo di partenza sotto una congerie di sussidi e strumenti interpretativi che, con l’intento di colmare le lacune del discente, finiscano con l’allontanarlo ulteriormente dal testo, invece di avvicinare quest’ultimo alla sua competenza e alla sua sensibilità. Si dovrà perciò limitare l’apparato esegetico a ciò che è veramente e praticamente utile, senza sfoggi di erudizione superflua, tenendo sempre d’occhio l’obiettivo che si persegue, che è quello di eliminare gli ostacoli più gravi alla comprensione del testo, senza pretendere di esaurirne i significati (potenzialmente inesauribili), ma promuovendo una fruizione sia dei valori storico-culturali sia, mediante l’analisi formale, di quelli estetici.
Gli insegnanti di latino sanno bene quali tesori preziosi racchiude la loro disciplina, apprezzano, ammirano e amano quei testi che hanno studiato a fondo, con fatica e con amore, e devono essere posti in condizione di poter trasmettere agli allievi, nonostante tutte le difficoltà, quell’apprezzamento, quell’ammirazione, quell’amore di cui si sostanzia il loro lavoro di docenti: nuovi, efficaci strumenti didattici devono aiutarli in questo compito, così che possano contribuire alla maturazione di giovani colti e consapevoli, dotati della capacità di ambientare i fenomeni letterari nella storia, di godere le inestimabili bellezze dell’arte e di riconoscere e far proprie le verità che i grandi artisti hanno saputo trasmetterci continuando, nel corso dei secoli e dei millenni, a "parlare per noi".
Autori vari, Cultura umanistica e scuola: riflessioni e analisi, Pearson Italia, 2011 (pp. 45-47)
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