Nel 1916 un giovane americano ebbe l’intuizione: non più decine di botteghe, ma un solo self service pieno di merci in mostra, così da invogliare gli acquisti. Fu la svolta: senza più il negoziante, iniziava l’era della pubblicità. E quella del consumismo
di Pierangelo Giovannetti
L'idea balenò nella mente di Clarence Saunders, un giovanottone americano del Tennessee, che a forza di girare per negozietti e botteghe per via del suo mestiere di rappresentante di prodotti all'ingrosso, si era convinto che fare la spesa fosse uno spreco di tempo e di denaro. O meglio: fare la spesa in quella maniera. Di buon'ora la massaia doveva armarsi di santa pazienza e cominciare il suo giro: prima dal panettiere, poi dal macellaio, poi dal verduriere. Una capatina dal droghiere per prendere il sale, un salto dal ferramenta per la scatolina di chiodi. Infine di corsa alla bottega del sarto per scegliere un paio di bottoni colorati, da cucire sul vestito della domenica. La mattinata era andata. Ma soprattutto - dal suo punto di vista - lo spreco era del negoziante che doveva sciropparsi fino alla noia le richieste della gente: e quanto costa? e di che qualità è? che sapore ha? quanto dura? Che, moltiplicato per tutte le clienti della giornata, per ogni singolo prodotto, per acquisti che poi magari si fermavano ad un paio di mele se andava bene, voleva dire lavorare per intrattenere le massaie più che per vendere. Tanto più che la maggior parte di loro non pagava nemmeno, ma si faceva annotare la spesa sul quadernetto e saldava, nella migliore delle ipotesi, solo a fine mese. Un non senso, secondo Saunders. Bisognava ribaltare il concetto. Non dovevano essere le massaie ad andare dal negoziante per farsi servire la spesa, ma le merci da acquistare ad imporsi alle clienti. Lasciando al venditore il solo compito di incassare a fine corsa, all'uscita dal negozio.Fu così che il pimpante commesso viaggiatore del profondo Sud americano decise di aprire un suo negozio pensato per far vedere i prodotti, per farli toccare, prendere in mano, pesare, controllarne il prezzo e la scadenza, per farne riconoscere la marca e individuare subito la scatola tra mille altre. Una bottega in cui fossero le massaie a scegliere cosa mettersi in borsa, e non l'omino al banco. Insom ma, un modo di vendere basato sul concetto del self-service e non del più accurato, e senza dubbio più costoso, servizio personalizzato. Era nato il supermercato. La mattina del 6 settembre 1916, novant'anni fa, la prima signora che mise piede nel nuovo negozio di Saunders, il Piggly Wiggly, al numero 79 di Jefferson Street, nel centro di Memphis, sobbalzò dalla sorpresa. Enormi scaffali pieni di merci in esposizione, tra cui aggirarsi incuriositi e da cui prelevare indisturbati, l'attendevano dotata di carrello pronto per essere stipato all'inverosimile, fino al varco finale, la cassa, in cui sorridenti signorine in divisa stazionavano vigilanti. All'ingresso un cancelletto che segnava l'entrata nel recinto dell'abbondanza a portata di mano. Poi il percorso guidato tra ali di barattoli e confezioni colorate, contraddistinte per il marchio e il logo stampigliato. Ogni scatola, bottiglia, imballaggio, aveva la sua bella etichetta con tanto di prezzo indicato, così si sapeva già prima quanto veniva a costare. E per i prodotti a facile deperimento faceva il suo ingresso il comparto "freddo", con cassette tenute tra il ghiaccio per conservarle più a lungo. Il successo fu strepitoso. Saunders brevettò l'anno dopo, nel 1917, il marchio Self-service Store, ma nel giro di pochissimo il nuovo modo di fare la spesa s'impose in tutti gli Stati Uniti. I supermercati spuntarono come funghi, affermandosi come il moderno modello di vendere e di consumare. La dimensione e il colore delle scatole, fino ad allora insignificanti perché la merce veniva venduta sfusa, consegnata direttamente nella borsa del cliente, ora diventavano il punto di forza del prodotto, quello che avrebbe spinto il consumatore ad acquistare. Più era accattivante e identificabile nella marca di richiamo, e più faceva vendere. La pubblicità diventava la forza propulsiva determinante nella spinta all'acquisto. Se lo slogan era indovinato, ripetuto in continuazione e associato ad immagini, suoni e sensazioni subliminali, induceva infallibilmente a comprare. Guidava nella scelta, in maniera occulta ma decisa. In fondo il principio di Saunders era poi questo: lasciar soli gli acquirenti in mezzo a montagne di merci alle pareti, pilotandone automaticamente i percorsi perché vedessero e desiderassero più cose possibili. La stessa struttura del supermercato era pensata per questo. Non spazi aperti, ma lunghi corridoi, circondanti da scaffali, un labirinto obbligato in cui condurre il consumatore dal primo all'ultimo dei suoi bisogni. E per ognuno predisporre il bene di consumo adeguato, dalla latte per la prima colazione al tonno in scatola per la cena, passando per il reparto saponi e prodotti per la casa, alla ferramenta, alla frutta e verdura, al vestiario. Senza bisogno di troppi commessi, resi ormai inutili. E la possibilità di guadagnare meglio e fare prezzi più convenienti per una questione di scala. Rispetto al piccolo negozietto al dettaglio, il supermercato in definitiva poteva considerarsi un negozio all'ingrosso.Sei anni dopo aver lanciato la sua rivoluzionaria invenzione, nel 1922, Clarence Saunders aveva già aperto 1.200 negozi in ventinove stati americani. Nel 1932 la catena era cresciuta a 2.660 supermercati, con un fatturato annuo di 180 milioni di dollari. Saunders fece l'errore di trasformare questo suo impero del "consumo organizzato" in una società per azioni, quotata in borsa. Il boccone era talmente ghiotto e appetibile, che fu divorato. La società fu scalata e l'inventore ne perse il controllo, finendo addirittura in bancarotta nel tentativo di ritornarne in possesso. Nel frattempo, la Piggly Wiggly, riconoscibile nel celebre marchio del porcellino sorridente con il berrettino bianco da salumiere, fu trasformata in una rete a franchising, diffondendosi soprattutto nel Sud degli Stati Uniti. Ma la formula fu copiata ed esportata nel mondo, diventando l'emblema del commercio nella società di massa, come la catena di montaggio di Henry Ford e la tay lorizzazione del processo produttivo lo furono per l'industria moderna. Il marchio Piggly Wiggly (un nome curioso, simpatico, che fece subito breccia per la sua orecchiabilità, scelto per richiamare alla mente la canzoncina per bambini This Little Piggy Went To Market, allora assai celebre fra i piccoli americani) è tutt'oggi diffuso nel Sud del Paese, dove conta 600 supermercati indipendenti, in diciassette stati. Ma il modo di fare la spesa ideato da Clarence Saunders è diventato un tutt'uno con l'identità americana. Non per nulla oggi grandi gruppi di ipermercati discount e di superstore come Wal Mart, la rete di supermercati dell'America profonda, svettano fra i colossi mondiali dell'economia. Secondo "Fortune Global 500", nel 2004 proprio la Wal Mart si è classificata per reddito la prima società al mondo, sorpassata quest'anno da un paio di grosse compagnie petrolifere grazie allo strepitoso boom del greggio. Ma resta sempre un gigante, con i suoi due milioni di dipendenti e un giro d'affari annuo di 315.654 miliardi di dollari americani. Una montagna di soldi, come una montagna infinita è quella delle merci ammassate sugli scaffali, stigma dell'opulenza della società occidentale e della sua capacità di comprare tutto.
«Avvenire» del 25 giugno 2006
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