30 ottobre 2009

Super Google spaventa il mondo

Il gigante di Silicon Valley è in grado di scrutare consumi e abitudini di milioni di persone
di Massimo Gaggi
Controllo dati e telefonini: i nuovi timori di governi e imprese L' azienda «Non siamo monopolisti e abbiamo sempre rispettato il motto: non fare mai del male»
Fog, «fear of Google». Il timore che l'azienda di Mountain View possa diventare un «monopolista della conoscenza» difficile da scalfire e con un'incredibile forza di penetrazione nelle vite della gente è ormai talmente diffuso che un paio d'anni fa, per evocare le paure suscitate da Google, è stato addirittura coniato un acronimo. Preoccupazioni che avevano cominciato a prendere forma fin dal 2004, quando l'azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin cominciò ad assumere la forma di una corazzata dell'«information technology». Che fin dall'inizio non nascose l'ambizione - allora considerata un po' «naive» - di «organizzare tutta la conoscenza del mondo». Quelle paure, oggi meno citate di qualche anno fa dalla stampa, sono sempre più diffuse e radicate a livello di governi e nelle grandi imprese: la crescita tumultuosa di Google e lo sviluppo di tecnologie potentissime e ubique, capaci di radiografare gli angoli più remoti della realtà, hanno - infatti - nel frattempo moltiplicato le aree «sensibili». Non si tratta più solo del controllo dei due terzi del mercato mondiale della ricerca di dati e informazioni o del sistema di posta G-mail che scruta elettronicamente ogni messaggio e invia avvisi pubblicitari personalizzati all'utente «spiato». Le incognite del futuro riguardano anche nuove aree come le comunicazioni telefoniche nelle quali Google sta entrando con la piattaforma Android e i sistemi Google Voice e Google Wave. Certo, oggi i business prevalenti sono ancora quelli legati agli 800 milioni di computer quotidianamente attivati in tutto il mondo. Qui, collegando i suoi vari sistemi - dalla «biblioteca universale» a Google News, dagli archivi sanitari «on line», ai video di YouTube - il gigante della Silicon Valley è teoricamente in grado di costruire una sterminata mappa di profili personali sempre più articolati e penetranti: non più soltanto cosa consumi (gli acquisti online, gli annunci pubblicitari realmente consultati) e dove vai (prenotazioni di voli, treni, alberghi, concerti o teatri), ma anche dove sei in questo momento (dal sistema di localizzazione «Latitude» al nuovo servizio stradale basato su tecnologia satellitare Google Maps Navigation lanciato proprio ieri negli Usa). E poi, ancora, come stai (dati sulla salute), qual è il tuo presumibile orientamento politico e cosa leggi (consultazione di siti d'informazione online, accessi alla «biblioteca universale», acquisto di libri digitali). La società californiana si difende negando di comportarsi da monopolista e sostenendo di aver sempre rispettato il motto dei suoi fondatori: «Don't be evil», non fare mai del male. Ma davanti all'infinita potenza tecnologica di Google, alla concentrazione delle sue strutture in un solo Paese (gli Stati Uniti), la capacità di quest' azienda di far evaporare i «business model» di interi settori produttivi (dai giornali, sempre più in crisi, alle tv, le cui fondamenta vengono erose dalla crescita esponenziale di YouTube) e di trasformare con un «click» la «privacy» dei cittadini in un «optional», il problema non può essere ridotto alla buona fede dei fondatori e di Eric Schmidt. Anche se si ha fiducia nel vertice attuale di Google, nessuno può garantire per il futuro. E, come abbiamo visto nel caso delle banche «too big to fail» (troppo grosse per essere lasciate fallire), certi problemi è meglio affrontarli per tempo. Ma, probabilmente, non è nemmeno questo il punto. La questione vera è che l'accelerazione dello sviluppo tecnologico di Google sta creando scenari economici, sociali e anche giuridici mai immaginati prima: problemi che pochi percepiscono e nessuno sembra in grado di affrontare. Basta pensare a quello che sta per accadere nel mondo dei telefoni dove sono già attivi 3 miliardi di cellulari e, soprattutto, 600 milioni di «smart-phone», capaci di collegarsi a Internet. Per questi apparecchi Google ha sviluppato la piattaforma Android e, in primavera, ha lanciato in via sperimentale il servizio telefonico via web Google Voice e Google Wave: un sistema che registra e archivia tutte le comunicazioni di un utente che vengono trasformate in byte e che viaggiano (gratis) su Internet, anziché sulle normali linee telefoniche. Chiamate che possono sempre essere riascoltate o aggregate con altre comunicazioni per nomi o per argomenti. Quando questo sistema sarà pienamente operativo, l'utente americano (in Europa i problemi regolamentari sono più complessi) che dà carta bianca a Google pur di risparmiare sulla bolletta, non saprà più nemmeno lui quali delle sue telefonate sono passate per i normali canali di tlc (che registrano la chiamata ma non il contenuto della conversazione) e quali, invece, sono state dirottate automaticamente su Internet perché il «software» di Google ha individuato in quel momento una connessione-dati affidabile. Proviamo solo a immaginare cosa, un domani, tutto ciò potrà significare per le indagini disposte dall'autorità giudiziaria: delle chiamate fatte via Internet la società telefonica legata contrattualmente a quel telefonino non saprà nulla. Quella telefonata sarà stata integralmente registrata, ma si troverà in un «server» lontano, probabilmente negli Usa. Casi come questo si moltiplicheranno man mano che la convenienza economica spingerà individui e imprese a trasferire dati e «file» dai computer domestici e aziendali alle cosiddette «nuvole»: giganteschi «depositi di megabyte» offerti da operatori come Google. Il «cloud computing» è il nostro futuro: se ne è convinto anche il governo Usa che si sta già preparando. Hanno cominciato ad accettare questa realtà, sia pure con scarso entusiasmo, anche aziende come Microsoft e Yahoo! Ma le domande principali rimangono senza risposta. Chi sarà il re delle nuvole? E chi lo controllerà?

Nel mondo dei telefoni sono già attivi 3 miliardi di cellulari e, soprattutto, 600 milioni di «smart-phone». Per questi apparecchi Google ha sviluppato la piattaforma Androi L' ultima novità In primavera, ha lanciato in via sperimentale il servizio telefonico via «web» Google Voice e Google Wave che registra le comunicazioni di un utente che vengono trasformate in byte e che viaggiano (gratis) su Internet, anziché sulle normali linee telefoniche.
«Corriere della Sera » del 29 ottobre 2009

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