di Massimo Gramellini
Un tizio di Boston ha reagito al licenziamento mettendo a disposizione degli altri la risorsa che aveva appena riguadagnato, il tempo. Sul sito You Tube si è dichiarato pronto ad ascoltare chiunque avesse voglia di parlargli, allegando il suo numero di telefono. In una settimana lo hanno cercato in cinquemila. I sociologi americani si sono subito dedicati a spolpare il fenomeno: la solitudine allaga le case, nell'era della comunicazione le persone non comunicano più neanche in famiglia, inevitabile che la salvezza arrivi da perfetti sconosciuti come gli autori delle poste del cuore sui giornali.
Si continua a sottovalutare un aspetto. Chi telefona al disoccupato di Boston non cerca qualcuno con cui parlare, ma qualcuno che lo ascolti. Non è proprio la stessa cosa. La civiltà dell’immagine e dell’ego spinto ha prodotto milioni di sordi metaforici. Ottenere l'attenzione del prossimo è diventato così difficile che persino i comunicatori professionali della pubblicità non sanno più a quale nudo di donna o scoreggia di scoiattolo appendere i loro messaggi per riuscire a bucare la crosta della distrazione generale. L’arte dell'ascolto è il segreto dei grandi seduttori. Una forma sublime di accoglienza che richiede capacità e voglia di svuotare la mente dai nostri pensieri per lasciarsi invadere da quelli degli altri. Sono passati ventiquattro secoli da quando un filosofo stoico disse che gli dei ci avevano dato due orecchie e una sola bocca per ascoltare di più e parlare di meno. Se siamo arrivati a questo punto è proprio perché nessuno lo è stato a sentire.
«La Stampa» del 24 aprile 2007
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