Ogni anno le scuole dell’infanzia paritarie consentono allo Stato di risparmiare oltre 4 miliardi di euro
di Luigi Morgano *
A livello nazionale accolgono 660mila alunni (il 45% del totale) attraverso migliaia di istituzioni scolastiche che sono presenti sul territorio. Ottomila circa aderiscono alla Federazione
Dall’approvazione, nel 2000, della legge sulla parità scolastica, si sono registrati rilevanti passi in avanti da parte della società, della politica, dell’opinione pubblica. La contrapposizione ideologica tra scuola a gestione statale e scuola a gestione non statale sembrava appartenere ormai al passato: la legge riconosce, infatti, che entrambe svolgono un’unica funzione pubblica.
Per questo motivo, molte amministrazioni locali e regionali si sono aggiunte a quelle che già avevano compiuto la scelta di riconoscere specifici provvedimenti amministrativo-economici alle scuole paritarie, in particolare quelle dell’infanzia Fism, che sono no profit, gestite da associazioni, da fondazioni, congregazioni religiose, parrocchie, cooperative di insegnanti e/o di genitori e da altri soggetti del terzo settore, come una irrinunciabile risorsa culturale, sociale e formativa.
La presenza di queste scuole, oltre a consentire alle famiglie una libera scelta educativa, è indispensabile nel garantire la piena scolarizzazione dei bambini nella fascia di età 3-6 anni. A livello nazionale, non è superfluo ricordare, le scuole dell’infanzia paritarie accolgono, infatti, 660mila alunni – circa il 45% del totale – attraverso migliaia di istituzioni scolastiche presenti capillarmente sul territorio; circa 8mila aderiscono alla Fism.
Ciò premesso, il quesito oggetto del referendum di Bologna del 26 maggio scorso, in modo subdolo non nega la liceità che accanto alle scuole statali operino anche scuole fondate e gestite, come prevede la Costituzione, da «enti e privati», ma negare che questi ricevano contributi economici – peraltro legittimi sul piano costituzionale e normativo – perché verrebbero sottratti alle scuole statali.
Un ragionamento stantio e privo di fondamento che non vuol tener conto che la Costituzione, oltre a riconoscere il diritto di libera scelta educativa dei genitori, impegna la Repubblica (Stato, Regioni, Province, Comuni) a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini», impediscono il pieno godimento dei loro diritti, fra cui anche quello della scelta educativa.
Al di là della impossibilità di dividere i bambini tra privati e pubblici in base alla scuola dell’infanzia che frequentano, com’è possibile ignorare che l’inserimento delle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione italiano, proprio in forza del servizio pubblico che svolgono, comporti equità nell’accesso al sistema per gli alunni, le famiglie, ma anche per il personale che vi opera (nelle scuole Fism sono oltre 45mila le persone impegnate).
Un profilo, questo secondo, troppo trascurato anche nei dibattiti. Inoltre, è verosimile che neanche 500 milioni di euro stanziato nel bilancio dello Stato per le scuole paritarie (non solo le materne) di cui attualmente sono disponibili poco più della metà, non incrementati da tredici anni, risolverebbero tutti i problemi della scuola statale italiana? O è vero che, ad esempio, ogni anno le scuole dell’infanzia paritarie – comunali comprese – come ripetutamente documentato, consentono allo Stato italiano risparmi che superano i 4 miliardi di euro solo considerando la spesa corrente, ricevendo, fino al 2012, circa 300 milioni di euro del finanziamento statale complessivo? Per di più ingenerando una infondata convinzione, in parte dell’opinione pubblica, di essere privilegiate.
Con la crisi economica che attraversa il Paese, si può caricare sulle famiglie, oltre alle difficoltà economiche che già devono affrontare, un ulteriore pesantissimo aggravio di retta, inevitabile in mancanza dei contributi statali, regionali, comunali? O addirittura eliminare il servizio per un pregiudizio ideologico? Tutto ciò mentre insegnanti, genitori, esponenti del mondo della cultura, della politica ai vari livelli ribadiscono che la frequenza alla scuola dell’infanzia è norma dell’itinerario educativo proprio di ogni bambino.
A questo si deve aggiungere, infine, che la presenza della scuola paritaria non solo non crea un aggravio alle finanze pubbliche, ma genera un oggettivo, documentato, rilevante risparmio.
Per questo motivo, molte amministrazioni locali e regionali si sono aggiunte a quelle che già avevano compiuto la scelta di riconoscere specifici provvedimenti amministrativo-economici alle scuole paritarie, in particolare quelle dell’infanzia Fism, che sono no profit, gestite da associazioni, da fondazioni, congregazioni religiose, parrocchie, cooperative di insegnanti e/o di genitori e da altri soggetti del terzo settore, come una irrinunciabile risorsa culturale, sociale e formativa.
La presenza di queste scuole, oltre a consentire alle famiglie una libera scelta educativa, è indispensabile nel garantire la piena scolarizzazione dei bambini nella fascia di età 3-6 anni. A livello nazionale, non è superfluo ricordare, le scuole dell’infanzia paritarie accolgono, infatti, 660mila alunni – circa il 45% del totale – attraverso migliaia di istituzioni scolastiche presenti capillarmente sul territorio; circa 8mila aderiscono alla Fism.
Ciò premesso, il quesito oggetto del referendum di Bologna del 26 maggio scorso, in modo subdolo non nega la liceità che accanto alle scuole statali operino anche scuole fondate e gestite, come prevede la Costituzione, da «enti e privati», ma negare che questi ricevano contributi economici – peraltro legittimi sul piano costituzionale e normativo – perché verrebbero sottratti alle scuole statali.
Un ragionamento stantio e privo di fondamento che non vuol tener conto che la Costituzione, oltre a riconoscere il diritto di libera scelta educativa dei genitori, impegna la Repubblica (Stato, Regioni, Province, Comuni) a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini», impediscono il pieno godimento dei loro diritti, fra cui anche quello della scelta educativa.
Al di là della impossibilità di dividere i bambini tra privati e pubblici in base alla scuola dell’infanzia che frequentano, com’è possibile ignorare che l’inserimento delle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione italiano, proprio in forza del servizio pubblico che svolgono, comporti equità nell’accesso al sistema per gli alunni, le famiglie, ma anche per il personale che vi opera (nelle scuole Fism sono oltre 45mila le persone impegnate).
Un profilo, questo secondo, troppo trascurato anche nei dibattiti. Inoltre, è verosimile che neanche 500 milioni di euro stanziato nel bilancio dello Stato per le scuole paritarie (non solo le materne) di cui attualmente sono disponibili poco più della metà, non incrementati da tredici anni, risolverebbero tutti i problemi della scuola statale italiana? O è vero che, ad esempio, ogni anno le scuole dell’infanzia paritarie – comunali comprese – come ripetutamente documentato, consentono allo Stato italiano risparmi che superano i 4 miliardi di euro solo considerando la spesa corrente, ricevendo, fino al 2012, circa 300 milioni di euro del finanziamento statale complessivo? Per di più ingenerando una infondata convinzione, in parte dell’opinione pubblica, di essere privilegiate.
Con la crisi economica che attraversa il Paese, si può caricare sulle famiglie, oltre alle difficoltà economiche che già devono affrontare, un ulteriore pesantissimo aggravio di retta, inevitabile in mancanza dei contributi statali, regionali, comunali? O addirittura eliminare il servizio per un pregiudizio ideologico? Tutto ciò mentre insegnanti, genitori, esponenti del mondo della cultura, della politica ai vari livelli ribadiscono che la frequenza alla scuola dell’infanzia è norma dell’itinerario educativo proprio di ogni bambino.
A questo si deve aggiungere, infine, che la presenza della scuola paritaria non solo non crea un aggravio alle finanze pubbliche, ma genera un oggettivo, documentato, rilevante risparmio.
* segretario nazionale Fism
«Avvenire» del maggio 2013
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