di Arnaldo Benini
Con minorenni responsabili di gravi crimini, la giustizia degli Stati Uniti è più severa che qualunque altro paese industrializzato. Le condanne a morte di minorenni sono state rare, ma fino al 2012 erano in carcere da quand'erano minorenni, senza poter abbreviare la detenzione, circa 2.500 ergastolani. Con quattro sentenze fra il 1988 e il 2012 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha mitigato le pene per minorenni. Sebbene la Corte non renda pubbliche le motivazioni, Laurence Steinberg, psicologo dell'Università di Temple a Filadelfia, dopo aver esaminato i protocolli dei dibattimenti, ritiene che nella svolta abbiano giocato un ruolo importante gli studi delle neuroscienze dello sviluppo del cervello. La Corte avrebbe tenuto conto delle prove scientifiche che giovani e adolescenti non sono responsabili del loro comportamento come gli adulti a causa dell'immaturità psicologica e biologica. Qualcuno ha motteggiato che per arrivare a quel che è evidente a ogni genitore non ci voleva molta scienza. In vicende tanto delicate è in ogni caso d'aiuto che la scienza confermi il senso comune.
In considerazione dell'ottavo emendamento della Costituzione, che proibisce punizioni crudeli, la Corte Suprema nel 1988 dichiarò incostituzionale la pena di morte sotto i 16 e nel 2005 sotto i 18 anni. Nel 2010 fu giudicato incostituzionale il carcere a vita senza possibilità di sconto della pena in minori di 18 anni, a eccezione degli omicidi. Una sentenza del 2012 annullò l'eccezione. Quel che è crudele, e quindi incostituzionale, per un adolescente, non lo è per un adulto normale. Nel 2002 la Corte giudicò incostituzionale la pena di morte in ritardati mentali di qualunque età, anche se consapevoli della differenza fra lecito e illecito. Il ritardo mentale ne compromette la capacità di decidere e quindi ne attenua la responsabilità. Come l'immaturità (molto individuale), il ritardo mentale è una diagnosi comportamentale, neuropsicologica e neurobiologica. Tribunali di livello inferiore hanno tenuto in considerazione, specie a partire dall'anno 2000, gli studi sullo sviluppo del cervello degli adolescenti e sulla particolare suscettibilità dei cervelli immaturi alle influenze esterne. Per questo sono frequenti negli ultimi anni differenze di pena motivate con indagini neuro-scientifiche per lo stesso delitto (ad esempio gettare un sasso da un ponte sulla strada mentre passa un'auto, con conseguenze gravi o mortali) fra bambini, ad esempio di 6-8 anni, e adolescenti.
Le neuroscienze (con tutti i supporti tecnici) stanno acquisendo negli Stati Uniti un ruolo importante nello stabilire la legittimità delle sentenze in crimini di bambini, adolescenti e giovani adulti. È verosimile che questa pratica si applichi anche fuori degli States. Steinberg se ne rallegra, ma mette in guardia, a ragione, da errori ed esagerazioni. Nelle aule dei tribunali le scienze comportamentali dovrebbero conservare il ruolo determinante, perché la legge giudica il comportamento degli imputati e non il funzionamento del loro cervello. Per aver la licenza di guida, dice Steinberg, non basta dimostrare con la neuroimaging di avere il cervello a posto. Bisogna dar prova di saper guidare. È opportuno che le neuroscienze siano sempre più considerate nelle aule di giustizia come supporto dei dati comportamentali, e non come guida delle sentenze. Esse sono più plausibili se esami comportamentali e neuroscientifici coincidono. Le neuroscienze cognitive acquistano sempre più responsabilità civile e sociale. Ciò deve imporre ad autori ed editori di saggi e libri di neuroscienze la scrupolosa aderenza alla realtà. Annunciare, ad esempio, che con le tecniche della neuroimaging si può leggere il pensiero degli altri è sensazionale, ma non è vero. Con quelle tecniche si fanno studi straordinari e s'aiutano in modo decisivo molti ammalati. Leggere il pensiero non è possibile ora, e non lo sarà mai.
Laurence Steinberg, The influence of neuroscience on US Supreme Court decisions about adolescents' criminal culpability, Nature Review Neuroscience Vol. 14, July 2013, pagg. 513-518
In considerazione dell'ottavo emendamento della Costituzione, che proibisce punizioni crudeli, la Corte Suprema nel 1988 dichiarò incostituzionale la pena di morte sotto i 16 e nel 2005 sotto i 18 anni. Nel 2010 fu giudicato incostituzionale il carcere a vita senza possibilità di sconto della pena in minori di 18 anni, a eccezione degli omicidi. Una sentenza del 2012 annullò l'eccezione. Quel che è crudele, e quindi incostituzionale, per un adolescente, non lo è per un adulto normale. Nel 2002 la Corte giudicò incostituzionale la pena di morte in ritardati mentali di qualunque età, anche se consapevoli della differenza fra lecito e illecito. Il ritardo mentale ne compromette la capacità di decidere e quindi ne attenua la responsabilità. Come l'immaturità (molto individuale), il ritardo mentale è una diagnosi comportamentale, neuropsicologica e neurobiologica. Tribunali di livello inferiore hanno tenuto in considerazione, specie a partire dall'anno 2000, gli studi sullo sviluppo del cervello degli adolescenti e sulla particolare suscettibilità dei cervelli immaturi alle influenze esterne. Per questo sono frequenti negli ultimi anni differenze di pena motivate con indagini neuro-scientifiche per lo stesso delitto (ad esempio gettare un sasso da un ponte sulla strada mentre passa un'auto, con conseguenze gravi o mortali) fra bambini, ad esempio di 6-8 anni, e adolescenti.
Le neuroscienze (con tutti i supporti tecnici) stanno acquisendo negli Stati Uniti un ruolo importante nello stabilire la legittimità delle sentenze in crimini di bambini, adolescenti e giovani adulti. È verosimile che questa pratica si applichi anche fuori degli States. Steinberg se ne rallegra, ma mette in guardia, a ragione, da errori ed esagerazioni. Nelle aule dei tribunali le scienze comportamentali dovrebbero conservare il ruolo determinante, perché la legge giudica il comportamento degli imputati e non il funzionamento del loro cervello. Per aver la licenza di guida, dice Steinberg, non basta dimostrare con la neuroimaging di avere il cervello a posto. Bisogna dar prova di saper guidare. È opportuno che le neuroscienze siano sempre più considerate nelle aule di giustizia come supporto dei dati comportamentali, e non come guida delle sentenze. Esse sono più plausibili se esami comportamentali e neuroscientifici coincidono. Le neuroscienze cognitive acquistano sempre più responsabilità civile e sociale. Ciò deve imporre ad autori ed editori di saggi e libri di neuroscienze la scrupolosa aderenza alla realtà. Annunciare, ad esempio, che con le tecniche della neuroimaging si può leggere il pensiero degli altri è sensazionale, ma non è vero. Con quelle tecniche si fanno studi straordinari e s'aiutano in modo decisivo molti ammalati. Leggere il pensiero non è possibile ora, e non lo sarà mai.
Laurence Steinberg, The influence of neuroscience on US Supreme Court decisions about adolescents' criminal culpability, Nature Review Neuroscience Vol. 14, July 2013, pagg. 513-518
«Il Sole 24 Ore» del 22 settembre 2013
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