di Pietro Ichino
Ringrazio Mario Desiati per la «solidarietà arrabbiata». Apprezzo sia il sostantivo, sia l’aggettivo; anche se, per parte mia, non riesco a provare rabbia verso i brigatisti. Mi fa orrore - questo sì - la loro pretesa di condannare a morte la gente discutendone al tavolo di un bar, il loro rito criminale dell’agguato sulla porta di casa, per il quale si preparano con precisione burocratica e meticolosa come quella dei nazisti. E mi indigno anch’io quando sento minimizzare tutto questo, come se si trattasse di qualche cosa di banale e ridicolo («una farsa», abbiamo letto su il Manifesto!), da commentatori che dovrebbero sapere di che cosa stanno parlando. Ma non riesco ad arrabbiarmi con i brigatisti, perché capisco il loro smarrimento. Credo che sia lo stesso smarrimento che ho visto negli occhi di qualcuno dei miei studenti. Li conosco: due di essi sono stati arrestati nei giorni scorsi, e altri in questi giorni si sono schierati con loro, prendendo la parola apertamente, giungendo a firmare le proprie dichiarazioni con nome e cognome. È lo smarrimento di ragazzi che si sono sentiti insegnare il catechismo semplificatore della lotta di classe - di qua i buoni sfruttati, di là i cattivi sfruttatori - e si ritrovano di fronte all’infinita complessità della società post-moderna, dove non si capisce più che cosa sia «di sinistra» e che cosa «di destra», dove gli eredi dei rivoluzionari di un tempo sono ridotti a difendere con le unghie e coi denti le vecchie strutture, sono diventati i veri «conservatori»; dove le protezioni inventate un secolo fa per costruire l’uguaglianza producono disuguaglianza ed esclusione, si trasformano in barriere a difesa di posizioni di rendita parassitaria. In questa grande confusione i terroristi di sinistra e i loro fiancheggiatori rivendicano un ritorno alla grande semplificazione; ma si accorgono - e in questo hanno ragione - che la semplificazione offerta dalla sinistra radicale a parole, secondo i suoi vecchi schemi, è un grande inganno; così, finiscono per «comprendere» chi si mette a sparare. Condannare questa follia è sacrosanto; bloccarla con tutti i mezzi è indispensabile. Ma non basta. Se vogliamo sradicare questo cancro dal nostro tessuto sociale dobbiamo anche proporre nuovi strumenti e strategie credibili, efficaci, per combattere la disuguaglianza e l’esclusione. Strumenti e strategie che la vecchia sinistra italiana, ancora troppo legata alla sua cultura del secolo scorso, non sa credibilmente proporre.
«Corriere della sera» dell’8 marzo 2007
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