di Baldi - Giusso - Razetti - Zaccaria
Tratto dal volume Testi e storia della letteratura, vol. D, 2011, Paravia
La struttura e i temi della lirica. Vediamo innanzitutto come si distribuisce la materia del discorso nella sua successione sintagmatica. Si individuano tre momenti:
I. preambolo: la morte di Napoleone, l’atteggiamento del poeta di fronte all’evento (strofe 1-4);
II. rievocazione della vicenda di Napoleone; a sua volta essa è divisa in due parti: a) le imprese vittoriose (strofe 5-9); b) la sconfitta e l’esilio, la disperazione dell’eroe (strofe 10-14);
III. conclusione: il soccorso della fede, il trionfo dell’eterno sulla gloria terrena (strofe 15-18).
Il preambolo. Vediamo ora il sistema di opposizioni, che si costruisce all’interno di questa successione:
I. Nelle quattro strofe del preambolo emergono subito due opposizioni fondamentali:
l) immobilità / rapidità dell’alternarsi di vicende. L’immobilità della salma (v. l) si oppone alla «vece assidua» delle azioni del grande uomo, alla rapida successione di caduta, rivincita e sconfitta definitiva («cadde, risorse e giacque»);
2) la grandezza e la gloria si oppongono alla negatività dell’azione: «tanto spiro», «folgorante», «tanto raggio», ma anche «cruenta polve»: il grande uomo ha seminato con le sue guerre distruzione, sofferenze e morte. Le due opposizioni saranno riprese e sviluppate successivamente.
La parte centrale. II. La parte centrale dell’ode, in cui viene rievocata per scorci la vicenda dell’eroe, si articola innanzi tutto su un’opposizione spaziale: lo spazio geografico amplissimo in cui si manifesta il genio militare di Napoleone («Dall’Alpi alle Piramidi») / la «breve sponda» dell’isola in cui finisce esule; poi su un’opposizione temporale: il passato glorioso contro il presente misero dell’esilio. L’opposizione temporale è molto articolata nel suo distribuirsi sull’asse sintagmatico: strofe 5-9, il passato; strofe 10-13, il presente. Ma, all’interno del presente, si apre anche la prospettiva del futuro (Napoleone cerca di rivolgersi ai posteri con le sue memorie), poi di nuovo quella del passato, rievocato dalla memoria dell’eroe: il «sovvenir» dei «dì che furono» che assale l’esule (strofa 13).
L’opposizione passato / presente ripropone al suo interno, sviluppandola al massimo, l’opposizione che già si offriva nella prima parte, rapidità dinamica / immobilità. Tutta la rievocazione delle imprese di Napoleone insiste sulla rapidità fulminea degli spostamenti («fulmine», «baleno», «scoppiò»), sulla dinamicità delle azioni e sulla rapidità delle trasformazioni (il «gran disegno», il servire «pensando al regno», il raggiungere la meta che era «follia» sperare, il pericolo e poi la gloria, la fuga e la vittoria, la reggia e l’esilio, la polvere e l’altare; ancor più sulla rapidità insiste la memoria dell’eroe stesso alla strofa 13 («mobili», «lampo», «onda», «concitato», «celere»). L’esilio a S. Elena ripropone invece il tema dell’immobilità («ozio», «cadde la stanca man», «tacito morir di un giorno inerte»).
L’ultima parte. III. Nell’ultima parte il contrasto passato / presente, vastità spaziale / breve sponda, dinamismo / immobilità, che nell’animo dell’eroe diviene insostenibile («a tanto strazio | cadde lo spirto anelo»), viene superato attraverso l’ingresso di una nuova dimensione, fuori del tempo e dello spazio: l’eternità («più spirabil aere», «campi eterni»). In questa prospettiva viene ripresa e sviluppata l’altra grande opposizione, che era proposta sin dalle prime strofe: gloria / negatività dell’azione.
La gloria per tutta l’ode era presentata sistematicamente attraverso le metafore della luce e del rumore: «folgorante», «raggio», «fulmine», «rai fulminei», «lampo dei manipoli», «di mille voci al sonito», il «concitato imperio»; ora la gloria si annulla nel silenzio e nelle tenebre; il «premio ch’era follia sperar» è annullato dal «premio eterno», che supera ogni desiderio umano. I versi conclusivi ripropongono ancora una volta l’opposizione dinamismo / immobilità («il Dio che atterra e suscita ... accanto a lui posò»). Ma, nella nuova dimensione dell’eterno, l’immobilità non è più sconfitta e tormento: si rovescia di senso e diviene conquista della pace nel perdono divino.
Il tema di fondo della lirica. Nelle opposizioni che reggono la struttura dell’ode, dinamismo / immobilità, luce e rumore della gloria / silenzio e tenebra, si può scorgere tradotto in immagini il tema di fondo, la meditazione sull’azione dei grandi uomini nella storia. La vita di Napoleone fu intensa e tumultuosa, soggetta a rapide trasformazioni e a sua volta causa di grandi e rapidi sconvolgimenti (tema del dinamismo); ma fu positiva? La prospettiva di Manzoni è pessimistica: agire nella storia, alla ricerca della grandezza, vuoi dire provocare distruzioni, sofferenze, morte; vuoi dire raccogliere odi e oltraggi, per poi finire nell’inazione, nel tormentoso confronto tra passato glorioso e presente oscuro, nella solitudine, nella morte (tema dell’immobilità). L’azione degli eroi nella storia è svalutata nella prospettiva dell’eterno: la morte mette di fronte al vero significato dell’esistenza.
Questa svalutazione dell’azione dei grandi che si riscontra nell’ode è vicina al pessimismo di Adelchi morente («Gran segreto è la vita, e nol comprende | che l’ora estrema»; «godi che re non sei, godi che chiusa | all’oprar t’è ogni via»). Si può misurare qui la distanza tra la prospettiva cristiana di Manzoni e la prospettiva classica e paganeggiante di Foscolo, il suo culto degli eroi, l’affermazione dell’eternità della fama. Ciò non vuol dire che Manzoni neghi la possibilità di agire nella storia e l’eroismo di individui eccezionali: lo dimostrano, nel romanzo, personaggi come Cristoforo, Federigo, l’innominato convertito. Però si tratta di figure eroiche del tutto diverse. Secondo la nozione manzoniana dell’eroico, gli individui eccezionali devono legittimare la loro superiorità ponendola al servizio degli altri uomini, alleviando miserie e afflizioni e combattendo ingiustizie e soprusi.
I. preambolo: la morte di Napoleone, l’atteggiamento del poeta di fronte all’evento (strofe 1-4);
II. rievocazione della vicenda di Napoleone; a sua volta essa è divisa in due parti: a) le imprese vittoriose (strofe 5-9); b) la sconfitta e l’esilio, la disperazione dell’eroe (strofe 10-14);
III. conclusione: il soccorso della fede, il trionfo dell’eterno sulla gloria terrena (strofe 15-18).
Il preambolo. Vediamo ora il sistema di opposizioni, che si costruisce all’interno di questa successione:
I. Nelle quattro strofe del preambolo emergono subito due opposizioni fondamentali:
l) immobilità / rapidità dell’alternarsi di vicende. L’immobilità della salma (v. l) si oppone alla «vece assidua» delle azioni del grande uomo, alla rapida successione di caduta, rivincita e sconfitta definitiva («cadde, risorse e giacque»);
2) la grandezza e la gloria si oppongono alla negatività dell’azione: «tanto spiro», «folgorante», «tanto raggio», ma anche «cruenta polve»: il grande uomo ha seminato con le sue guerre distruzione, sofferenze e morte. Le due opposizioni saranno riprese e sviluppate successivamente.
La parte centrale. II. La parte centrale dell’ode, in cui viene rievocata per scorci la vicenda dell’eroe, si articola innanzi tutto su un’opposizione spaziale: lo spazio geografico amplissimo in cui si manifesta il genio militare di Napoleone («Dall’Alpi alle Piramidi») / la «breve sponda» dell’isola in cui finisce esule; poi su un’opposizione temporale: il passato glorioso contro il presente misero dell’esilio. L’opposizione temporale è molto articolata nel suo distribuirsi sull’asse sintagmatico: strofe 5-9, il passato; strofe 10-13, il presente. Ma, all’interno del presente, si apre anche la prospettiva del futuro (Napoleone cerca di rivolgersi ai posteri con le sue memorie), poi di nuovo quella del passato, rievocato dalla memoria dell’eroe: il «sovvenir» dei «dì che furono» che assale l’esule (strofa 13).
L’opposizione passato / presente ripropone al suo interno, sviluppandola al massimo, l’opposizione che già si offriva nella prima parte, rapidità dinamica / immobilità. Tutta la rievocazione delle imprese di Napoleone insiste sulla rapidità fulminea degli spostamenti («fulmine», «baleno», «scoppiò»), sulla dinamicità delle azioni e sulla rapidità delle trasformazioni (il «gran disegno», il servire «pensando al regno», il raggiungere la meta che era «follia» sperare, il pericolo e poi la gloria, la fuga e la vittoria, la reggia e l’esilio, la polvere e l’altare; ancor più sulla rapidità insiste la memoria dell’eroe stesso alla strofa 13 («mobili», «lampo», «onda», «concitato», «celere»). L’esilio a S. Elena ripropone invece il tema dell’immobilità («ozio», «cadde la stanca man», «tacito morir di un giorno inerte»).
L’ultima parte. III. Nell’ultima parte il contrasto passato / presente, vastità spaziale / breve sponda, dinamismo / immobilità, che nell’animo dell’eroe diviene insostenibile («a tanto strazio | cadde lo spirto anelo»), viene superato attraverso l’ingresso di una nuova dimensione, fuori del tempo e dello spazio: l’eternità («più spirabil aere», «campi eterni»). In questa prospettiva viene ripresa e sviluppata l’altra grande opposizione, che era proposta sin dalle prime strofe: gloria / negatività dell’azione.
La gloria per tutta l’ode era presentata sistematicamente attraverso le metafore della luce e del rumore: «folgorante», «raggio», «fulmine», «rai fulminei», «lampo dei manipoli», «di mille voci al sonito», il «concitato imperio»; ora la gloria si annulla nel silenzio e nelle tenebre; il «premio ch’era follia sperar» è annullato dal «premio eterno», che supera ogni desiderio umano. I versi conclusivi ripropongono ancora una volta l’opposizione dinamismo / immobilità («il Dio che atterra e suscita ... accanto a lui posò»). Ma, nella nuova dimensione dell’eterno, l’immobilità non è più sconfitta e tormento: si rovescia di senso e diviene conquista della pace nel perdono divino.
Il tema di fondo della lirica. Nelle opposizioni che reggono la struttura dell’ode, dinamismo / immobilità, luce e rumore della gloria / silenzio e tenebra, si può scorgere tradotto in immagini il tema di fondo, la meditazione sull’azione dei grandi uomini nella storia. La vita di Napoleone fu intensa e tumultuosa, soggetta a rapide trasformazioni e a sua volta causa di grandi e rapidi sconvolgimenti (tema del dinamismo); ma fu positiva? La prospettiva di Manzoni è pessimistica: agire nella storia, alla ricerca della grandezza, vuoi dire provocare distruzioni, sofferenze, morte; vuoi dire raccogliere odi e oltraggi, per poi finire nell’inazione, nel tormentoso confronto tra passato glorioso e presente oscuro, nella solitudine, nella morte (tema dell’immobilità). L’azione degli eroi nella storia è svalutata nella prospettiva dell’eterno: la morte mette di fronte al vero significato dell’esistenza.
Questa svalutazione dell’azione dei grandi che si riscontra nell’ode è vicina al pessimismo di Adelchi morente («Gran segreto è la vita, e nol comprende | che l’ora estrema»; «godi che re non sei, godi che chiusa | all’oprar t’è ogni via»). Si può misurare qui la distanza tra la prospettiva cristiana di Manzoni e la prospettiva classica e paganeggiante di Foscolo, il suo culto degli eroi, l’affermazione dell’eternità della fama. Ciò non vuol dire che Manzoni neghi la possibilità di agire nella storia e l’eroismo di individui eccezionali: lo dimostrano, nel romanzo, personaggi come Cristoforo, Federigo, l’innominato convertito. Però si tratta di figure eroiche del tutto diverse. Secondo la nozione manzoniana dell’eroico, gli individui eccezionali devono legittimare la loro superiorità ponendola al servizio degli altri uomini, alleviando miserie e afflizioni e combattendo ingiustizie e soprusi.
Postato il 3 ottobre 2015
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