Impariamo a fare pulizia contro le notizie inventate per seminare odio
di Gigio Rancilio
Un tempo i giornali che facevano cattiva informazione venivano tenuti ai margini. Oggi sul web sembra quasi non ci sia più distinzione. Apparentemente vale tutto, valgono tutti. Il primo che arriva o che urla più forte «vince». Se poi diamo retta alla media dei commenti che circolano sui social network, non solo non si salva quasi nessuna testata giornalistica ma "la verità" sembra il più delle volte albergare solo e soltanto nel mondo digitale.
Non ci interessa però addentrarci in una sorta di sfida tra informazione tradizionale e digitale, ma provare – per una volta – ad affrontare il tema della qualità dell’informazione in maniera diversa. Nessun direttore marketing e nessun stratega del web probabilmente approverebbe. Per entrambi, il lettore – tradizionale o digitale – va sempre blandito. Invece, se sul web e sui social network l’informazione di qualità fatica sempre più a trovare spazio, sommersa da tante sciocchezze e da molte bufale, la colpa – caro lettore – è anche tua. Magari non tua, ma del tuo vicino, di un tuo amico o un di un tuo parente.
Lo dicono i numeri: il 45% di chi frequenta i social non sa cosa commenta o commenta senza leggere il post col quale sta interagendo, mentre il 47% degli italiani legge la realtà che lo circonda soltanto in base alla propria esperienza o a quella di un amico. In pratica, il mondo è «solo» ciò che percepisce e pazienza se c’entra soltanto in minima parte con la realtà. Lo so che può suonare un po’ offensivo e per questo chiedo in anticipo scusa, ma se i social sono intasati di bugie e di violenza la colpa è anche tua, mia, nostra. Di chi commenta con leggerezza pseudo notizie senza verificarle e di chi magari condivide articoli falsi, creati ad arte per generare odio. Forse non lo sapete, ma in Rete ci sono centinaia di siti e pagine Facebook costruiti ad hoc per seminare odio con notizie false.
E lo fanno non a fini "politici" (cosa di cui già ci sarebbe molto poco di cui vantarsi) ma per guadagnare soldi. Un esercito dell’odio a fini commerciali – e per questo ancor più cinico e senza scrupoli – che però esiste (scusa, se te lo ricordo) solo e soltanto perché qualcuno di noi o molto vicino a noi lo rende di successo, leggendo e condividendo le falsità che pubblica. Qualche giorno fa uno di questi untori moderni che seminavano la peste sul web è stato arrestato. E ha ammesso candidamente di avere inventato decine di notizie false che accusavano gli immigrati di centinaia di nefandezze per fare soldi. Già, ma chi ha cliccato su quelle notizie o le ha diffuse senza il minimo dubbio, rendendosi in qualche modo complice, perché l’ha fatto? Probabilmente non lo sapremo mai. Ma le statistiche ci dicono che ognuno di noi conosce qualcuno che l’ha fatto sul proprio profilo Facebook. In giro purtroppo, stando alla sola Italia, sono ancora attivi moltissimi siti e pagine così.
Senza contare quegli utenti che intervengono su web e social per offendere e scatenare odio, colpendo chiunque con frasi e parole irripetibili e inaccettabili. I guru del web tollerano queste figure perché, continuando ad attaccare tutti a testa bassa sulla Rete, «fanno traffico». Ma le persone per bene hanno il dovere di emarginarle. Abbassare i toni e fare un po’ di pulizia serve a tutti. In primis ai lettori dotati di coscienza.
Non ci interessa però addentrarci in una sorta di sfida tra informazione tradizionale e digitale, ma provare – per una volta – ad affrontare il tema della qualità dell’informazione in maniera diversa. Nessun direttore marketing e nessun stratega del web probabilmente approverebbe. Per entrambi, il lettore – tradizionale o digitale – va sempre blandito. Invece, se sul web e sui social network l’informazione di qualità fatica sempre più a trovare spazio, sommersa da tante sciocchezze e da molte bufale, la colpa – caro lettore – è anche tua. Magari non tua, ma del tuo vicino, di un tuo amico o un di un tuo parente.
Lo dicono i numeri: il 45% di chi frequenta i social non sa cosa commenta o commenta senza leggere il post col quale sta interagendo, mentre il 47% degli italiani legge la realtà che lo circonda soltanto in base alla propria esperienza o a quella di un amico. In pratica, il mondo è «solo» ciò che percepisce e pazienza se c’entra soltanto in minima parte con la realtà. Lo so che può suonare un po’ offensivo e per questo chiedo in anticipo scusa, ma se i social sono intasati di bugie e di violenza la colpa è anche tua, mia, nostra. Di chi commenta con leggerezza pseudo notizie senza verificarle e di chi magari condivide articoli falsi, creati ad arte per generare odio. Forse non lo sapete, ma in Rete ci sono centinaia di siti e pagine Facebook costruiti ad hoc per seminare odio con notizie false.
E lo fanno non a fini "politici" (cosa di cui già ci sarebbe molto poco di cui vantarsi) ma per guadagnare soldi. Un esercito dell’odio a fini commerciali – e per questo ancor più cinico e senza scrupoli – che però esiste (scusa, se te lo ricordo) solo e soltanto perché qualcuno di noi o molto vicino a noi lo rende di successo, leggendo e condividendo le falsità che pubblica. Qualche giorno fa uno di questi untori moderni che seminavano la peste sul web è stato arrestato. E ha ammesso candidamente di avere inventato decine di notizie false che accusavano gli immigrati di centinaia di nefandezze per fare soldi. Già, ma chi ha cliccato su quelle notizie o le ha diffuse senza il minimo dubbio, rendendosi in qualche modo complice, perché l’ha fatto? Probabilmente non lo sapremo mai. Ma le statistiche ci dicono che ognuno di noi conosce qualcuno che l’ha fatto sul proprio profilo Facebook. In giro purtroppo, stando alla sola Italia, sono ancora attivi moltissimi siti e pagine così.
Senza contare quegli utenti che intervengono su web e social per offendere e scatenare odio, colpendo chiunque con frasi e parole irripetibili e inaccettabili. I guru del web tollerano queste figure perché, continuando ad attaccare tutti a testa bassa sulla Rete, «fanno traffico». Ma le persone per bene hanno il dovere di emarginarle. Abbassare i toni e fare un po’ di pulizia serve a tutti. In primis ai lettori dotati di coscienza.
«Avvenire» del 10 settembre 2015
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