Un brano tratto da Suite francese (Adelphi, p. 341)
di Irène Némirovsky
Lucile pensò che l'idea di quella nuova guerra li riempiva, visibilmente, di tristezza, ma proibì a se stessa di approfondire troppo i loro sentimenti: non voleva cogliere sull'onda dell'emozione qualche sprazzo di ciò che si sarebbe potuto chiamare «il morale del combattente». Era quasi un lavoro da spia, e lei si sarebbe vergognata di compierlo. Del resto, adesso li conosceva abbastanza per sapere che si sarebbero comunque battuti bene! ... Insomma, disse fra sé, c'è un abisso fra il giovane che vedo qui e il guerriero di domani. E' risaputo che l'essere umano è complesso, molteplice, diviso, misterioso, ma ci vogliono le guerre o i grandi rivolgimenti per constatarlo. E lo spettacolo più appassionante e più terribile, pensò ancora; il più terribile perché è il più vero: non ci si può illudere di conoscere il mare senza averlo visto nella tempesta come nella bonaccia. Solo chi ha osservato gli uomini e le donne in un periodo come questo può dire di conoscerli - e di conoscere se stesso.
Postato il 28 settembre 2014
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