di Fiorenzo Facchini
Potrà mai esserci un accordo su Charles Darwin? Temo proprio di no. Ma legare le difficoltà alla dottrina della creazione è un cattivo servizio alla scienza e alla religione. È la riflessione che mi viene da fare in margine alla polemica di questi giorni su un convegno svoltosi nel febbraio di questo anno organizzato dal vicepresidente del Cnr Roberto De Mattei, di cui sono usciti gli atti qualche mese fa e contro cui si è scagliata la rivista « Micromega » . Come ha osservato ieri sul « Corriere » Marco Ferraguti, la vita sulla Terra ha una sua storia.
Personalmente ritengo che in questa storia gli eventi della natura si intreccino con una volontà del Creatore che opera attraverso le cause seconde (i fattori della natura), senza dover pensare a interventi continui o intermittenti. Dio non fa le cose, ma fa in modo che si facciano, diceva Teilhard de Chardin. La teoria di Darwin, il darwinismo e la teoria della evoluzione non sono la stessa cosa.
Confonderle non giova a nessuno. La teoria evolutiva non appartiene al genere dei miti, ma è sostenuta da buoni argomenti e in armonia con i dati di varie branche della scienza, come riconobbe Giovanni Paolo II. La spiegazione suggerita da Darwin, che può considerarsi dimostrata a livello microevolutivo, viene messa in discussione da alcuni scienziati se estesa a tutto il processo evolutivo. Avrebbe bisogno di integrazioni, come risulterebbe da ricerche in corso sulla biologia evolutiva e dello sviluppo. Ma queste possibili integrazioni dovrebbero avvenire in sede scientifica, non facendo appello alla creazione. Il darwinismo non è intoccabile, ma se lo si critica occorre farlo con argomenti seri. C’è chi ritiene inconciliabile il darwinismo con la fede cristiana. A questo proposito va ricordato che il darwinismo come teoria evolutiva non obbliga all’ateismo. Sono certe estensioni della visione darwiniana ( come l’esclusione della creazione o di un finalismo o dell’anima nell’uomo) che non sono conciliabili con la visione cristiana. Di per sé il darwinismo non implica una posizione metafisica materialista. Così riconosce Francisco Ayala e con lui quei sostenitori della evoluzione darwiniana che continuano a credere in Dio. La dottrina della creazione ( sarebbe il caso di smettere di parlare di creazionismo, una espressione che nell’attuale circostanza storica finisce per svilire la dottrina della creazione) non ha bisogno di sostenitori che si basino su lacune o insufficienze della teoria evolutiva. L’equivoco di un’alternativa tra evoluzione e creazione tarda a tramontare.
Ma va anche detto che parlare di creazione in un quadro evoluzionistico non rappresenta un’interferenza, come talvolta viene affermato, ma un allargamento della conoscenze nella ricerca della verità delle cose.
Personalmente ritengo che in questa storia gli eventi della natura si intreccino con una volontà del Creatore che opera attraverso le cause seconde (i fattori della natura), senza dover pensare a interventi continui o intermittenti. Dio non fa le cose, ma fa in modo che si facciano, diceva Teilhard de Chardin. La teoria di Darwin, il darwinismo e la teoria della evoluzione non sono la stessa cosa.
Confonderle non giova a nessuno. La teoria evolutiva non appartiene al genere dei miti, ma è sostenuta da buoni argomenti e in armonia con i dati di varie branche della scienza, come riconobbe Giovanni Paolo II. La spiegazione suggerita da Darwin, che può considerarsi dimostrata a livello microevolutivo, viene messa in discussione da alcuni scienziati se estesa a tutto il processo evolutivo. Avrebbe bisogno di integrazioni, come risulterebbe da ricerche in corso sulla biologia evolutiva e dello sviluppo. Ma queste possibili integrazioni dovrebbero avvenire in sede scientifica, non facendo appello alla creazione. Il darwinismo non è intoccabile, ma se lo si critica occorre farlo con argomenti seri. C’è chi ritiene inconciliabile il darwinismo con la fede cristiana. A questo proposito va ricordato che il darwinismo come teoria evolutiva non obbliga all’ateismo. Sono certe estensioni della visione darwiniana ( come l’esclusione della creazione o di un finalismo o dell’anima nell’uomo) che non sono conciliabili con la visione cristiana. Di per sé il darwinismo non implica una posizione metafisica materialista. Così riconosce Francisco Ayala e con lui quei sostenitori della evoluzione darwiniana che continuano a credere in Dio. La dottrina della creazione ( sarebbe il caso di smettere di parlare di creazionismo, una espressione che nell’attuale circostanza storica finisce per svilire la dottrina della creazione) non ha bisogno di sostenitori che si basino su lacune o insufficienze della teoria evolutiva. L’equivoco di un’alternativa tra evoluzione e creazione tarda a tramontare.
Ma va anche detto che parlare di creazione in un quadro evoluzionistico non rappresenta un’interferenza, come talvolta viene affermato, ma un allargamento della conoscenze nella ricerca della verità delle cose.
«Avvenire» del 2 dicembre 2009
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