30 luglio 2007

Romanzo: in Europa non è finito

Di recente si è aperto il dibattito: nel Vecchio Continente la scrittura è in stallo Ecco qui una mappa non solo degli autori di best seller, ma di tutti coloro che riescono ad interpretare le varie contraddizioni del nostro tempo ormai senza ideali. Sono molto più di quanti se ne possano ricordare a memoria
di Fulvio Panzeri
Non mancano grandi narratori nei Paesi latini e in Gran Bretagna. Dopo il fallimento delle ideologie, le trame puntano su identità europea e ritorno all'impegno etico
Sulle ceneri dei regimi comunisti, l’Est si afferma come fucina di talenti: l’Ungheria è la più prolifica. Così la Turchia nonostante il nazionalismo. E capolavori arrivano dagli Stati dell’ex Urss
A partire da un intervento di Milan Kundera sui grandi personaggi del romanzo europeo, è seguita una provocazione fine a se stessa di Alessandro Piperno, sul Corriere della sera, nello scorso giugno. Solo invettive, perché la realtà è ben altra. Allora andiamo a vedere se la «scrittura europea» oggi appartiene veramente al cosiddetto «pensiero debole». Basta un viaggio virtuale sulla cartina della nuova Europa a contraddire il pour parler di Piperno. Noi ci abbiamo provato e la realtà, conti e libri alla mano, è ben diversa. Non solo il romanzo europeo gode oggi di buona salute, ma gli scrittori europei, quelli che "contano" e quelli che sanno interpretare le ansie e le contraddizioni di un'epoca come la nostra frastagliata tra il mito dell'uomo ridicolo e quello della nevrosi da mancanza di ideali, sono molto di più di quanti si possano ricordare a memoria. Ecco quindi una mappa ideale in cui indichiamo, non tanto gli autori di best-seller, ma gli scrittori che per intensità e forza del loro percorso, sono emblematici della realtà del loro paese e anche di una ideale identità europea.

NEOLATINI ALLA RISCOSSA
La letteratura francese soffre degli stessi "disturbi" di quella italiana e non è un caso che ai francesi piacciono proprio quei librini ben ricamati, un po' massimalisti sulla sentimentalità, come nel caso della sopravvalutatissima Milena Agus con Mal di pietre. La maggior parte dei narratori francesi non va al di là del contingente quotidiano, con storie deboli per troppa leggerezza espressiva. In Italia invece si è diventati più massimalisti e si è scoperta la letteratura di consumo, una riabilitazione avvenuta negli anni Ottanta, dopo Il nome della rosa di Eco e che via via ha confuso i piani tra letteratura alta e letteratura di genere. Così nonostante tutti gli scrittori si dedichino al giallo non è ancora emerso, non diciamo un Simenon, ma anche un più modesto, ma già alto come punto di riferimento, Giorgio Scerbanenco.
I migliori narratori in Ita lia? Potremmo indicare Raffaele La Capria, Alberto Arbasino e Claudio Magris. oltre a uno scrittore che ha esordito negli anni '80, Eraldo Affinati, che ha riletto con emblematici viaggi le tragiche vicende dell'Europa del '900.
E anche in Francia ci sono grandi scrittori: Michel Tournier, che racconta tra metafora e alchimia, un viaggio tra gli archetipi del suo paese e due nomi, che si stanno consolidando: Eric-Emmanuel Schmitt che sa fare della leggerezza uno scacco al destino e basti la sua ultima raccolta di racconti a decretarne la grandezza e un autore non ancora tradotto in Italia, già caso letterario in Francia, Jonathan Littell, autore di un romanzo di 900 pagine, una riflessione terribile sul mistero del male, attraverso la figura immaginaria di un aguzzino delle SS.
Se continuiamo il nostro viaggio oltre i Pirenei, in Spagna anche qui troviamo almeno tre fuoriclasse, con Juan Goytisolo e la sua melanconica forza morale nell'affrontare i grandi temi dell'esistenza; Juan Marsé, come dimostra anche con l'ultimo romanzo tradotto in Italia, Adiós muchachos (Frassinelli), censurato dalla dittatura franchista, una storia corale sulla guerra civile che si regge sulla forza di un mondo salvato dai ragazzini; e le perfette macchine narrative di Javier Marias, in grado di mettere a nudo, attraverso personaggi forti, i temi dell'attualità europea.

ANDANDO VERSO NORD
L'Inghilterra ha trovato le sue voci più potenti, in Ian McEwan, le cui storie riflettono umori in bilico tra certezza e fragilità interiore e in Salman Rushdie, lo scrittore anglo-indiano che ha saputo mettere in luce punti di incontro e contraddizioni tra le realtà occidentali e orientali. Per quanto riguarda l'Irlanda non ci sono dubbi: i migliori narratori di oggi sono William Trevor, con la sua desueta e cechoviana ricerca di una dimensione del tempo naturale delle anime, e John Banville, un narratore capace di affondare nel mistero delle coscienze dei suoi personaggi, scoprendone bellezze e meschinità. Basti pensare a Il mare, il suo ultimo straordinario romanzo tradotto da Guanda.
Di identità europea, di contraddizioni e di riflessioni morali sono anche fortemente intrisi i romanzi del grande scrittore olandese Cees Nooteboom. Perfetta narratrice di un enigma chiamato vita, interrogato continuamente dalle sue figure femminili di grande e vibrante spessore è anche un'altra scrittrice olandese, Hella Haasse, autori entrambi tradotti in Italia da Iperborea che ha anche scandagliato il ricco e complesso mondo della letteratura scandinava. Anche qui grandi scrittori non mancano e grandi personaggi che incrociano i destini con un senso perduto dell'identità. Due grandi autori svedesi che si muovono su questa sono Torgny Lindgren e Lars Gustafsson, senza dimenticare Per Olov Enquist, una delle grandi «coscienze critiche» della società scandinava.
La Germania, come l'Italia, sta ancora cercando i propri nuovi «grandi» autori di riferimento, quelli che potrebbero prendere il posto di un sempre più chiacchierato Günther Grass. Un nome si potrebbe fare anche in questo caso: quello di Ingo Schulze, che lo stesso Grass ha definito «uno scrittore epico» e di cui Feltrinelli pubblicherà, a fine agosto, il suo romanzo più importante, Vite nuove, il ritratto definitivo del cambio epocale avvenuto con la caduta del Muro di Berlino. Sempre nell'area di lingua tedesca dalla Svizzera abbiamo un narratore che non è un romanziere, ma il cui sarcasmo e la cui ironica diffidenza, sono una cifra stilistica assai originale: Peter Bichsel e uno scrittore che guarda al disorientamento in una chiave meno grottesca di quella di Dürrenmatt, ma decisamente incisiva: Hugo Loetcher. In Austria invece, nonostante le sue discusse posizioni politiche sui crimini della Serbia, è ancora forte l'impronta di Peter Handke, la sua meditazione sul tempo, sul mondo e sulla storia, sul destino di una metaforica dimensione di «fuga da fermo».

LE FRONTIERE: L'EST E LA TURCHIA
Se la Polonia ha recentemente perso una delle voci più autorevoli, un giornalista che ha fatto della cronaca della realtà, un grande romanzo sulle temperie delle zone di guerra, come Ryszard Kapuscinski e la Repubblica Ceca può ancora contare sull'intelligenza di Milan Kundera, seppure da decenni emigrato a Parigi, il nuovo dai paesi dell'Est viene soprattutto, dopo la caduta del muro di Berlino, dall'Ungheria. È il paese da dove è fuggita, negli anni del regime comunista, la grande Agota Kristof, che ora vive in Svizzera, autrice di un capolavoro qual è la Trilogia della città di K. Ungheresi sono Imre Kertesz, premio Nobel per la letteratura, interprete della condizione d'esilio del Novecento, prima da sopravvissuto all'Olocausto e poi alla dittatura comunista, e Peter Esterhazy, di un'altra generazione, coscienza critica dell'Ungheria di oggi, nella sua monumentale ricostruzione di un passato e delle sue terribili verità. Dall'Albania se n'è andato in Francia anche Ismail Kadarè, grandissimo autore che mette in gioco lo straniamento del potere e il tradimento delle radici culturali ed etniche della sua terra.
Se tace la Grecia, la Turchia, proprio in ragione delle molte contraddizioni interne e ancorata ad una censura che vuole difendere le ragioni di un presunto nazionalismo, ci ha dato due narratori di tutto rispetto, Yashar Kemal, con l'epico incedere dei suoi contadini nelle pianure dell'Anatolia, in una dimensione quasi biblica, e Orhan Pamuk, il più recente premio Nobel per la letteratura, che ha fatto attraversare la sua Istanbul da personaggi memorabili, in una sorta di labirintico viaggio alla ricerca delle verità nascoste.
E risalendo verso la grande Russia, dopo la grande stagione del romanzo ottocentesco, dopo Nabokov e la Berberova, dopo la perestrojka e la rinascita di una nuova letteratura, anche qui troviamo scrittori di altissimo calibro. Su tutti Sasha Sokolov, tradotto solo quest'anno in italiano da Ponte alle Grazie con lo straordinario La scuola degl i sciocchi, dove il personaggio è solo una voce e un viaggio nell'immaginario di una testa che vede il mondo a modo suo. E tra i tanti «nuovi» scrittori, azzardiamo il nome di una scrittrice, che ci racconta i suoi contradditori universi femminili, Ljudmila Ulickaja, tradotta in italiano da Frassinelli. E anche dalle province dell'ex-Unione Sovietica, dalla Kirghisia, ad esempio, arrivano capolavori. È il caso de Il battello bianco di Tschingis Aitmatov, ministro di Gorbaciov dopo la perestrojka, ambasciatore del suo paese in molti stati europei. Nei suoi romanzi, pieni di nostalgia, lirismo e passionalità, il destino degli uomini si misura con i contrasti fra tradizione e progresso, pregiudizio e libertà, bellezza e degrado.
Il romanzo europeo non è morto, anzi ha molte forme e variegate voci, ma soprattutto ha ancora la forza di imporre una misura tra verità e moralità.
«Avvenire» del 22 luglio 2007

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