Intervista
di Roberto I. Zanini
La scuola, oggi più che mai «è la principale palestra dello scrivere in modo chiaro e argomentato. Una palestra delicatissima, in cui bisogna esercitarsi con sistematicità dalle elementari alle superiori». Ne è convinto Luca Serianni, docente di Storia della lingua italiana alla Sapienza e uno dei linguisti italiani più conosciuti anche a livello internazionale. «E se la scuola ha bisogno di modelli sui quali esercitarsi alla scrittura bella ed efficace, questi sono forniti dai testi giornalistici, in particolare gli editoriali». Sulla base di questa convinzione Serianni ha recentemente pubblicato per Laterza un interessante volume Leggere, scrivere, argomentare (pag. 192, euro 15) con l’obiettivo di fornire idee e suggerimenti innovativi per imparare il metodo e la logica della scrittura, «non solo per scrivere bene, ma anche per interpretare e comprendere un testo complesso».
Quali sono i più comuni problemi linguistici per i ragazzi, oggi?«A grandi linee si può dire che la comprensione di un testo scritto complesso è più ridotta nei giovani di oggi. La confidenza con internet favorisce una forte rapidità di lettura, ma quando ci si trova di fronte a un testo complesso e argomentato la conseguenza può essere il non capirlo».
Su cosa deve puntare di più la scuola di oggi per rendere i giovani capaci di scrivere e comprendere questo tipo di testi?
«Ci sono elementi particolarmente trascurati nell’insegnamento e quindi nel modo di scrivere comune. Il primo è certamente il lessico, che va arricchito anche attraverso gli esercizi che ho appena proposto. Poi la punteggiatura che è tradizionalmente debole nei giovani. Eppure è questione strategica nello scrivere, perché una buona punteggiatura gerarchizza le informazioni, le rafforza nel contesto e consente di formulare ragionamenti saldamenti scritti. In quest’ottica bisogna saper utilizzare anche i cosiddetti segni di pausa intermedi, cioè il punto e virgola e i due punti».
In che contesti si trovano le scritture peggiori?
«Il peggio si trova in quelle che chiamo le scritture acerbe, cioè di giovani e di adulti che non hanno maturato esperienza sufficiente, che non si esercitano sistematicamente. Per fare un esempio si può pensare ai verbali delle sedute di condominio o di certi incontri più o meno pubblici, a certe circolari burocratiche».
E il linguaggio giuridico?
«Diciamo che i caposaldi del diritto sono solitamente ottimi testi, ma più ci si allontana dai testi fondamentali e più ci si avvicina alle norme e ai regolamenti, più la scrittura peggiora, perde di chiarezza, rischia l’incomprensibilità».
E la lingua della tv?
«La lingua parlata ha altre leggi. Tutti noi nel registro colloquiale parliamo male e ci sono sufficienti non più di 2000 parole. Certo se in tv ci fosse maggiore attenzione... Ma non sopravvalutiamola da questo punto di vista: i giovani la guardano sempre meno».
Ma sono sempre su internet.
«Internet ha un suo modello proprio di lingua. Ma bisogna sempre pensare che i giovani hanno gli strumenti per non esserne condizionati. Ma, ripeto, anche in quest’ottica la scuola è la vera palestra di scrittura. Una palestra che ha nei giornali degli ottimi alleati. Anzi, direi che gli articoli di giornale sono i migliori strumenti di insegnamento».
Perché testi giornalistici e non letterari?
«Il motivo essenziale è che quello giornalistico può essere considerato oggi un buon modello di scrittura, per la capacità di centrare le problematiche che si vogliono esporre e fornire le chiavi di lettura per interpretarle».
E i testi letterari?
«Ho deciso di non utilizzarli perché ritengo che non debbano essere oggetto di esercizi di linguistica. Per sua natura il testo letterario è plurivoco, cioè ha più livelli di lettura interpretativa e un utilizzo di questo genere un po’ li svilisce. Penso che la letteratura debba essere lasciata al piacere della lettura in senso stretto».
Ma qual è lo scopo del suo libro?
«È di fornire un modello operativo e di esercitazione agli insegnanti, in particolare quelli delle superiori, per far comprendere come funziona un testo argomentativo, come si sviluppa nel ragionamento secondo gli obiettivi che si propone chi lo scrive».
Un vero e proprio manuale.
«Un po’ atipico, ma è un manuale, che partendo da testi largamente commentati ne propone lo smontaggio e il rimontaggio. Anche attraverso esercizi che risultano efficaci anche nel suscitare la curiosità degli studenti. Veri e propri esercizi tassonomici, cioè di collocazione e di comprensione della parola nel contesto, che ricordano un po’ anche l’enigmistica».
Può fare qualche esempio?
«Un tipo di esercizio è quello noto con la parola inglese cloze. Consiste nel cancellare una parola da un testo e chiedere a chi svolge l’esercizio di riempire lo spazio vuoto, liberamente o all’interno di una griglia. Un altro è quello di sostituire una parola di un testo e chiedere di individuarla. Un altro ancora è partire da una definizione e chiedere di individuare la parola pertinente».
Li ha sperimentati come efficaci?
«Ho illustrato questo metodo e i numerosi esercizi relativi in vari incontri con docenti e ho trovato grande interesse, soprattutto da parte degli insegnanti delle superiori. Allo stesso tempo si tratta di esercizi che nascono dalla mia esperienza universitaria».
Cosa si pensa di ottenere dagli studenti con simili esercizi?
«C’è senza dubbio, come ho detto, lo scopo linguistico della comprensione e della scrittura di testi complessi. Ma utilizzando testi giornalistici di stretta attualità si realizza anche lo scopo non secondario di aprire la scuola a temi di vario interesse e indispensabili a instillare la curiosità sul nostro stare al mondo nella società contemporanea».
Quali sono i più comuni problemi linguistici per i ragazzi, oggi?«A grandi linee si può dire che la comprensione di un testo scritto complesso è più ridotta nei giovani di oggi. La confidenza con internet favorisce una forte rapidità di lettura, ma quando ci si trova di fronte a un testo complesso e argomentato la conseguenza può essere il non capirlo».
Su cosa deve puntare di più la scuola di oggi per rendere i giovani capaci di scrivere e comprendere questo tipo di testi?
«Ci sono elementi particolarmente trascurati nell’insegnamento e quindi nel modo di scrivere comune. Il primo è certamente il lessico, che va arricchito anche attraverso gli esercizi che ho appena proposto. Poi la punteggiatura che è tradizionalmente debole nei giovani. Eppure è questione strategica nello scrivere, perché una buona punteggiatura gerarchizza le informazioni, le rafforza nel contesto e consente di formulare ragionamenti saldamenti scritti. In quest’ottica bisogna saper utilizzare anche i cosiddetti segni di pausa intermedi, cioè il punto e virgola e i due punti».
In che contesti si trovano le scritture peggiori?
«Il peggio si trova in quelle che chiamo le scritture acerbe, cioè di giovani e di adulti che non hanno maturato esperienza sufficiente, che non si esercitano sistematicamente. Per fare un esempio si può pensare ai verbali delle sedute di condominio o di certi incontri più o meno pubblici, a certe circolari burocratiche».
E il linguaggio giuridico?
«Diciamo che i caposaldi del diritto sono solitamente ottimi testi, ma più ci si allontana dai testi fondamentali e più ci si avvicina alle norme e ai regolamenti, più la scrittura peggiora, perde di chiarezza, rischia l’incomprensibilità».
E la lingua della tv?
«La lingua parlata ha altre leggi. Tutti noi nel registro colloquiale parliamo male e ci sono sufficienti non più di 2000 parole. Certo se in tv ci fosse maggiore attenzione... Ma non sopravvalutiamola da questo punto di vista: i giovani la guardano sempre meno».
Ma sono sempre su internet.
«Internet ha un suo modello proprio di lingua. Ma bisogna sempre pensare che i giovani hanno gli strumenti per non esserne condizionati. Ma, ripeto, anche in quest’ottica la scuola è la vera palestra di scrittura. Una palestra che ha nei giornali degli ottimi alleati. Anzi, direi che gli articoli di giornale sono i migliori strumenti di insegnamento».
Perché testi giornalistici e non letterari?
«Il motivo essenziale è che quello giornalistico può essere considerato oggi un buon modello di scrittura, per la capacità di centrare le problematiche che si vogliono esporre e fornire le chiavi di lettura per interpretarle».
E i testi letterari?
«Ho deciso di non utilizzarli perché ritengo che non debbano essere oggetto di esercizi di linguistica. Per sua natura il testo letterario è plurivoco, cioè ha più livelli di lettura interpretativa e un utilizzo di questo genere un po’ li svilisce. Penso che la letteratura debba essere lasciata al piacere della lettura in senso stretto».
Ma qual è lo scopo del suo libro?
«È di fornire un modello operativo e di esercitazione agli insegnanti, in particolare quelli delle superiori, per far comprendere come funziona un testo argomentativo, come si sviluppa nel ragionamento secondo gli obiettivi che si propone chi lo scrive».
Un vero e proprio manuale.
«Un po’ atipico, ma è un manuale, che partendo da testi largamente commentati ne propone lo smontaggio e il rimontaggio. Anche attraverso esercizi che risultano efficaci anche nel suscitare la curiosità degli studenti. Veri e propri esercizi tassonomici, cioè di collocazione e di comprensione della parola nel contesto, che ricordano un po’ anche l’enigmistica».
Può fare qualche esempio?
«Un tipo di esercizio è quello noto con la parola inglese cloze. Consiste nel cancellare una parola da un testo e chiedere a chi svolge l’esercizio di riempire lo spazio vuoto, liberamente o all’interno di una griglia. Un altro è quello di sostituire una parola di un testo e chiedere di individuarla. Un altro ancora è partire da una definizione e chiedere di individuare la parola pertinente».
Li ha sperimentati come efficaci?
«Ho illustrato questo metodo e i numerosi esercizi relativi in vari incontri con docenti e ho trovato grande interesse, soprattutto da parte degli insegnanti delle superiori. Allo stesso tempo si tratta di esercizi che nascono dalla mia esperienza universitaria».
Cosa si pensa di ottenere dagli studenti con simili esercizi?
«C’è senza dubbio, come ho detto, lo scopo linguistico della comprensione e della scrittura di testi complessi. Ma utilizzando testi giornalistici di stretta attualità si realizza anche lo scopo non secondario di aprire la scuola a temi di vario interesse e indispensabili a instillare la curiosità sul nostro stare al mondo nella società contemporanea».
«Avvenire» del 23 maggio 2013