14 settembre 2016

Classico per tutti?

di Armando Massarenti
Il liceo classico è stato, ed è tuttora, una eccezionale palestra per il pensiero critico. È, anche, il luogo privilegiato per coltivare l’idea del carattere disinteressato della cultura. Unisce dunque, idealmente, due aspetti essenziali di una buona formazione: una chiave universale di grande utilità, e il massimo del piacere che deriva dall’esperienza della pura bellezza. Forse è per questo che gli articoli di Nicola Gardini e Guido Tonelli, un umanista e uno scienziato, pubblicati due settimane fa in difesa di questa nostra gloria nazionale, hanno raccolto un ampio consenso. In questo numero torniamo sull’argomento con diversi interventi che pure sottolineano l’unità della cultura. Ma se è vero che i saperi umanistici possono aprire la strada a vocazioni scientifiche, è anche vero che la mentalità scientifica, o i metodi mutuati da essa, sono assai produttivi per lo sviluppo delle humanities. Ne era ben consapevole Vito Volterra, il primo presidente del Cnr, di cui si parla qui a fianco, e su questa linea all’interno troverete due interventi, di Angelo Varni e di Vincenzo Fano, insieme a quello di Claudio Giunta che sottolinea - accanto agli argomenti, assai forti, ancora oggi validi per iscriversi al liceo classico - la percezione diffusa che non sia più il veicolo privilegiato per la selezione delle élite. Classe dirigente oggi lo si diventa anche per altre vie. Allora la domanda diventa: quali sono i saperi necessari oggi per farsi strada nel mondo? E se siamo tutti d’accordo che sono le capacità logiche e argomentative - il pensiero critico - gli strumenti decisivi, perché non mettere queste al centro dell’intero sistema educativo? Si dice che lo studio del latino e del greco sviluppa le capacità di ragionare, di produrre analogie e inferenze logiche. Ma è vero anche il contrario: i più bravi a tradurre lo sono perché hanno buone capacità logiche e dialettiche. Perché non partire da qui? Perché non pensare che il trionfo della classicità, negli anni a venire, non possa passare per la creazione di tanti piccoli Socrate, capaci di usare il loro sapere critico negli ambiti più diversi?
«Il Sole 24 ore» dell'11 settembre 2016

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