04 febbraio 2010

Morgan e l'elogio dell'ipocrisia

di Michele Brambilla
Ipocrisia. Tutti coloro che hanno contestato l’esclusione di Morgan da Sanremo hanno fatto ricorso a questo vocabolo-totem, uno dei più gettonati per ridurre al silenzio chiunque si azzardi a evidenziare un comportamento sbagliato (gli altri sono «moralismo» e «perbenismo»). Di «ipocrisia» ha parlato Claudia Mori. Di «ipocrisia proibizionista» i radicali Michele De Lucia e Andrea De Angelis. Di «festival dell’ipocrisia» Mario Adinolfi del Pd.
Di «trionfo dell’ipocrisia» Flavio Arzarello del PdCI. «Escludere Morgan da Sanremo è ipocrisia» è la battuta dettata alle agenzie da Adriana Poli Bortone dell’Udc. «Ipocriti» è poi l’aggettivo più presente nei commenti, quasi tutti versus esclusione, che leggiamo sui siti on line dei maggiori quotidiani italiani.
L’argomentazione di tutti costoro è semplice: si drogano tutti, nel mondo dello spettacolo e perfino in Parlamento, perché prendersela con uno dei pochissimi che ha l’onestà di ammetterlo?
Un’argomentazione dalla logica davvero stringente. Ragionando allo stesso modo, si potrebbe sostenere che, siccome quasi tutti evadono le tasse, è «ipocrisia» punire l’evasore che viene scoperto; siccome ci sono legioni di ladri, sarebbe «ipocrita» arrestare quelli che vengono beccati con le mani nel sacco; lo stesso vale per i dipendenti licenziati perché in ufficio passano più tempo a guardare i siti porno che a lavorare, e così via. Ci pare un «moralismo al contrario», per il quale è sufficiente dire urbi et orbi che si fa una cosa sbagliata per passarla liscia, anzi per guadagnarsi una medaglia.
Ma l’argomentazione appare ancora più debole, per non dire miserevole, se si tiene conto di un particolare non proprio secondario. E cioè: Morgan non ha detto solo che si droga. Ha detto che la droga fa bene. Ne ha esaltato le proprietà terapeutiche. Ecco le sue parole testuali: «Io non uso la cocaina per lo sballo, a me lo sballo non interessa. La uso come antidepressivo. Gli psichiatri mi hanno sempre prescritto medicine potenti, che mi facevano star male. Avercene invece di antidepressivi come la cocaina. Fa bene».
Se escludere da Sanremo uno che lancia al pubblico messaggi del genere è ipocrisia, viva l’ipocrisia. La quale non è una bella cosa ma, tra i comportamenti umani riprovevoli, è uno dei pochi che possono vantare anche un lato positivo della medaglia. Il lato negativo è appunto l’ostentazione di una rettitudine che non corrisponde alla propria vita. Ma quello positivo sta nel fatto, paradossale quanto volete, che nascondere le proprie malefatte vuol dire anche riconoscere che sono, appunto, malefatte. Qualcuno ieri ha scomodato il Vangelo. Ora, è vero che Gesù annuncia un destino terribile per gli ipocriti; ma dice anche che il peccato più grande è confondere: dire che il bene è male e che il male è bene. E Morgan (non sappiamo quanto consapevolmente: il personaggio induce più alla compassione che al biasimo) questo ha fatto: ha detto che un male - perché la droga è un male - è un bene. E chi accusa di ipocrisia coloro che lo hanno escluso da Sanremo fa, indirettamente, la stessa cosa.
L’ipocrisia, l’occultamento delle proprie miserie, è insomma certamente una finzione tra le più deprecabili. Ma è anche l’omaggio che il vizio rende alla virtù. Ci si nasconde perché si riconosce che, di quel che si fa, non c’è da menar vanto.
Per questo oggi facciamo qui un elogio dell’ipocrisia. Ben sapendo che ci prenderemo dei «moralisti» e ovviamente anche degli «ipocriti» da coloro che - forse, in qualche caso - parlano pure per difendere stili di vita personali. (E che però, naturalmente, si guarderebbero bene dal mandare i loro bambini su uno scuolabus guidato da un cocainomane. Ipocriti un po’ anche loro, no?).
«La Stampa» del 4 febbraio 2010

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