02 febbraio 2010

Apuleio, i cristiani e l’accusa dei laicisti del II secolo

Nel romanzo «L’asino d’oro» gli echi delle calunnie sparse nell’Impero romano contro i primi seguaci del Vangelo, confermate anche da graffiti irridenti e da cenni in Celso, Giustino e Tertulliano
di Ilaria Ramelli
È probabile che Apuleio, vissuto in Africa e a Roma al tempo di Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio, abbia conosciuto i cristiani e vi abbia anche alluso, mentre non sembra che sia mai divenuto cristiano egli stesso, come invece fu supposto da Herrmann (come ho dimostrato in I romanzi antichi e il cristianesimo, Madrid 2001, e con nuovi argomenti in 'International Conference on the Ancient Novel' 2008, in uscita a Lisbona in più volumi). Nelle aree e nel tempo in cui visse, il cristianesimo era diffuso e oggetto di discussione, ad esempio a Madaura, ove egli nacque intorno al 125, a Cartagine e ad Atene, dove studiò, a Roma, ove si recò, e nel Nord Africa, ove ritornò. Il cristianesimo era allora superstitio illicita nell’impero, ma la legislazione di Adriano favoriva i cristiani; la situazione mutò sotto Antonino Pio e peggiorò sotto Marco Aurelio, che indisse addirittura una persecuzione con ricerca d’ufficio (poi revocata, come ho mostrato in 'Aevum' 2002). Era un’epoca di diffuse accuse anticristiane e di apologie cristiane. È notevole che tra il tardo I secolo e il II secolo siano stati composti e diffusi tre romanzi (quello di Apuleio stesso, le Metamorfosi ascritte a Lucio di Patre e il Lucio o Asino attribuito a Luciano) il cui protagonista, oggetto di ironia, è un uomo­asino. Questa concentrazione di romanzi che deridono un uomo­asino in un periodo relativamente breve, senza modelli precedenti o significative riprese posteriori, coincide precisamente con il periodo in cui è documentata, da Tertulliano e da un graffito del Palatino, una delle accuse anticristiane più assurde: di adorare un uomo­asino. Derivata dall’accusa già antigiudaica di onolatria attestata nel tardo I secolo a. C. (come ho mostrato su 'Studi Romani' 2001), era viva nel II secolo contro i cristiani e dibattuta, mentre dal III svanì. La attestano Giustino intorno alla metà del II secolo, Celso al tempo di Marco Aurelio, Tertulliano a fine II secolo, Minucio Felice e un graffito sul Palatino al tempo di Tertulliano.
Questo rappresenta un uomo­asino crocifisso, con corpo umano e capo asinino, e la sua legenda, «Alessameno adora il suo Dio », rivela al di là di ogni dubbio che l’uomo-asino crocifisso è Cristo.
Un’ulteriore fonte iconografica è descritta da Tertulliano: una statua dei suoi tempi recente raffigurante un uomo asino aveva orecchie asinine, il piede sinistro ungulato, portava un libro in mano e aveva addosso una toga.
La legenda era: « Deus Christianorum onocoetes » , ' Il Dio dei cristiani è di stirpe asinina'.
Tertulliano riferisce che i cristiani risero di questa derisione ai danni loro e del loro Dio, descritto come un biforme numen (in probabile riferimento alla doppia natura di Cristo, umana e divina), e della loro dottrina, presentata come scienza asinina e dunque stoltezza. Un simile assunto è riflesso in parte in Luciano e in Galeno alla stessa epoca: apprezzavano il coraggio dei cristiani, ma tendevano a considerarli creduloni e ignoranti. Il romanzo dell’uomo- asino ascritto a Luciano, che ha questo peculiare motivo in comune con l’accusa anticristiana contemporanea di onolatria, contiene anche elementi della fabula Milesia, tipologia letteraria che nel romanzo di Petronio probabilmente include allusioni ironiche al cristianesimo. Il suo romanzo nella Historia Augusta è definito come Milesiae Punicae.
Anche Apuleio incluse il motivo dell’uomo-asino nel suo romanzo, che contiene pure elementi isiaci.
Ora, in Egitto, ove probabilmente sorse l’accusa antigiudaica di onolatria, l’asino era collegato a Tifone-Seth, il nemico di Osiride, ed era rappresentato come folle. È dunque Iside, ostile a Seth, a fare scomparire l’asino e a rendere al protagonista la sua forma umana.
Ma, a parte l’accusa di adorare un uomo-asino, è molto probabile che numerose altre accuse anticristiane dell’epoca siano riflesse nel romanzo di Apuleio.
«Avvenire» del 2 febbraio 2010

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