26 agosto 2017

Da Colombo a Franco, cancellare la memoria non cambia la storia

Noi e monumenti
di Antonio Carioti
Un incendio ha distrutto sul monte Giano la pineta piantata nel 1939 per formare la parola Dux
I monumenti sono materia delicata non in quanto tali, ma per il significato che viene loro attribuito. Ce lo ricorda l’incendio che ha danneggiato sul monte Giano, non lontano da Rieti, la pineta piantata nel 1939 in modo da formare la parola Dux, ben visibile all’orizzonte, in onore di Benito Mussolini. Quel bosco, tutelato come patrimonio paesaggistico, è considerato una semplice reliquia, alla stregua dell’obelisco dedicato a Mussolini nel Foro Italico di Roma: del resto la città di Imperia mantiene un nome che ricorda la guerra d’Etiopia, mentre in Calabria ci sono tuttora monumenti ai gerarchi fascisti Michele Bianchi e Luigi Razza.

Statue militari
Diverso è il caso delle statue di militari o leader confederati negli Stati Uniti. Esse furono il suggello della conciliazione tra le parti che si erano combattute nella guerra di Secessione, ma appunto per questo riflettono il vizio d’origine di quel compromesso: i bianchi del Sud accettarono la supremazia, rispetto ai loro Stati, di un’autorità federale che aveva abolito la schiavitù, ma ottennero in cambio di autogovernarsi secondo leggi che segregavano i neri e li privavano dei diritti più elementari. Difficile negare le ragioni degli afroamericani che vedono in quei monumenti (a volte eretti nella seconda parte del Novecento proprio in sfregio ai movimenti per i diritti civili) gli emblemi della loro lunga oppressione. Appare ragionevole la soluzione di ricollocarli in siti meno prestigiosi, musei o cimiteri, per ridurli a testimonianze storiche, ma non sarà facile sfuggire a due pericoli simmetrici: favorire l’atteggiamento strumentale dei razzisti, che gridano al sopruso contro il Sud; alimentare una visione puerile e manichea del passato, che ne condanna i protagonisti sulla base della sensibilità odierna.

Il dittatore Franco
I segnali di una deriva del genere non mancano. Si può capire che Ferrol, in Spagna, non ami essere ricordata come città natale del dittatore Francisco Franco e per questo chieda all’artista Banksy di illustrarla con un suo graffito (magari proprio sui muri della casa del caudillo): è lo stesso problema della nostra Predappio, che vuole rimediare con un museo storico sul fascismo. Ma colpisce che si arrivi a voler cancellare i monumenti a Cristoforo Colombo per via delle sofferenze subite dai nativi americani: ben oltre meriti e demeriti del navigatore genovese, significherebbe delegittimare l’intera opera europea di esplorazione e trasmigrazione nel Nuovo Mondo, da cui sono scaturiti tutti gli Stati oggi esistenti dallo stretto di Bering a Capo Horn, proprio mentre si afferma invece che la spinta a spostarsi sul globo è una tendenza naturale degli esseri umani. Sarebbe semmai più saggio moltiplicare i memoriali dedicati ai nativi. Anche perché maledire la storia non basta a cancellarla. Più utile e istruttivo è sforzarsi di conoscerla in tutti i suoi aspetti, anche sgradevoli. E soprattutto cercare di comprenderla.
«Corriere della sera» del 25 agosto

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