di Luciano Canfora
«Il Liceo classico ci ha corrotti» disse Luigi Berlinguer, neoministro quasi vent'anni fa. A quali sue esperienze attingesse quando così sentenziò, non sappiamo. Nel suo solco si è collocato da ultimo un più giovane studioso, Andrea Ichino, il cui pensiero pedagogico è ormai stabilmente legato all'aforismo «più mitocondri, meno aoristo». Ignari entrambi dell'allarme lanciato da Tocqueville: «Gli studi classici producono cittadini pericolosi» (Democrazia in America , parte II). Allarme voltato in prosa e reso più icastico dalla Enciclopedia del Boccardo (1878) che, alla voce Comunismo avverte: «In nome delle leggi graccane» i giovani imbevuti di studi classici preparano la rivoluzione sociale!
Questo grido non si è udito ieri nel Teatro Carignano a Torino, nel corso del «Processo al Liceo classico». Si è però levata, vibrante, la voce di Ichino, che ha sporto denuncia contro il Liceo classico tacciato di «ingannevole», «iniquo» e «causa del ritardo italiano nella mobilità sociale». Accuse cui Umberto Eco ha risposto con la necessaria ironia. Presieduto con sapiente ed equanime maestria da Armando Spataro, procuratore della Repubblica a Torino, il processo si è risolto con la assoluzione piena dell'imputato: i reati addebitati non sussistono.
Partita chiusa? No. Il Liceo - tutto il Liceo, anche lo Scientifico - deve rinnovarsi. Questo è certo. E deve saper offrire in modo più concreto e con migliori risultati proprio quelle lingue «morte» che, per alcuni, ne sono l'emblema. Ma c'è un convitato di pietra. La posta in gioco infatti non è la coppia, per gli sprovveduti malfamata, delle lingue greca e latina, bensì il sapere storico come tale. Mentre si fa chiasso intorno al bersaglio più comodo (le lingue antiche) si mira invece all'insegnamento della storia. Un sapere che già un nefando imperatore della Cina nel II secolo a.C. considerava «pericoloso per il governo in carica». Quasi come Tocqueville. Ah, questi liberali!
Questo grido non si è udito ieri nel Teatro Carignano a Torino, nel corso del «Processo al Liceo classico». Si è però levata, vibrante, la voce di Ichino, che ha sporto denuncia contro il Liceo classico tacciato di «ingannevole», «iniquo» e «causa del ritardo italiano nella mobilità sociale». Accuse cui Umberto Eco ha risposto con la necessaria ironia. Presieduto con sapiente ed equanime maestria da Armando Spataro, procuratore della Repubblica a Torino, il processo si è risolto con la assoluzione piena dell'imputato: i reati addebitati non sussistono.
Partita chiusa? No. Il Liceo - tutto il Liceo, anche lo Scientifico - deve rinnovarsi. Questo è certo. E deve saper offrire in modo più concreto e con migliori risultati proprio quelle lingue «morte» che, per alcuni, ne sono l'emblema. Ma c'è un convitato di pietra. La posta in gioco infatti non è la coppia, per gli sprovveduti malfamata, delle lingue greca e latina, bensì il sapere storico come tale. Mentre si fa chiasso intorno al bersaglio più comodo (le lingue antiche) si mira invece all'insegnamento della storia. Un sapere che già un nefando imperatore della Cina nel II secolo a.C. considerava «pericoloso per il governo in carica». Quasi come Tocqueville. Ah, questi liberali!
«Corriere della sera» del 16 novembre 2014