13 luglio 2014

La foto dei «due papà» e la verità censurata

Quel legame reciso con la madre affittata dalla coppia gay
di Maurizio Patriciello
Lindsay Foster, canadese, si
definisce una «fotografa di nascite», e il suo scatto che ritrae BJ Barone e Frankie Nelson commossi insieme al piccolo Milo appena nato ha fatto il giro del mondo. Ma Milo di chi è figlio? «Dei due papà», si legge quasi ovunque. Già, perché su giornali e social network circola una versione della foto dalla quale è sparita la madre surrogata, la donna sull’estremità sinistra, provata dal parto, che ha condotto la gravidanza per conto della coppia di uomini. Una rimozione che dice tutto. E che qui ripariamo.
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​Saper distinguere, chiamare le cose con il loro giusto nome, essere chiari è un bene. Sempre e per tutti. Ogni atto di ingiustizia deve essere condannato fortemente, anche se chi lo riceve fosse il mio più acerrimo nemico. Occorre avere grande stima per la lealtà, anche quando al mio egoismo non dovesse fare comodo. Non sono "omofobo", non lo sono mai stato. Nella mia vita di paramedico prima e di prete dopo ho avuto a che fare con tanti fratelli omosessuali, con alcuni dei quali mantengo rapporti di amicizia. Non ho mai discriminato nessuno, l’altissimo senso che ho della dignità della persona umana, il Vangelo nel quale credo e dal quale attingo forza, non me lo avrebbero mai permesso.
I fratelli omosessuali, come ogni altro essere umano, possono rendere più bello il mondo con il loro impegno e possono abbruttirlo con il loro egoismo. Ogni fratello omosessuale è un uomo creato a immagine di Dio, e da Dio voluto e amato. Con le parole occorre andarci piano. La parola ci distingue dalle bestie, ma può trasformarsi in boomerang.
«Omofobo», nell’accezione corrente, è chi ha paura del fratello omosessuale e lo emargina. Ebbene, nei social network in questi giorni gira la foto di due giovani omosessuali che, commossi ed emozionati, stringono fra le braccia il «loro figlio» appena nato. Quella foto mi fa male. Quel bambino, infatti, non è «loro», non è figlio di quella coppia di uomini, ma è stato generato da una donna della quale mai sapremo niente (e che appare solo in un angolo, di profilo nella fotografia). Occorre essere chiari e non lasciarsi andare ai facili entusiasmi.
Amo quei due fratelli omosessuali, ma amo anche quel bambino appena nato e la donna che lo ha messo al mondo. Quel bambino ha i suoi diritti anche se ancora non riesce a farli valere. Quel bambino è figlio di una donna che ha deciso di venderlo, credo per la povertà che l’assilla. Ci fu un tempo in cui vendere un figlio era reato, credo che dovrebbe esserlo ancora e dappertutto.
Quel bambino porterà con sé la nostalgia della donna che lo ha messo al mondo, i suoi talenti, le sue tare ereditarie (se dovessero essercene) il suo dna. Quel bambino, appena nato, ha cercato la mammella della mamma. Non è giusto, non è logico, non è umano appropriarsi di un figlio, cancellarne la madre, farlo passare per proprio. Al di là delle convinzioni religiose o filosofiche. Semplicemente non è giusto. Sappiamo che una persona adottata non smette di cercare per tutta la vita la donna che lo ha messo al mondo. C’è un legame inscindibile, un cordone ombelicale invisibile che continua a tenerli stretti. Quella donna è sua mamma, affermare il contrario vuol dire manomettere la realtà, ma la realtà è più dura e resistente di quanto si possa credere.
Non bisogna discriminare.
Mai. Nessuno. Quella mamma che ha appena partorito, che è stata pagata e messa ai margini della emozionata foto celebrativa e fuori dalla vita del suo bimbo, attira la mia attenzione. È lei che mi commuove. Che fine ha fatto? Che vita farà? Ha nostalgia del figlio che ha portato in seno? Avrà cambiato idea? E se fosse andata in depressione post partum? I poveri da sempre sono bistrattati, umiliati, soggiogati.
Da sempre ai poveri si tenta di sottrarre i loro inalienabili diritti. E da sempre certi ricchi usano e abusano dei poveri. La fame quando bussa non sente ragioni. Vuole pane. All’inizio lo chiede a bassa voce, poi lo pretende, infine lo afferra. In qualunque modo. E non è giusto comprare la fame dei poveri. Non è giusto considerare solo le loro braccia, i loro organi, il loro seme, il loro utero. Lo ha detto una volta per tutte il Vangelo, lo hanno proclamato alla loro maniera filosofi e politici. Oggi sembra che troppi lo stiano dimenticando.
Lo diciamo con estrema chiarezza e onestà: i fratelli omosessuali hanno diritto a ogni legittimo diritto. Non all’arbitrio fatto regola. Ma, attenzione. C’è stato un tempo – e ancora da qualche parte succede – in cui bastava gridare a una donna "Strega!" per farla condannare a morte. Ed era una menzogna. Non succeda oggi con il grido "Omofobo!". I cristiani vogliono il bene di tutti, ma proprio di tutti. Il cuore, però, batte soprattutto per coloro che non possono alzare la loro voce: i poveri, i neonati, i bambini non ancora nati, le donne usate per "fare" figli, per gli altri...
«Avvenire» dell'11 luglio 2014

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