di Dianora Bardi
A novembre il ministero del l'Istruzione ha lanciato il bando per il finanziamento delle reti wifi e per progetti formativi per le competenze digitali. Le Regioni hanno stanziato risorse per la dotazione tecnologica. Le lavagne interattive multimediali sono ormai presenti in moltissime aule e ci sono stati diversi progetti per informatizzare le scuole 2.0. Nella sola Lombardia sono stati stanziati 20 milioni di euro per le scuole secondarie e più di 500mila euro per la formazione dei docenti.
Il 2014 si preannuncia davvero come l'anno della svolta per la scuola italiana nella sfida della digitalizzazione, che parte dalla presa di coscienza dell'importanza che le tecnologie stanno assumendo nella vita quotidiana dei nostri ragazzi e dello spazio che devono avere nella vita scolastica. Ma non tutto fila liscio! Anche perché l'esperienza dimostra in maniera sempre più chiara che le tecnologie non rappresentano il fine, ma solo un mezzo – dalle potenzialità straordinarie – per realizzare i traguardi formativi.
Per molto tempo al centro dell'attenzione sono state le tecnologie e gli interrogativi che si portano dietro: «Meglio i tablet o i netbook?», «Android, iOs o Windows?», seguiti da domande sempre più dettagliate «Quanto costano, come si usano, quali app...».
Intanto i docenti hanno visto le classi invase da Lim, proiettori interattivi, pc, registri elettronici o tablet, senza riuscire a comprendere quale ruolo avrebbero dovuto assumere, soprattutto di fronte a ragazzi tecnologicamente avanzati che li guardavano con grandi speranze e aspettative. Per gli studenti si apre una grande opportunità: finalmente nessuno proibisce più di andare in internet, di comunicare tramite chat, di prendere appunti in quaderni digitali o leggere libri elettronici. Dall'altra parte i docenti, che dovrebbero essere gli artefici di questa rivoluzione, sono in gran parte impreparati e troppo spesso, per incapacità di comprendere il mutamento, sono rimasti ancorati alla lezione frontale restando dietro la cattedra per paura di entrare in un'agorà in cui sanno di essere apparentemente perdenti. Nel migliore dei casi lasciano che gli studenti utilizzino le tecnologie per leggere i libri, iniziano a farli lavorare in gruppi strutturati, ma talvolta fanno anche chiudere quei "giocattolini che distraggono" per continuare a essere "il professore".
Eppure il mondo della scuola sta cambiando in maniera irreversibile, i ragazzi si stanno trasformando e in più il mondo del lavoro richiede competenze assolutamente diverse da quelle a cui siamo stati sempre abituati. Invece si continua a parlare di tecnologie ed ebook solo in maniera formale, senza tenere conto dei processi, oppure si scambia per innovazione didattica l'avere una classe con banchi trapezoidali posti a isola dove svolgere lavori di gruppo, Lim per ogni isola, arredi affascinanti in spazi rinnovati. Utili? Assolutamente sì, se però non ci si ferma agli aspetti esteriori, se tali cambiamenti corrispondono a esigenze che trasformano l'ambiente di apprendimento per rendere effettivamente protagonisti i nostri ragazzi.
È questo il focus da cui partire: la scuola deve educare, formare, far diventare i nostri ragazzi veri cittadini digitali in mondo competitivo e globalizzato e tutti gli strumenti devono concorrere a renderne più efficace l'apprendimento. Tutto deve contribuire a una didattica nuova, che permetta ai ragazzi di confrontarsi con problemi articolati, complessi, mettendo in campo i loro saperi, spingendoli a misurarsi con compiti di realtà in cui dimostrare le competenze acquisite. A questo fine il web conduce a un apprendimento connettivo, a un sapere che si accresce e si modifica, se il docente è in grado di costruire un adeguato ambiente "liberante", dove il docente interagisce con i ragazzi, ma anche con gli altri docenti sia della propria sia delle altre scuole.
Ci sono esperienze che fanno da modello. L'Istituto comprensivo Bruno di Osimo non ha ricevuto alcun finanziamento ma ha avviato una digitalizzazione del proprio istituto, in cui i tablet danno un grande valore aggiunto anche per i ragazzi stranieri e i disturbi dell'apprendimento (Dsa), i bambini/ragazzi lavorano a coppie, in gruppo (cooperative learning) o, se necessario, singolarmente, svolgendo attività di peer collaboration. Ai licei classici Aristofane di Roma e Liceo Leone XIII di Milano si fa ricerca didattica per avvicinare i ragazzi al mondo classico attraverso i mobile device e nuovi ambienti di apprendimento anche nel cloud, mentre al patronato San Vincenzo di Bergamo i ragazzi insegnano ai propri docenti come costruire ebook. Il progetto più ambizioso è Scuola Digitale Lombardia che punta a far interagire 326 scuole digitali lombarde nelle nuvole per creare un modello didattico e linee guida che partano da esperienze concrete
Sperimentazioni importanti stanno nascendo in tutta Italia, in scuole che si possono definire veramente innovative per la qualità dell'integrazione delle tecnologie nella didattica giornaliera nonostante aule inadeguate, spazi tradizionali, grandi banchi e vecchie sedie di legno o di plastica, reti insufficienti. Un gran numero di docenti ha raccolto la sfida di una didattica diversa, si aggiorna con grande fatica e prova a mettersi in gioco con umiltà e curiosità. Da loro bisogna partire, dalle loro esperienze di didattica provata e sperimentata per avere una scuola veramente digitale.
Il 2014 si preannuncia davvero come l'anno della svolta per la scuola italiana nella sfida della digitalizzazione, che parte dalla presa di coscienza dell'importanza che le tecnologie stanno assumendo nella vita quotidiana dei nostri ragazzi e dello spazio che devono avere nella vita scolastica. Ma non tutto fila liscio! Anche perché l'esperienza dimostra in maniera sempre più chiara che le tecnologie non rappresentano il fine, ma solo un mezzo – dalle potenzialità straordinarie – per realizzare i traguardi formativi.
Per molto tempo al centro dell'attenzione sono state le tecnologie e gli interrogativi che si portano dietro: «Meglio i tablet o i netbook?», «Android, iOs o Windows?», seguiti da domande sempre più dettagliate «Quanto costano, come si usano, quali app...».
Intanto i docenti hanno visto le classi invase da Lim, proiettori interattivi, pc, registri elettronici o tablet, senza riuscire a comprendere quale ruolo avrebbero dovuto assumere, soprattutto di fronte a ragazzi tecnologicamente avanzati che li guardavano con grandi speranze e aspettative. Per gli studenti si apre una grande opportunità: finalmente nessuno proibisce più di andare in internet, di comunicare tramite chat, di prendere appunti in quaderni digitali o leggere libri elettronici. Dall'altra parte i docenti, che dovrebbero essere gli artefici di questa rivoluzione, sono in gran parte impreparati e troppo spesso, per incapacità di comprendere il mutamento, sono rimasti ancorati alla lezione frontale restando dietro la cattedra per paura di entrare in un'agorà in cui sanno di essere apparentemente perdenti. Nel migliore dei casi lasciano che gli studenti utilizzino le tecnologie per leggere i libri, iniziano a farli lavorare in gruppi strutturati, ma talvolta fanno anche chiudere quei "giocattolini che distraggono" per continuare a essere "il professore".
Eppure il mondo della scuola sta cambiando in maniera irreversibile, i ragazzi si stanno trasformando e in più il mondo del lavoro richiede competenze assolutamente diverse da quelle a cui siamo stati sempre abituati. Invece si continua a parlare di tecnologie ed ebook solo in maniera formale, senza tenere conto dei processi, oppure si scambia per innovazione didattica l'avere una classe con banchi trapezoidali posti a isola dove svolgere lavori di gruppo, Lim per ogni isola, arredi affascinanti in spazi rinnovati. Utili? Assolutamente sì, se però non ci si ferma agli aspetti esteriori, se tali cambiamenti corrispondono a esigenze che trasformano l'ambiente di apprendimento per rendere effettivamente protagonisti i nostri ragazzi.
È questo il focus da cui partire: la scuola deve educare, formare, far diventare i nostri ragazzi veri cittadini digitali in mondo competitivo e globalizzato e tutti gli strumenti devono concorrere a renderne più efficace l'apprendimento. Tutto deve contribuire a una didattica nuova, che permetta ai ragazzi di confrontarsi con problemi articolati, complessi, mettendo in campo i loro saperi, spingendoli a misurarsi con compiti di realtà in cui dimostrare le competenze acquisite. A questo fine il web conduce a un apprendimento connettivo, a un sapere che si accresce e si modifica, se il docente è in grado di costruire un adeguato ambiente "liberante", dove il docente interagisce con i ragazzi, ma anche con gli altri docenti sia della propria sia delle altre scuole.
Ci sono esperienze che fanno da modello. L'Istituto comprensivo Bruno di Osimo non ha ricevuto alcun finanziamento ma ha avviato una digitalizzazione del proprio istituto, in cui i tablet danno un grande valore aggiunto anche per i ragazzi stranieri e i disturbi dell'apprendimento (Dsa), i bambini/ragazzi lavorano a coppie, in gruppo (cooperative learning) o, se necessario, singolarmente, svolgendo attività di peer collaboration. Ai licei classici Aristofane di Roma e Liceo Leone XIII di Milano si fa ricerca didattica per avvicinare i ragazzi al mondo classico attraverso i mobile device e nuovi ambienti di apprendimento anche nel cloud, mentre al patronato San Vincenzo di Bergamo i ragazzi insegnano ai propri docenti come costruire ebook. Il progetto più ambizioso è Scuola Digitale Lombardia che punta a far interagire 326 scuole digitali lombarde nelle nuvole per creare un modello didattico e linee guida che partano da esperienze concrete
Sperimentazioni importanti stanno nascendo in tutta Italia, in scuole che si possono definire veramente innovative per la qualità dell'integrazione delle tecnologie nella didattica giornaliera nonostante aule inadeguate, spazi tradizionali, grandi banchi e vecchie sedie di legno o di plastica, reti insufficienti. Un gran numero di docenti ha raccolto la sfida di una didattica diversa, si aggiorna con grande fatica e prova a mettersi in gioco con umiltà e curiosità. Da loro bisogna partire, dalle loro esperienze di didattica provata e sperimentata per avere una scuola veramente digitale.
«Il Sole 24 Ore» del 12 gennaio 2014
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