di Florence Noiville
In Francia, come credo in Italia, e nella maggioranza dei paesi europei la situazione è difficile. Almeno per 4 motivi: 1) Il gusto della lettura cala nel corso del tempo. Nel 2002 leggere era al terzo posto (40%) dietro 'fare sport' (75%) e 'praticare un’attività artistica' (54%). Nel 2010, la lettura si collocava sempre al terzo posto, ma aumentava lo scarto rispetto alle due attività che lo precedevano. Nel 2012, il posizionamento della lettura è peggiorato passando al quarto posto tra le attività preferite (ma assai più indietro rispetto a stare al computer, ascoltare musica e praticare sport); 2) Ragazze e ragazzi non hanno gli stessi comportamenti rispetto alla lettura. Nell’insieme i ragazzi leggono meno. Questa femminizzazione della lettura esiste fin da piccoli, ma lo scarto reale avviene soprattutto nei ragazzini a partire dagli 11 anni, quando entrano alle scuole medie. In altri termini, quando ci poniamo l’interrogativo: 'I giovani di oggi saranno i lettori di domani?', dobbiamo sapere che ragioniamo già su metà della popolazione giovanile, cioè sulla popolazione femminile e non su quella maschile. Si tratta, a mio parere, di un problema reale; 3) La posizione simbolica della lettura dei libri nel mondo sociale è venuta meno. Le élite letterarie sono state soppiantate dalle élite tecnico-commerciali ; cioè leggere non 'apporterebbe' più alcun vantaggio. Nella testa del pubblico «l’investimento non dà abbastanza rendimento ». Per i giovani leggere è uno sforzo. E in un mondo dominato dalla redditività, leggere non è abbastanza 'redditizio' rispetto all’investimento attuato. Grossomodo, si dice: «Non è perché leggo che me la caverò nella vita»; 4) Infine, chi dice lettura dice lentezza, solitudine, immersione e soprattutto attenzione. «In uno spazio pubblico saturo di tecnologie si esaurisce l’attenzione»: è questo il grido di allarme che ha lanciato il filosofo americano Matthew Crawford su Le Monde del 27 luglio 2013.
Continuamente sollecitati dai nostri smartphone e dai nostri pc, siamo tutti e in particolare i giovani - ipercollegati. Capaci di guardare la televisione e, simultaneamente, di parlare con gli amici con sms o su Facebook e di giocare su un tablet, diamo l’impressione di praticare agevolmente il multi-tasking.
Oppure questo sentimento di grande competenza che il multi-tasking può suscitare in noi è ampiamente illusorio. In realtà - ed è provato da studi scientifici -, l’invasione degli schermi, della musica diffusa dagli altoparlanti o della pubblicità che attirano incessantemente il nostro sguardo o sollecitano il nostro udito indebolisce considerevolmente le nostre capacità di attenzione e di concentrazione.
La questione che si pone è allora: come agire per fare ripartire la macchina che forma i lettori? Che cosa è efficace per stimolare la voglia di lettura nei giovani? In mancanza di una risposta semplice, insistiamo almeno su quattro piste fondamentali e di buon senso. È importante:
1) che il libro sia fisicamente presente negli ambienti frequentati dai ragazzi. Che ci siano, il più possibile, libri in casa e in tutti gli altri luoghi. Che il libro non sia marginalizzato. I sociologi hanno dimostrato che il fenomeno del mimetismo riveste un ruolo fondamentale in materia di lettura. Il ragazzo che vede un genitore o un adulto leggere e divertirsi avrà più propensione a imitarlo naturalmente che nel caso contrario. Perché i nostri figli leggano è capitale che anche noi leggiamo!
2) che i libri arrivino là dove solitamente sono assenti. Uno dei migliori esempi è quello di una ong francese, Atd Quart Monde, e delle sue 'biblioteche di strada'. Il principio è semplice: dei volontari si installano per strada, sempre nello stesso giorno della settimana, e leggono. Pian piano s’instaura un appuntamento con i giovani o i meno giovani. Poco alla volta i ragazzi si familiarizzano con i libri e gli animatori finiscono per aiutarli a iscriversi in biblioteca o a entrare in libreria.
3) che fin dalla tenera età, compresi i neonati, si possa manipolare dei libri, gustarsi dei veri e propri universi di autori e illustratori, deliziarsi della lingua e delle immagini fin dalla nascita.
4) che il libro smetta di far rima con isolamento e mediocrità e cominci a farla con piacere e condivisione. A tal fine è importante che chi ne parla lo faccia in modo convincente e allettante. In altre parole, che tutti i mediatori - librai, ma anche bibliotecari, giornalisti e gli stessi genitori - siano formati adeguatamente per essere non dei 'prescrittori' di letture obbligatorie ma, per riprendere la formula di Philip Roth, degli «insegnanti di desiderio«.
La cosa non è fuori dalla nostra portata. In tutta Europa ci sono centinaia di iniziative che tutti i giorni dimostrano la loro efficacia nel suscitare nelle generazioni a venire la voglia di leggere. Nei Paesi Bassi le gare di lettura ad alta voce, in Svezia le trasmissioni televisive come Car doctor che conducono al libro senza averne l’aria, in Germania la giornata nazionale per la lettura: 12.000 persone quel giorno si mettono a disposizione per leggere in luoghi diversi, dalle scuole materne alle biblioteche passando dagli ospedali e in tutti quei luoghi dove si può incontrare il pubblico…
Una cosa è certa: chi non è un lettore oggi probabilmente non lo sarà domani (il contrario non è vero). C’è l’urgenza di formare dei lettori. Di attuare politiche pubbliche della lettura innovative e volontaristiche, sia a livello nazionale sia a livello europeo. Non soltanto perché si vendano più libri ma perché il libro, oggetto di cultura, è anche un formidabile strumento poco costoso d’integrazione, di legame sociale, di comprensione dell’altro e di democrazia in un momento in cui l’Europa ne ha bisogno.
(traduzione di Isabella Negri)
Continuamente sollecitati dai nostri smartphone e dai nostri pc, siamo tutti e in particolare i giovani - ipercollegati. Capaci di guardare la televisione e, simultaneamente, di parlare con gli amici con sms o su Facebook e di giocare su un tablet, diamo l’impressione di praticare agevolmente il multi-tasking.
Oppure questo sentimento di grande competenza che il multi-tasking può suscitare in noi è ampiamente illusorio. In realtà - ed è provato da studi scientifici -, l’invasione degli schermi, della musica diffusa dagli altoparlanti o della pubblicità che attirano incessantemente il nostro sguardo o sollecitano il nostro udito indebolisce considerevolmente le nostre capacità di attenzione e di concentrazione.
La questione che si pone è allora: come agire per fare ripartire la macchina che forma i lettori? Che cosa è efficace per stimolare la voglia di lettura nei giovani? In mancanza di una risposta semplice, insistiamo almeno su quattro piste fondamentali e di buon senso. È importante:
1) che il libro sia fisicamente presente negli ambienti frequentati dai ragazzi. Che ci siano, il più possibile, libri in casa e in tutti gli altri luoghi. Che il libro non sia marginalizzato. I sociologi hanno dimostrato che il fenomeno del mimetismo riveste un ruolo fondamentale in materia di lettura. Il ragazzo che vede un genitore o un adulto leggere e divertirsi avrà più propensione a imitarlo naturalmente che nel caso contrario. Perché i nostri figli leggano è capitale che anche noi leggiamo!
2) che i libri arrivino là dove solitamente sono assenti. Uno dei migliori esempi è quello di una ong francese, Atd Quart Monde, e delle sue 'biblioteche di strada'. Il principio è semplice: dei volontari si installano per strada, sempre nello stesso giorno della settimana, e leggono. Pian piano s’instaura un appuntamento con i giovani o i meno giovani. Poco alla volta i ragazzi si familiarizzano con i libri e gli animatori finiscono per aiutarli a iscriversi in biblioteca o a entrare in libreria.
3) che fin dalla tenera età, compresi i neonati, si possa manipolare dei libri, gustarsi dei veri e propri universi di autori e illustratori, deliziarsi della lingua e delle immagini fin dalla nascita.
4) che il libro smetta di far rima con isolamento e mediocrità e cominci a farla con piacere e condivisione. A tal fine è importante che chi ne parla lo faccia in modo convincente e allettante. In altre parole, che tutti i mediatori - librai, ma anche bibliotecari, giornalisti e gli stessi genitori - siano formati adeguatamente per essere non dei 'prescrittori' di letture obbligatorie ma, per riprendere la formula di Philip Roth, degli «insegnanti di desiderio«.
La cosa non è fuori dalla nostra portata. In tutta Europa ci sono centinaia di iniziative che tutti i giorni dimostrano la loro efficacia nel suscitare nelle generazioni a venire la voglia di leggere. Nei Paesi Bassi le gare di lettura ad alta voce, in Svezia le trasmissioni televisive come Car doctor che conducono al libro senza averne l’aria, in Germania la giornata nazionale per la lettura: 12.000 persone quel giorno si mettono a disposizione per leggere in luoghi diversi, dalle scuole materne alle biblioteche passando dagli ospedali e in tutti quei luoghi dove si può incontrare il pubblico…
Una cosa è certa: chi non è un lettore oggi probabilmente non lo sarà domani (il contrario non è vero). C’è l’urgenza di formare dei lettori. Di attuare politiche pubbliche della lettura innovative e volontaristiche, sia a livello nazionale sia a livello europeo. Non soltanto perché si vendano più libri ma perché il libro, oggetto di cultura, è anche un formidabile strumento poco costoso d’integrazione, di legame sociale, di comprensione dell’altro e di democrazia in un momento in cui l’Europa ne ha bisogno.
(traduzione di Isabella Negri)
«Avvenire» del 30 gennaio 2014
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