10 ottobre 2013

«Noi, paladini dell'arte totale nel Rinascimento degli anni 60»

La rassegna curata da un fondatore del movimento nato mezzo secolo fa
di Alessandro Beretta
Balestrini: anche oggi è possibile l'esperienza del Gruppo 63
Un'avanguardia tout court, non solo letteraria, ma anche per la musica, le arti visive e il cinema: è così che il Gruppo 63, come una coloratissima sorgente di idee, esplose cinquant'anni fa nella cultura italiana. L'occasione per riscoprirlo è nella rassegna «63x50», che da venerdì 18 ottobre a domenica 3 novembre si terrà all'Auditorium di Roma per poi attraversare l'Italia (programma completo su www.alfabeta2.it). Una manifestazione coordinata dallo scrittore e artista Nanni Balestrini che ne è stato, fin dai primi passi, uno dei principali protagonisti.
«63x50» è un viaggio attraverso le produzioni in tutte le diverse arti da parte del Gruppo 63: com'è affrontarlo oggi?
«Non malinconico, per fortuna, e credo sia bello perché dà un'idea del complesso delle tendenze culturali delle arti negli anni 60, un momento straordinario non solo in Italia. A parte la novità di quanto si produceva in quegli anni simili a un Nuovo Rinascimento, ciò che ci interessava era mostrare l'intersezione tra i diversi campi, paralleli tra di loro e che si alimentavano a vicenda».

Era una contaminazione voluta tra le diverse arti?
«C'era una relazione molto stretta e il segno preciso è nella nascita stessa del Gruppo 63, a Palermo, in un Festival di musica contemporanea che organizzava anche mostre di arti visive. Il nome ce lo offrì il musicista Luigi Nono che aveva assistito in Germania a una riunione del Gruppo 47, con scrittori come Günter Grass e Heinrich Böll, e che ci suggerì di provare a fare un'esperienza simile».
Poi, da quel primo anno in cui erano presenti anche, tra gli altri, Alberto Arbasino, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Giorgio Manganelli, il Gruppo 63 si ritrovò per cinque anni. Come mai smetteste?
«Perché il laboratorio aveva dato i suoi frutti: dare vita a una nuova generazione di scrittori. Eravamo partiti in polemica con la letteratura che ci precedeva, perché era un'Italia che si stava trasformando con il miracolo economico, che da agricola diventava industriale, ma non trovavamo chi la rispecchiasse. Eravamo in polemica con scrittori come Bassani e Cassola perché li sentivamo passati, mentre Gadda, a suo modo, ci sembrava l'unico predecessore attuale».

Lei stesso ha praticato diverse arti, come la scrittura, la pittura, il video: le ha vissute come pratiche distinte?
«Per me son state molto vicine, tanto che a Roma, dove si terrà nel corso della rassegna una mostra dedicata alle arti visive intitolata Arte Totale: il Gruppo 63, curata da Achille Bonito Oliva, siamo in diversi ad averne toccate di più: Gianfranco Baruchello fece anche cinema, Giuseppe Chiari era anche musicista e così via. Non c'erano solo gli incroci tra le arti, ma spesso più arti incontravano la stessa persona».

Parlarne oggi può essere uno stimolo per i giovani?
«Sotto diversi punti di vista: indirettamente offre uno spunto polemico di fronte alla situazione italiana, in cui l'ultimo ventennio di politica ha degradato la cultura rendendola secondaria, e in generale perché il consumo culturale di massa ha penalizzato le produzioni di eccellenza, che poi fanno la storia delle arti. L'invito ai giovani, è a riscoprire che un'esperienza come quella è sempre possibile. Certo, c'erano delle condizioni più favorevoli di adesso, e oggi probabilmente serve più impegno e sacrificio, ma ne dovrebbe valer sempre la pena».



Su quest'argomento il quotidiano "Avvenire" ha dedicato alcuni articoli-intervista ai maggiori esponenti del Gruppo:
- Un'avanguardia, non una setta (25 agosto)

- Ma fu davvero avanguardia? (10 agosto)

- Eccesso di serietà, limite per la scrittura (28 agosto)
- Cesare Cavalleri: Neoavanguardia, terremoto vano (17 agosto)
- Balestrini: dalla tv al computer, tutta un'altra lingua (3 agosto)
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«Corriere della Sera» del 7 ottobre 2013

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