12 aprile 2013

I. Calvino, L’amore delle tre melagrane

Tratto da Le più belle fiabe italiane
di Italo Calvino
Un figlio di Re mangiava a tavola. Tagliando la ricotta, si ferì un dito e una goccia di sangue andò sulla ricotta. Disse a sua madre: “Mamma, vorrei una donna bianca come il latte e rossa come il sangue.”
“Eh, figlio mio, chi è bianca non è rossa, e chi è rossa non è bianca. Ma cerca pure se la trovi.”
Il figlio si mise in cammino. Cammina cammina, incontrò una donna: ”Giovanotto, dove vai?”
“E sì, lo dirò proprio a te che sei donna!”
Cammina cammina, incontrò un vecchierello. ”Giovanotto dove vai?”
“A te sì che lo dirò, zi’ vecchio, che ne saprai certo più di me. Cerco una donna bianca come il latte e rossa come il sangue.” E il vecchierello: ”Figlio mio, chi è bianca non è rossa e chi è rossa non è bianca. Però tieni queste tre melagrane. Aprile e vedi cosa ne vien fuori. Ma fallo solo vicino alla fontana.
Il giovane aperse una melagrana e saltò fuori una bellissima ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue, che subito gridò:
Giovanottino dalle labbra d’oro
Dammi da bere, se no io mi moro.

Il figlio del Re prese l’acqua nel cavo della mano e gliela porse, ma non fece in tempo. La bella morì.
Aperse un’altra melagrana e saltò fuori un’altra bella ragazza dicendo:
Giovanottino dalle labbra d’oro
Dammi da bere, se no io mi moro.

Le portò dell’acqua ma era già morta.
Aperse la terza melagrana e saltò fuori una ragazza più bella ancora delle altre due. Il giovane le gettò l’acqua in viso, e lei visse.
Era ignuda come l’aveva fatta sua madre e il giovane le mise addosso il suo cappotto e le disse: “Arrampicati su questo albero, che io vado a prendere delle vesti per coprirti e la carrozza per portarti a Palazzo.”
La ragazza restò sull’albero, vicino alla fontana. A quella fontana, ogni giorno, andava a prender l’acqua la Brutta Saracina. Prendendo l’acqua con la conca, vide riflesso il viso della ragazza sull’albero.
E dovrò io, che sono tanto bella,
Andar per acqua con la concherella?
E, senza starci a pensar sù, gettò la conca per terra e la mandò in cocci. Tornò a casa e la padrona: “Brutta Saracina! Come ti permetti di tornare a casa senz’acqua e senza brocca!” Lei prese un’altra brocca e tornò alla fontana. Alla fontana rivide quell’immagine nell’acqua. “Ah! Son proprio bella!” si disse.
E dovrò io, che sono tanto bella,
Andar per acqua con la concherella?
E ributtò per terra la brocca. La padrona tornò a sgridarla, lei tornò alla fontana, ruppe ancora un’altra brocca, e la ragazza sull’albero che fin allora era stata a guardare, non poté più trattenere una risata.
La Brutta Saracina alzò gli occhi e la vide. “Ah voi siete? E m’avete fato rompere tre brocche? Però siete bella davvero! Aspettate che vi voglio pettinare.”
La ragazza non voleva scendere dall’albero, ma la Brutta Saracina insistette: “Lasciatevi pettinare che sarete ancora più bella.”
La fece scendere, le sciolse i capelli, vide che aveva in capo uno spillone. Prese lo spillone e glielo ficcò in un’orecchia. Alla ragazza cadde una goccia di sangue, e poi morì. Ma la goccia di sangue, appena toccata terra, si trasformò in una palombella, e la palombella volò via.
La Brutta Saracina si andò ad appollaiare sull’albero. Tornò il figlio del Re con la carrozza, e come la vide, disse: “Eri bianca come il latte e rossa come il sangue; come mai sei diventata così nera?”
E la Brutta Saracina rispose:
È venuto fuori il sole
M’ha cambiata di colore.

E il figlio del Re: ” Ma come mai hai cambiato voce?”
E lei:
È venuto fuori il vento,
M’ha cambiato parlamento.

E il figlio del Re: “Ma eri così bella e ora sei così brutta!”
E lei:
È venuta anche la brezza,
M’ha cambiato la bellezza.
Basta, lui la prese in carrozza e la portò a casa.
Da quando la Brutta Saracina s’installò a Palazzo, come sposa del figlio del Re, la palombella tutte le mattine si posava sulla finestra della cucina e chiedeva al cuoco:
O cuoco, cuoco della mala cucina,
Che fa il Re con la Brutta Saracina?
“Mangia, beve e dorme” diceva il cuoco.
E la palombella:
Zuppettella a me,
Penne d’oro a te.

Il cuoco le diede un piatto di zuppetta e la palombella si diede una scrollatina e le cadevano penne d’oro. Poi volava via.
La mattina dopo tornava:
O cuoco, cuoco della mala cucina,
Che fa il Re con la Brutta Saracina?

“Mangia, beve e dorme” diceva il cuoco.

E la palombella:
Zuppettella a me,
Penne d’oro a te.

Lei si mangiava la zuppettella e il cuoco si prendeva le penne d’oro.
Dopo un po’ di tempo, il cuoco pensò di andare dal figlio del Re a dirgli tutto. Il figlio del Re stette a sentire e disse: “Domani che tornerà la palombella, acchiappala e portamela, che la voglio tenere con me.”
La Brutta Saracina, che di nascosto aveva sentito tutto, pensò che quella palombella non prometteva nulla di buono; e quando l’indomani tornò a posarsi sulla finestra della cucina la Brutta Saracina fece più svelta del cuoco, la trafisse con uno spiedo e l’ammazzò.

La palombella morì. Ma una goccia di sangue cadde nel giardino, e in quel punto nacque subito un albero di melograno.

Quest’albero aveva la virtù che chi stava per morire, mangiava una delle sue melagrane e guariva. E c’era sempre una gran fila di gente che andava a chiedere alla Brutta Saracina la carità di una melagrana.

Alla fine sull’albero ci rimase una sola melagrana la più grossa di tutte, e la Brutta Saracina disse: “Questa me la voglio tenere per me.”

Venne una vecchia e le chiese: “Mi date quella melagrana? Ho mio marito che sta per morire.”

“Me ne resta una sola e la voglio tenere per bellezza” disse la Brutta Saracina, ma intervenne il figlio del Re a dire: “Poverina, suo marito muore, gliela dovete dare.”

E così la vecchia tornò a casa con la melagrana. Tornò a casa e trovò che suo marito era già morto.

“Vuol dire che la melagrana la terrò per bellezza”, si disse.

Tutte le mattine, la vecchia andava alla Messa. E mentre era a Messa, dalla melagrana usciva la ragazza. Accendeva il fuoco, scopava la casa, faceva da cucina e preparava la tavola; e poi tornava dentro la melagrana. E la vecchia rincasando trovava tutto preparato e non capiva. Una mattina andò a confessarsi e raccontò tutto al confessore. Lui le disse: “Sapete cosa dovete fare? Domani fate finta di andare alla Messa e invece nascondetevi in casa. Così vedrete chi è che vi fa da cucina.”

La vecchia, la mattina dopo, fece finta di chiudere la casa, e invece si nascose dietro la porta. La ragazza uscì dalla melagrana cominciò a far le pulizie e da cucina. La vecchia rincasò e la ragazza non fece a tempo a rientrare nella melagrana

“Da dove vieni?” Le chiese la vecchia.

E lei: “Sii benedetta, nonnina, non m’ammazzare, non m’ammazzare.”

Non t’ammazzo, ma voglio sapere da dove vieni.

“Io sto dentro alla melagrana…” e le raccontò la sua storia.

La vecchia la vestì da contadina come era vestita anche lei (perché la ragazza era sempre nuda come mamma l’aveva fatta) e la domenica la portò con sé a Messa. Anche il figlio del Re era a Messa e la vide. “O Gesù! Quella mi pare la giovane che trovai alla fontana!” e il figlio del Re appostò la vecchia per strada.

“Dimmi da dove è venuta quella giovane!”

“Non m’uccidere!”

“Non aver paura. Voglio solo sapere da dove viene.”

“Viene dalla melagrana che voi mi deste.”

“Anche lei in una melagrana!” Esclamò il figlio del Re e chiese alla giovane: “Come mai eravate dentro una melagrana?” e lei gli raccontò tutto.

Lui tornò a Palazzo insieme alla ragazza, e le fece raccontare di nuovo tutto davanti alla Brutta Saracina. “Hai sentito?” disse il figlio del Re alla Brutta Saracina, quando la ragazza ebbe finito il suo racconto.

“Non voglio essere io a condannarti a morte. Condannati da te stessa.”

E la Brutta Saracina, visto che non c’era più scampo disse: “Fammi fare una camicia di pece e bruciami in mezzo alla piazza.”

Così fu fatto. E il figlio del Re sposò la giovane.

(Abruzzo)
Postato il 12 aprile 2013, dopo la visione del film "Bianca come il latte. Rossa come il sangue" e incontro con Alessandro D'Avenia al cinema Adriano (Roma)

1 commento:

  1. Ho sempre amato questo autore incondizionatamente...ho fatto una tesi sulle sue opere al liceo e l'ho portato sempre nel mio cuore..è un grande...il piu' grande ..le sue allegorie e la sua etica è insuperabilmente elegante e piacevole..unico...irripetibile...ti riempie l'anima quello che leggi sembra quasi l'abbia scritto dentro di te e dia seguito ad una scorrevole reminiscenza<3

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