Dati preoccupanti delle ricerche su Google
di Mauro Cozzoli
Induce a pensare la notizia – divulgata in questi giorni – che una delle tre parole più cliccate quest’anno sul motore di ricerca Google sia 'oroscopo' (insieme con 'facebook' e 'meteo'). Indice dell’esteso e crescente interesse della gente per gli oracoli delle stelle.
L’oroscopo è un vaticinio basato sull’astrologia, la quale – leggiamo nel Vocabolario Treccani – «presume di determinare i vari influssi degli astri sul mondo terreno e in base a essi prevedere avvenimenti futuri o dare spiegazione di fatti passati». Previsioni e spiegazioni aleatorie, per la ascientificità e arbitrarietà di quegli influssi, che fanno capo a una lettura mitica e chimerica dell’universo astrale, al limite della superstizione e del feticismo.
È vero che l’oroscopia e l’astrologia – demitizzate da sempre dalla Bibbia e dalla Chiesa – vengono da lontano. Se esse potevano ostentare una parvenza di plausibilità in epoche prescientifiche, sotto influssi e retaggi di paganesimo, non hanno ragion d’essere in una socio-cultura che si avvale dei contributi della scienza, che ne certifica l’infondatezza. Il National Science Board negli Usa dichiara l’astrologia «una credenza pseudoscientifica». Ciononostante il fenomeno è ampiamente diffuso e provocato, in una spirale di domanda e offerta che si alimentano a vicenda, trovando nei media di largo consumo – giornali, riviste, tv, radio, internet – terreno di coltivazione e propagazione.
Non importa – anche per media che menano vanto di ascendenza e osservanza 'illuministica' – l’irragionevolezza e inconsistenza scientifica del fenomeno. Ma così non si educano, si fuorviano piuttosto le coscienze verso quel neopaganesimo strisciante che rode sempre più terreno all’intelligenza, prima ancora che alla fede. Laddove la fede intercetta l’anelito di trascendenza e di essere (l’invocazione salvifica) dell’uomo, in dialogo fecondo con l’intelligenza, l’astrologia lo tira fuori da sé, lo estranea, proiettandolo in un universo illusorio e mistificante.
Il Dio Persona è nebulizzato nel dio senza volto del numinoso astrale e magico. Non ne va solo dell’intelligenza, bypassata dall’inverosimile. Ne va anche della libertà. Perché interlocutore dei vaticini degli astri non è il volere intelligente e responsoriale della fede, ma la sottomissione ingenua e gregaria della credulità. Se non dichiari il segno zodiacale e non credi nell’oroscopo sei un alieno. Fino a manifestazioni di vera e propria dipendenza. Vi sono maniaci dell’oroscopo, tali da non poter fare a meno del presagio delle stelle.
Nell’approssimarsi di un nuovo anno il fenomeno conosce picchi record di espansione, nel tentativo di catturare miraggi e presagi. Tutto questo non viene da Dio. Anzi prolifica in un vuoto di Dio, surrogato da idoli, forze occulte, energie cosmiche, neopanteismi. Come diceva Gilbert K. Chesterton, «chi non crede in Dio comincia a credere a tutto». Da questo credere avventato e insipiente ci libera la fede, rapportandoci a Dio come a nostro Padre. Rapporto di libertà filiale, annodata da Cristo, il Figlio: «Cristo ci ha liberati, perché fossimo liberi» (san Paolo). Perché tornare allora al determinismo opprimente di potenze occulte, sottratte alla signoria liberante e provvidente di Dio? «Perché – ci dice l’Apostolo – lasciarvi imporre precetti e cose destinate a scomparire? Sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini con la loro falsa religiosità».
Passa da questa demarcazione tra la relazione liberante a Dio e quella asservente a feticci antichi e nuovi la differenza tra il sapiente e l’insipiente. Il primo è un credente, il secondo un credulone.
«Avvenire» del 7 dicembre 2012
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