10 luglio 2012

La metrica del corpo: donne che scrivono in versi

di Giovanna Rosadini
Le donne e la poesia: oggi più che mai le donne sono protagoniste della scena letteraria, dopo esser state per secoli una presenza marginale all’interno di una tradizione prevalentemente maschile. Anche in questo campo, le donne hanno conquistato il loro spazio e si sono affermate, arricchendo con il loro contributo (soprattutto la loro esperienza in materia di corpo e sentimenti) un terreno storicamente caratterizzato da modalità espressive e da scelte tematiche a loro estranee… I lettori, è risaputo, sono prevalentemente donne, e le donne che scrivono, soprattutto le poetesse, come tutte le donne impegnate su più fronti e in più ruoli, si leggono vicendevolmente nei festival poetici, si citano l’una con l’altra nelle interviste e nei lavori critici, consapevoli, al di là delle differenze che pure esistono fra di loro, di un comune vissuto e di una comune sensibilità…
Ma esiste una specificità femminile in poesia?
In questi giorni è arrivata in libreria un’opera che può aiutarci a capirlo, il sesto volume della serie dei Nuovi poeti italiani Einaudi, dedicato interamente alle donne che scrivono versi. Si tratta di una novità, rispetto alle precedenti uscite che, nel proporre nomi di autori non ancora compiutamente affermati all’attenzione dei lettori di poesia, non facevano distinzione di genere.
La scelta di dedicare questa antologia alle poetesse (o poete, come qualcuno preferisce), in ogni caso alla poesia delle donne, nasce dalla consapevolezza di una tradizione tanto ricca e articolata quanto ancora ampiamente sommersa; la realtà della poesia femminile rimane, a tutt’oggi, una realtà poco visibile, a fronte della sua vivacità e diffusione.
Da tempo si parlava di questo, in casa editrice, all’Einaudi dove ho lavorato per anni come editor della Collana Bianca (dal colore della copertina, disegnata cinquant’anni fa da Bruno Munari e mai modificata, nella sua essenzialità e pulizia formale).
Con Mauro Bersani, il responsabile della Collezione di Poesia, abbiamo negli anni ‘90 aggiunto nuovi nomi di autrici oltre alle presenze femminili “storiche” della collana, come Alda Merini, Patrizia Cavalli, Gabriella Leto e Patrizia Valduga; alcune fra loro, per esempio Elisa Biagini e Mariangela Gualtieri, sono ormai figure affermate e protagoniste della realtà letteraria italiana (Biagini con la sua attività di traduzione e divulgazione, soprattutto della poesia americana, e in qualità di organizzatrice di eventi culturali come Firenzepoesia, e Gualtieri per l’intensa attività drammaturgica, in sodalizio col Teatro Valdoca).
Ciò nonostante, molti risultavano i nomi che la collana non riusciva ad accogliere, poetesse note a un pubblico specializzato, quello che segue festival e riviste, kermesse teatrali o letture… Autrici apprezzate dalla critica e presenti da protagoniste nei premi letterari, ma ancora poco, o nulla, nelle collane di poesia degli editori maggiori, e dunque non capillarmente distribuite in libreria… E, anche in ragione di ciò, non ancora prese in considerazione dalle antologie tendenzialmente canonizzanti uscite negli ultimi anni.
Pertanto sono stata lieta della proposta dell’editore, promossa e caldeggiata da quel vulcano d’iniziative che è l’amica Mariangela Gualtieri, di curare questo volume, cosa che mi ha permesso, da autrice quale oggi (dopo le vicende biografiche che racconto in Unità di risveglio), sono diventata, di ritrovare il mio lavoro d’un tempo, con immutata passione.
Dunque, è possibile parlare di una specificità femminile in poesia? La mia esperienza, di lettrice di lungo corso e per molti anni professionale, ma anche di autrice, e oggi di curatrice di questa ricognizione poetica, mi porta a ritenere di sì.
Nonostante la storica marginalità della presenza femminile all’interno del canone letterario italiano (e non solo), le autrici di poesia non sono mancate, nel secolo appena trascorso; precedute da personalità come Ada Negri e Amalia Guglielminetti, attive sulla scena culturale italiana fra Otto e Novecento, sono da ricordare Antonia Pozzi, Margherita Guidacci e Fernanda Romagnoli, oltre a Cristina Campo e Giovanna Bemporad, voce oggi purtroppo appartata e dolente, per quanto recentemente omaggiata dall’editore Sossella con una riedizione degli Esercizi vecchi e nuovi.
Proprio la precarietà della posizione femminile nella società letteraria (e non solo) ha reso però le scrittrici più libere rispetto a un canone fortemente condizionante per la creatività maschile; le autrici di poesia, nello specifico, testimoniano una fiducia nello strumento linguistico forse un po’ appannata per gli autori, più imbrigliati in un sistema di codici e regole che faticano a trasgredire, o, per contrasto, contestano violentemente…
Ciascuna in modo diverso, con una propria cifra stilistica, le poetesse incluse nel volume usano il linguaggio in maniera originale e non facilmente classificabile; per ognuna è un potente strumento di indagine e conoscenza, secondo l’insegnamento di Amelia Rosselli, indimenticata “maestra di tutte”, che affermava: “Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere”.
Un ulteriore elemento comune, per le autrici di poesia, è il legame fra scrittura e vita: c’è una sensibilità che si richiama ai dati dell’esperienza, e dunque spesso è una poesia che parla di affetti ed è ricca di riferimenti concreti, è una poesia che parla di corpo e natura, che ha bisogno, di corpo e natura, diventa, corpo e natura…
Quella femminile è una scrittura che ha, sempre, una temperatura maggiore rispetto a quella maschile… anche in virtù del grado di empaticità di cui è portatrice.
Infine, c’è sempre un tu nella poesia di queste autrici: l’io lirico, che pure esiste, non è mai centrale, ma si apre sempre a un dialogo, si allarga fino a diventare un “noi”… Come ha affermato recentemente una di loro: “La scrittura è una forma autistica di isolamento che però fa sentire in comunicazione con una parte profonda di tutti… Si potrebbe definire la condizione di chi scrive una solitudine corale”.
«Corriere della sera» del 9 luglio 2012

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