08 gennaio 2011

Là dove la Bibbia incontrò la scienza

A Gerusalemme, l’École biblique festeggia i 120 anni di vita. Resa possibile grazie al genio di padre Lagrange, oggi resta un riferimento nel dialogo fra fede, storia e archeologia
di Lorenzo Fazzini
La sua prima sede fu un ex mattatoio di macellai turchi in quella che sarebbe diventata Nablus Road. Oggi splende come una delle istituzioni culturali più vive non solo di Gerusalemme ma di tutto il Medio Oriente: fucina di unità fra fede e ragione, matrice dell’edizione della Bibbia più tradotta al mondo, uscita nel 1956 e tradotta in italiano nel ’74.
Compiuti i 120 anni di vita, l’École biblique et archeologique française di Gerusalemme «spera di vivere altri 120 anni», spiega l’attuale direttore, il domenicano Hervé Ponsot. Il 26 dicembre l’emittente France2 ha trasmesso in diretta dal convento di Saint-Etienne nella Città santa la celebrazione di questo importante anniversario. La scuola nasce nel 1890 dal genio di padre Albert Lagrange, domenicano come i conduttori di questo centro d’elite culturale. A originarla è l’appello di Leone XIII che nella sua enciclica Providentissimus Deus (1893) spingeva per un’esegesi che rispondesse alle accuse razionaliste al testo scritturistico.
Lagrange, specializzatosi a Vienna in lingue orientali, parte per i Luoghi santi per inaugurare una Scuola la cui eccellenza venne presto riconosciuta dallo Stato francese: «Già nel 1920 – annota Ponsot – Parigi ne volle fare la sua rappresentanza ufficiale in Terra Santa e così la Scuola divenne 'francese'». Un riconoscimento non scontato in una terra laicissima come la Francia appena segnata dalla legge del 1905 sulla separazione fra Stato e Chiesa. «Il corrispondente accademico dell’École era ed è l’Accademia delle iscrizioni e delle belle lettere di Parigi. Questo riconoscimento – prosegue il direttore – fa sì che i cantieri archeologici da noi proposti vengano adottati dallo Stato francese come 'domini nazionali'». Oggi la vitalità della Scuola consta nel progetto Best, Bibbia nelle sue tradizioni.
Afferma ancora Ponsot: «Tramite il sito internet 'bibest.org' presentiamo la diversità dei testi originari e la loro ricezione all’interno di varie culture (i padri della Chiesa, l’ebraismo, il Corano, l’epoca medievale, l’ambito filosofico ed artistico). Abbiamo iniziato nel 2000: vorremmo finire entro il 2016, 800esimo anniversario della nascita dell’ordine domenicano».
Il ruolo pionieristico dell’École esula poi dall’ambito strettamente biblico. Per lo storico Franco Cardini essa spicca come «una delle glorie di Gerusalemme. Ha cambiato in maniera radicale la storia del Vicino Oriente perché ha imposto la necessità della verifica archeologica di quanto si conosce con lo studio filologico». Secondo il medievalista dell’università di Firenze, il qui dell’École s’annida nel fecondo rapporto fra studi biblici e scavi archeologici: «Lo studio archeologico dell’Antico testamento è iniziato con i domenicani, sebbene ora il monopolio l’abbiano gli israeliani. Ma la novità della Scuola è stata questa: gli studi storici devono essere supportati dalle ricerche archeologiche. Ciò era qualcosa di inedito se si pensa che tale acquisizione arriva ad affermarsi negli studi storici solo con la metà del Novecento». Tale combinazione di fede (Bibbia) e ragione (archeologia) resta il punto focale dei ricercatori dell’École, negli scavi da loro effettuati a Tell el Far’ah, Tell Keisan, Qumran, Khirbet Samra e Gaza. Inoltre, l’École, secondo Cardini, testimonia la rinascita culturale di Gerusalemme, «che sotto questo aspetto venne dimenticata fino all’Ottocento.
Grazie all’interessamento europeo (Inghilterra, Francia e Germania) nel XIX secolo per il Medio Oriente, anche Gerusalemme rinacque in ambito culturale. E con tale nuovo fervore politico si assistette a una positiva ricaduta culturale. La Francia ricevette dagli ottomani un riconoscimento di favore nei rapporti con i cristiani occidentali: di qui l’interessamento attivo di Parigi, e della Santa Sede, per gli studi biblici. Il Vaticano non voleva esser tacciato di oscurantismo culturale, ma anzi cercava un prestigio scientifico». La nascita dell’École si inserisce in questa fluttuazione diplomatico­culturale: «Il mondo cattolico impostò gli studi storico-biblici per dimostrare la storicità dei luoghi biblici non solo in chiave filologica ma anche archeologica. Lo stesso papa Leone XIII intervenne personalmente nel sostenere il lavoro dell’École biblique».
Il grande pregio 'popolare' della Scuola francese è senza dubbio la Bibbia di Gerusalemme, la quale, a parere di Bruno Maggioni, docente di esegesi alla Facoltà teologica di Milano, «è un’edizione di eccellenza. Presenta un commento intelligente, capace di essere attuale: non conosco un’altra Bibbia migliore!».
Maggioni riconosce la «grandezza» del biblista Lagrange, vissuto «in un momento non facile per i ricercatori della Bibbia. D’altra parte si può capire perché la Commissione biblica della Santa Sede spesso condannasse i ricercatori: qualche ragione l’aveva pure lei nel guardare con diffidenza questi studi, a quel tempo decisamente nuovi». La riabilitazione ecclesiale di padre Lagrange è all’ordine del giorno: nel 1988 è stata aperta la sua causa di beatificazione. Maggioni sottolinea il valore esegetico della Bibbia di Gerusalemme: «Spesso nei commenti delle varie edizioni della Scrittura prevale l’aspetto morale o spirituale. Nel caso della Bibbia uscita dall’École si trova l’intelligenza del testo: ci sono spunti archeologici, storici, un commento in poche righe che permette di comprendere il testo, molto più di quanto avvenga in altre Bibbie».
Voluta da Leone XIII per combattere le accuse di oscurantismo, ora lavora a un progetto che mostri la «ricezione dei testi sacri nelle varie culture»
«Avvenire» del 7 gennaio 2011

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