24 ottobre 2010

Sì, viene il tempo della speranza

Secolarizzazione della secolarizzazione
di Francesco D'Agostino
Meriterebbe un premio chi ha inventa­to l’espressione 'secolarizzazione della secolarizzazione'. Questo modo di dire coglie nel segno, perché ci induce a prendere atto di un fatto ormai indubita­bile, anche se non ancora avvertito da tut­ti. La secolarizzazione si sta sgretolando, anzi si è ormai già sgretolata sotto i nostro occhi; si sta svuotando del rigido dogma­tismo che la caratterizzava, quello che vedeva nella laicità antiecclesiale il destino supremo dell’epoca moderna, quello che riteneva la religione un sentimento nobi­le, ma da confinare nell’interiorità personale, quello che faceva assurgere la rivendicazione dell’autonomia individuale a insindacabile principio etico fondamentale. La secolarizzazione si sta finalmente secolarizzando: questo non significa automati­camente che si stia realizzando il 'ritorno di Dio', come qualcuno ha ipotizzato, ma che la si sta smettendo di ripetere che la religione è cosa del passato. Sta ritornan­do con forza la consapevolezza che la ri­cerca di Dio, o più laicamente di un valore assoluto insito nell’uomo e nelle sue espe­rienze, è cosa del passato e assieme del pre­sente e del futuro. La crisi della secolarizzazione è innegabi­le: l’ammettono anche coloro che Gian­carlo Bosetti ha efficacemente chiamato i 'laici furiosi', quelli che sostengono che a questa crisi vanno addebitati il ritorno a guerre di religione, l’esplodere della xe­nofobia, il divampare del fondamentalismo religioso. Fenomeni pesanti e concretissi­mi, però non espressivi di tutta la com­plessità del tempo in cui viviamo, che ac­canto ad essi ne contiene altri, assoluta­mente positivi: basti menzionare, per fare un solo esempio, la crisi dell’individuali­smo libertario e il correlativo dilatarsi del­la comunicazione globale, che va interpre­tata (anche se con qualche ottimismo, lo riconosco) come il ripresentarsi nel nostro tempo delle antiche, ma non per questo antiquate, istanze del giusnaturalismo. La globalizzazione ci induce infatti a pensare che, per quanto diversi siano i sistemi so­ciali, le culture, le credenze, esiste comun­que un solo e oggettivo bene umano e che è non solo dovere, ma interesse di tutti pro­muoverlo.
Se si è convinti che la secolarizzazione si sta secolarizzando, ne segue che bisogna co­minciare a riflettere sul fatto che ciò non può non comportare problemi diversi e i­nediti per i cristiani e in particolare per i cattolici. Bisogna abbandonare le vesti vec­chie e indossarne di nuove. Ad esempio, anche se nel brevissimo periodo la cosa po­trà apparire ancora poco evidente, biso­gnerà prendere atto che alcune battaglie sono state già vinte, nel senso che appar­tengono ormai al passato: si pensi ad e­sempio a quella contro il marxismo e le sue più esasperate forme di secolarismo atei­stico, quali lo stalinismo e il maoismo (i re­sidui cinesi del marxismo, per quante vio­lenze e sofferenze stiano ancora produ­cendo, non hanno alcun futuro, anche se i tempi della storia sono imprevedibili). A­nalogamente vinta è la battaglia contro lo scientismo e in particolare contro il natu­ralismo darwiniano, che non è riuscito a dimostrare la fondatezza delle sue pretese di fornire una spiegazione esauriente del­la realtà, marginalizzando le questioni eti­che e bioetiche. Battaglie nuove ci attendono: la crisi del­l’individualismo deve portarci a riscoprire nella sua profondità il carattere ecclesiale della fede cristiana; le nuove forme globa­li di violenza e di conflitto rendono urgente una rinnovata predicazione che, come ci ha insegnato il Papa, abbia per oggetto la speranza; l’inarrestabile formalizzarsi del discorso giuridico moderno deve indurci a rivitalizzarlo attraverso un’incessante riproposta della solidarietà interpersonale, come valore politico fondamentale. Divie­ne sempre più urgente, in un orizzonte globale, che ad ogni interlocutore i cristiani annuncino Cristo come il Figlio dell’uomo, evitando che Egli venga percepito come il prodotto storico della tradizione occidentale e della sua arroganza. Sarà in grado il cristianesimo di cogliere nella secolarizzazione della secolarizzazione nuove e fino ad oggi impensate possibilità di parlare a­gli uomini dell’incarnazione di Dio?
«Avvenire» del 22 ottobre 2010

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