11 ottobre 2010

Saremo (tutti) famosi nel villaggio di Facebook

di Francesco Alberoni
Tutti noi desideriamo essere conosciuti, ammirati ed amati. Il bambino vuol essere abbracciato dal papà e dalla mamma, se c’e una recita, essere sul palcoscenico. Gli adolescenti sono pronti a fare ogni sorta di stranezza per apparire. Nel passato gli adulti si accontentavano della notorietà che potevano avere nel loro villaggio o nella loro città. Gli uomini essere salutati con deferenza mentre le donne essere ammirate per la loro bellezza e i loro vestiti. A livello nazionale venivano conosciuti e ammirati solo i re, le regine, i nobili, i grandi politici.
La separazione netta fra chi guarda e chi è guardato continua anche con la radio e il cinema perché si forma un’altra élite, che, nel 1961, ho chiamato l'élite senza potere, formata dai personaggi dello spettacolo, attori, cantanti che diventano l’oggetto dell’interesse, dell’ammirazione e del pettegolezzo collettivo: i divi.
La distinzione fra chi guarda e chi è guardato si è attenuata solo recentemente grazie ai mezzi interattivi. Le radio e le televisioni fanno partecipare alle trasmissioni i loro ascoltatori con domande, ma sono comparse brevi che non danno notorietà. Però il desiderio di apparire è tale che ci sono donne anziane pronte a fare le «velone» cioè a ballare e cantare davanti a un pubblico che ride. Per affermarsi decine di migliaia di ragazze si affollano per un concorso da veline.
Le cose cambiano radicalmente con Internet e la nascita dei blog personali in cui, se partecipi regolarmente puoi diventare noto a quel pubblico. Ma per chi ha bisogno di un gruppo che lo riconosce, lo apprezza, il grande mutamento è dato dalla nascita delle comunità virtuali tipo Facebook, in cui gente di tutte le età e di tutti i ceti si sceglie senza dipendere da conduttori o agenzie di casting. Ciascuno chiama e respinge chi vuole, e nella comunità così formata tutti si scrivono, si raccontano ciò che fanno o desiderano. Poi si scambiano doni, auguri, organizzano feste, viaggi, mostre, letture di libri, campagne contro abusi, o si mobilitano per una giusta causa. Tutti sono protagonisti, non c’e più la separazione fra chi guarda e chi è guardato. Nel gruppo, che può arrivare a migliaia di persone, si crea così un clima di amicizia, di simpatia, di confidenza, di rispetto fiducioso e ciascuno si sente riconosciuto. E' in questo mondo sotterraneo, che nessuno conosce e controlla, che maturano i nuovi rapporti sociali, i nuovi giudizi, i nuovi valori.
«Corriere della Sera» dell'11 ottobre 2010

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