29 luglio 2010

La scienza non mente. Gli scienziati invece sì

Dalla macchina del tempo al gene della menopausa: tutti i giorni bombardati dall'annuncio di grandi scoperte. La maggior parte sono bufale, servono solo a finanziare questa o quella ricerca. E così il metodo galileiano viene ridicolizzato
di Giorgio Israel
Negli
«Quando giunsi all’Institute of Advanced Study di Prin­ceton - rac­contava nel 1964 il premio Nobel per la medici­na Albert Szent-Györgyi - speravo che gomito a gomito con quei grandi scienziati atomisti e mate­matici avrei appreso qualcosa sul­la “vita”. Appena dissi loro che in ogni sistema vivente vi sono più di due elettroni, i fisici smisero di par­larmi. Con tutti i loro calcolatori, non potevano neppure dire cosa avrebbe fatto il terzo elettrone». Szent-Györgyi non faceva che descrivere in modo sarcastico la consapevolezza dei fisico-mate­matici dei limiti di previsione del­la loro disciplina. Fin dalla fine del­l­’Ottocento è noto che in meccani­ca classica non si può prevedere in modo esatto la dinamica del moto di più di due corpi celesti. Non solo. Per fare questa previsio­ne occorre con­oscere i dati che de­finiscono lo stato iniziale del siste­ma. Ma può accadere che una per­turbazione anche minima di quei dati conduca a prevedere un’evo­luzione completamente diversa e, siccome la determinazione dei dati è inevitabilmente soggetta a errori, la previsione sul medio­lungo periodo è inattendibile. Poi ci si è resi conto che anche i model­l­i matematici usati per prevedere i fenomeni atmosferici sono sog­getti a questa «patologia», il che spiega come mai le previsioni me­te­orologiche sul medio e lungo pe­riodo siano inattendibili. Ma an­che nel caso del sistema solare si è calcolato che oltre i 100mila anni le previsioni perdono valore. Un altro esempio. Fin dal Sette­cento si è tentato di dimostrare che il sistema solare è «stabile», nel senso che mai potrà accadere che uno dei suoi pianeti scappi via perdendosi nell’universo oppure che due pianeti entrino in collisio­ne. Ebbene, una dimostrazione completa dell’impossibilità di si­mili spiacevoli eventi non esiste, salvo un risultato in questa direzio­ne, un teorema estremamente complesso alla cui dimostrazione ha contribuito in modo decisivo Vladimir I. Arnold, uno dei massi­mi matematici contemporanei. Mal visto dal regime sovietico, do­po la caduta del Muro si trasferì a Parigi, dove è morto di recente, quasi ignorato dai mezzi d’infor­mazione. Insomma, quanto precede per dire che sono noti i limiti di previ­sione nel campo dei fenomeni fisi­ci. Eppure in questo contesto la si­tuazione è relativamente «sempli­ce»: Giove non cade in crisi depres­sive per la morte di una moglie che non ha, le nuvole non divor­ziano, non si è mai vista una pietra far figli e Venere (il pianeta) non va incontro alla menopausa. Cio­nonostante, ci si racconta quoti­dianamente che, in contesti enor­memente più­ complessi e sogget­ti a influssi esterni ed evoluzioni in­terne imprevedibili, gli scienziati sono in grado di prevedere tutto. Un giorno si annuncia la scoperta di un metodo con cui determina­re la data esatta in cui una donna avrà la menopausa. Un altro gior­no si annuncia la scoperta di un metodo con cui determinare chi sarà centenario, oppure indivi­duare chi avrà il mal di schiena. Quanto alla felicità, non so se sia noto che il suo decorso è assoluta­mente determinato: secondo una vasta letteratura «scientifica» la fe­licità è «convessa», U-shaped, a forma di U. In parole povere, sare­te felici all’inizio e alla fine, mentre in mezzo vedrete il peggio. È fin troppo facile, quasi mara­gg maldesco, infierire sulle assurdità che inficiano queste «previsioni». È poco serio fare previsioni sulla data d’inizio della menopausa di una donna, indipendentemente dal fatto che costei si sposi oppure no, che abbia figli e quanti, che su­bisca aborti, che la sua vita sia feli­ce oppure no, che abbia altre ma­l­attie e vada incontro a eventi che, come questi, possono avere influs­si determinanti sulle sue funzioni ormonali. Si tratta di esercizi inuti­li, e anche poco commendevoli, se servono a fabbricare credenzia­li di produttività scientifica. E che senso ha fare previsioni circa il futuro mal di schiena di una perso­na indipendentemente dalle sue abitudini di vita - se sarà sedenta­rio oppure no, se farà il mestiere del sarto o quello del taglialegna ­e dalla sua inclinazione a «somatizzare» i dispiaceri della vita? È fin troppo facile, ripeto, andare alla ri­cerca dei fattori perturbativi che rendono queste previsioni senza senso, inutili, fuorvianti, e colpe­voli di diffondere un’immagine mitica e magica della scienza. Sappiamo bene qual è l’autodi­fesa. Si proclama di voler fornire previsioni circa il futuro di unindi­viduo sulla base della sua struttu­ra genetica indipendentemente dai fattori perturbativi del tipo di quelli sopra descritti. Questo sa­r­ebbe conforme al metodo scienti­fico della fisica galileiana. Occorre «difalcare gli impedimenti», dice­va Galileo, ovvero descrivere il mo­to dei corpi prescindendo dall’at­trito e da caratteristiche particola­ri e inessenziali, come il colore. Il piccolo dettaglio è che in fisica il metodo funziona, perché gli «im­pedimenti » sono effettivamente marginali: e quando non lo sono si sa spesso come tenerne conto. Invece qui non funziona perché i fattori marginali sono per lo più es­senziali, e molto spesso persino predominanti. La predisposizio­ne ge­netica è uno dei tanti elemen­ti determinanti, ma non è né l’uni­co né il principale. Ma anche se si potesse conside­rare l’individuo come un corpo isolato e considerare la sua evolu­zione in modo puramente inter­no, il ragionamento che è alla ba­se di quelle previsioni è viziato alla radice. Difatti, esso si basa sul prin­cipio secondo cui «tutto è geneti­co ».Ma questo principio è falso:lo hanno mostrato tutte le scoperte e le acquisizioni delle genetica con­temporanea, a partire dal succes­so della clonazione degli animali. Eppure questa premessa «scienti­ficamente » falsa viene data conti­nuamente per vera: altrimenti bi­sognerebbe ammettere che tutte quelle «previsioni» non sono altro che osservazioni di importanza marginale. Inutile dire che la colpa di que­sta disinformazione non è dei mezzi d’informazione ma degli pseudo-scienziati che produco­no una valanga di notizie sensazio­nali di fronte alle quali è difficile destreggiarsi. Fa quasi pena vede­re un giornale riportare con cla­more la notizia che si nasce cente­nari e poi commentarla spiegan­do che i centenari abbondano in Sardegna in virtù dei vantaggi del­l’ambiente rurale e a Trieste per il buon sistema di welfare. Ma non era una faccenda puramente ge­netica? Ora leggiamo che uno scienzia­t­o ha scoperto come andare indie­tro e avanti nel tempo. Non si tro­va neppure la forza per avanzare le cento osservazioni e riserve sul modo avventuroso con cui vengo­no­manipolate questioni tanto sot­tili. E anche qui fa pena il povero giornalista costretto addirittura a riferire che questa scoperta per­metterebbe di risolvere uno dei problemi più ostici dell’ultimo se­colo scientifico: la conciliazione tra relatività einsteiniana e mecca­nica quantistica. Non stupisce che certi «scienzia­ti » si comportino così, annuncian­do grandi «scoperte» e «risolven­do» problemi epocali sulla pubbli­ca piazza. Sono della stoffa di colo­ro che annunciarono di essere prossimi alla scoperta del vaccino per l’Aids. Sono passati dieci anni. Qualcuno ha visto quel vaccino? Anzi, si è ammesso a denti stretti che realizzarlo era teoricamente impossibile. Nel frattempo, c’è chi ha ottenuto notorietà e quattri­n i. Povero Arnold. Dopo aver dovu­to rinunciare alla medaglia Fields per l’opposizione del regime so­vietico viene ignorato pure dopo la morte, mentre i chiassosi scopri­tori di pietre filosofali assurgono agli onori delle cronache. E poi c’è chi straparla di cultura scientifica e, invece di rimboccarsi le mani­che per divulgare le scoperte di un vero scienziato, propaganda co­me «scienza» queste sceneggiate.
«Il Giornale» del 29 luglio 2010

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