26 luglio 2010

Caro bosone, il tuo suono è come un rock

È l’elemento decisivo della fisica delle particelle, quello che dà la massa alla materia e ha favorito la nascita del cosmo dal Big Bang. L’acceleratore lungo 27 chilometri costruito sotto Ginevra dal Cern gli sta dando la caccia. E intanto dalle collisioni di protoni e quark è stata tratta una musica
di Alessandro Beltrami
La 'particella di Dio' nessuno l’ha mai vista. Ora però la si può ascoltare. È il 'bosone di Higgs', l’elemento più importante del modello standard della fisica delle particelle, quello che darebbe la massa alla materia e senza il quale nessun universo sarebbe emerso dal Big Bang. Senza di lui tutta la teoria cade. L’acceleratore di particelle Lhc (Large Hadron Collider) lungo 27 chilometri costruito a 100 metri di profondità dal Cern di Ginevra - proprio quello che secondo alcuni avrebbe dovuto scavare un buco nero nella nostra galassia - gli sta dando la caccia. Milioni e milioni di dati vengono prodotti dalle collisioni dei protoni lanciati a velocità prossime a quelle della luce all’interno dell’anello. Lily Asquith, giovane ricercatrice londinese, ha provato a immaginare quale musica avrebbero potuto produrre quegli scontri. «C’è una dimensione estetica nella fisica perfettamente chiara a noi scienziati e ma difficilmente comunicabile all’esterno – racconta da Ginevra –. Molti fisici, me inclusa, associano le particelle a colori differenti. Per me, ad esempio, un elettrone è sempre blu. Mi sono chiesta come poter fare partecipi tutti gli altri dell’emozione estetica nascosta dentro questi esperimenti. E ho pensato all’arte dei suoni».
La sfida è quella di tradurre i milioni di dati raccolti da Atlas, una delle quattro grandi stazioni sperimentali di Lhc, in musica senza perdere una sola delle informazioni registrate. La tecnica adottata è quella della sonificazione, un procedimento che consiste nel rappresentare ogni valore di un parametro scientifico attraverso un valore di un parametro acustico come altezza, durata, intensità, timbro, attacco. L’importante è che una certa combinazione di valori dati dall’esperimento si traduca sempre nella stessa combinazione di valori acustici. Si tratta di una rappresentazione dei dati che non passa per formule bensì attraverso i sensi e ha la stessa accuratezza di un grafico ma un’immediatezza sconosciuta ad altri metodi. Il principio è semplice, l’applicazione non altrettanto vista la mole impressionante di informazioni che i computer devono rielaborare. I risultati si possono ascoltare sul sito lhcsound.com: collisioni di protoni, jet di quark o il decadimento (per ora simulato, in attesa di una esibizione live) dello sfuggente bosone di Higgs.
«Ho coinvolto due amici musicisti e programmatori» prosegue la Asquith: Archer Endrich e Richard Dobson del 'Composer’s Desktop Project' (Cdp), un progetto open source che riunisce compositori e sound designer di musica elettronica. «Ogni particella è diversa e ha un comportamento differente. Io spiego loro la natura di ogni elemento e le possibili corrispondenze sonore, in risposta ottengo i codici necessari a comporre quel suono. Quando le parole non bastano più passiamo a disegni e strani gorgheggi. È una vera e propria jam session». Lily ha idee chiare e anche un po’ pittoresche su come suonino quelle biglie impazzite: «Gli elettroni fanno twang, come una nota molto alta su una chitarra acustica. I muoni fanno uno twang molto più cavernoso. I fermioni suonano come le campane a vento, più grande e la massa e più bassa è la tonalità. Gli sciami adronici (particelle come i protoni e neutroni, composti di quark, n.d.r.) fanno il suono di un uomo che porta dodici pinte su un vassoio e che cade da una lunga rampa di scale». Ma aggiunge: «Credo che ciascuno abbia un’idea diversa di quale suono faccia la sua particella favorita, e questo è il motivo per cui vogliamo creare un software in grado di permettere all’utente di scegliere ad esempio quali strumenti corrispondono a particelle diverse». I suoni generati vengono poi convertiti nei formati utilizzabili dalla comunità del Cdp, che già sta realizzando brani con la musica degli atomi.
«Possiamo ascoltare strutture sonore molto chiare, quasi fossero state composte – racconta Richard Dobson – e suonano come gran parte della musica contemporanea». E in effetti non è difficile riscontrare analogie sonore con certe composizioni elettroniche delle neovanguardie degli anni 50 e 60, quando i musicisti guardavano alla scienza come a un modello. Ai corsi di Darmstadt i musicisti, alle prese con le novità della musica elettronica, si vestivano da scienziati. Peter Schaeffer, l’inventore della musique concrète, paragonò i compositori ai fisici atomici che lavoravano in un laboratorio. Anche i titoli dell’epoca divennero pseudoscientifici: Structures, Spectrogram, Audiogramme, Sphenogramme… Boulez, padre del serialismo integrale, tecnica che scompone il fenomeno sonoro nei suoi parametri costitutivi (altezza, durata, intensità, attacco), studiò matematica superiore prima di dedicarsi alla musica. Xenakis, che era ingegnere e architetto (lavorò ad alcuni dei progetti più importanti di Le Corbusier), elaborò la 'musica stocastica', basata sulla branca della matematica che studia l’attività casuale o irregolare delle particelle.
Stockhausen si avventurò nella creazione di 'musica statistica', nella 'composizione di processi' e nella 'composizione con formule'.
'Ma una formula non basta a fare buona musica' commenta Luca Francesconi, tra i più importanti compositori italiani della nuova generazione, da sempre impegnato nell’ambito della ricerca elettronica, e direttore artistico della Biennale Musica. «Trovo l’esperimento di Lhc interessantissimo. Io per primo ho sempre sognato di poter lavorare con uno scienziato al fianco. Penso anche però che per le potenzialità del progetto ci vogliano musicisti con un talento fuori dal comune, in grado di intuire i paralleli tra i due fenomeni. Perché la differenza è nelle mani del compositore. Senza l’intervento del musicista che sceglie con il proprio arbitrio in che modo abbinare fenomeni fisici e sonori, il rischio è l’aridità. Lo hanno corso le neoavanguardie, che hanno scelto di privilegiare soltanto l’aspetto razionale della musica. Un’illusione che ha rotto un equilibrio secolare, quello tra emozione e pensiero, tra mente e cuore. Il risultato è stato il fiorire di una musica sentimentale, che offre un’esperienza superficiale e che non fa altro che replicare il già noto. Il lavoro del compositore oggi è quello ricostituire quell’equilibrio. E lo fa governando meccaniche complesse che devono imbrigliare ed esaltare, attraverso precise strategie, l’energia allo stato puro alla base dell’ispirazione. In questo davvero noi compositori siamo come i fisici. Ogni volta che scriviamo un pezzo mettiamo le mani in una materia incandescente e primordiale».

La sfida è quella di tradurre i milioni di dati raccolti da Atlas, una delle quattro grandi stazioni sperimentali, in suoni senza perdere uno solo dei dati registrati. La tecnica è quella della sonificazione, dove ogni valore dei parametri scientifici è tradotto con un valore dei parametri acustici come altezza, durata, intensità, timbro, attacco
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L’ARMONIA DELL’UNIVERSO
La sonificazione da Pitagora alla sonda Cassini
Il filosofo Porfirio sosteneva che Pitagora udisse «anche l’armonia del tutto come quella che comprendeva anche l’armonia universale delle sfere e degli astri che si muovono in esse, armonia che l’insufficienza della nostra natura impedisce di percepire». La sonificazione ci ha fatti tutti pitagorici: lo Stanford Solar Center ha infatti registrato e riprodotto le onde sonore generate dal cuore del Sole. «Si tratta di un tipo di sonificazione diverso rispetto a quello di lhcsound», racconta Manuela Cirilli, ricercatrice al Cern. «In questo caso si tratta di onde realmente emesse dalla stella e ritrasposte nelle frequenze udibili dall’uomo». I fisici Agnes Mocsy e Paul Sorenson hanno lanciato invece il progetto The sound of little bang. «Le collisioni fra nuclei all’interno dell’acceleratore americano Rhic - spiega la Cirilli - danno origine a uno stato della materia chiamato plasma di quark e gluoni, che si comporta come un liquido. I due scienziati hanno analizzato i dati a disposizione e hanno ottenuto il suono che viene prodotto dal plasma mentre si espande e si raffredda e hanno prodotto un video, disponibile su YouTube». Sono state effettuate sonificazioni delle onde rilevate dalla sonda Cassini attorno a Saturno e dei sismogrammi dell’Etna. Ma il valore, per ora, è soprattutto nell’aspetto comunicativo e creativo: «Per il momento nessuno si è fatto avanti per proporre aiuto all’uso della sonificazione come strumento di analisi - racconta Lily Asquith - ma molti fisici hanno chiesto di essere tenuti informati». E decisamente creativo è il ricercatore e pianista inglese Kevin Jones che ha scritto una Sonata Antartica rielaborando (ammettendo però «qualche margine di libertà») una serie di campioni di roccia raccolti in tutto l’Antartide. Il compositore italiano Fabio Cifariello Ciardi nel 2003, invece, ha presentato al festival Nuova Consonanza di Roma The sound of Nasdaq, sonificazione in tempo reale, attraverso un software da lui creato, degli andamenti dei mercati finanziari americani.
«Avvenire» del 25 luglio 2010

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