03 maggio 2010

L'erotismo alla conquista della società (2)

di Augusto Del Noce
L’offensiva sessuale si spiega dunque con la coincidenza tra il più antiradicale degli anticristianesimi politici, il conservatorismo degli schemi progressisti nella cultura laica e l’insufficiente comprensione cattolica della storia contemporanea.
È destinata ancora ad avanzare o ha ormai raggiunto la sua acme? È pensabile, negli anni ’70, un suo processo discensivo?
Tra le illusioni più insidiose c’è quella della correlazione tra rivoluzione sessuale e spirito di pace. È un’illusione che si insinua facilmente: chi sta bene non si muove, dice il vecchio proverbio. Dunque l’acquisita felicità sessuale libererebbe da ogni forma di risentimento e perciò da ogni spirito di aggressività. È un motivo utopistico, di cui è agevole trovare le tracce nel Reich: erede in ciò di un tema frequente nella storia della letteratura utopistica. E che trova espressione oggi anche nelle ripetute formulette dell’acquisizione da parte dell’uomo del sentimento della normalità e della sua conciliazione con la natura, facilitata dal progresso tecnico, che permette di non vederla più come nemica, ma di inserirla nella civiltà.
Il testo migliore per mostrarne la completa falsità sarebbe l’esame particolareggiato del maggio francese, perché in esso possiamo osservare i caratteri dell’esplosione della miscela Marx-Freud allo stato pressoché puro. Se ne paragoniamo gli aspetti al progetto surrealista 1947 dell’offensiva in grande stile contro la civiltà cristiana, è impossibile negare che tutto sia avvenuto esattamente come se quel piano fosse stato calato nella realtà. Richiamiamoci ancora un momento al carattere rivoluzionario del surrealismo, e alle sue critiche al marxismo per la possibilità che desse luogo a "pratiche regressive". Era facile ai marxisti (e a Sartre, in quel momento interprete del giudizio dei "compagni di strada") rispondere che il surrealismo manifestava, attraverso quella dichiarazione di rottura, la sua natura borghese: il radicalismo estremo con cui la rivolta veniva prospettata mascherava come di fatto fosse così compressa nell’estetismo da dar luogo alla completa accettazione del mondo sociale esistente, semplicemente "messo tra parentesi"; pseudoannullamento che si sostituiva alla sua trasformazione. Questa asserzione non è però giusta. Un discorso più ampio dovrebbe portare alla conclusione della pari verità delle critiche surrealiste al comunismo e di quelle comuniste al surrealismo; pari verità fondata sulla contraddizione che è probabilmente intrinseca all’idea stessa di rivoluzione totale. Cercando di riaffermarla nella sua intransigenza, i surrealisti non riuscivano a oltrepassare la posizione della negatività pura, conferendo all’idea di negatività una specie di potenza magica come se potesse essere creatrice di un’umanità nuova; e, di fatto, finivano nel puro nichilismo.

Penso che gli storici futuri dovranno usare, come formula complessiva per designare i fatti di quel maggio, il termine di "rivoluzione surrealista", quale epilogo della rivoluzione sadico-decadente che pretende di assumere in sé la positività del marxismo. I tratti di collegamento tra essi e il programma surrealista sono infatti palmari; anche se quel programma non ha agito direttamente, ma è stato riscoperto nelle sue proposte attraverso quel complesso processo, di cui si è cercato di delineare le linee essenziali.

Così, nella coincidenza tra scristianizzazione psico-erotica-freudiano-marxista; così nel suo arrestarsi al momento della negatività e nel credere alla potenza magica dell’idea di negatività. A cui deve seguire la ricerca attraverso la droga di novità sensuali ed emotive, che permettano appunto di oltrepassare il piano della realtà (onde, naturalmente, non poteva mancare qualche frate e qualche teologo che ravvisasse nell’uso della droga l’inizio di un momento mistico, in trascrizione perfetta di quel che certi critici letterari e artistici avevano già creduto di vedere nel surrealismo). Si osservi ancora la corrispondenza tra la critica mossa allora al comunismo dai surrealisti (la rivoluzione comunista, nella forma in cui rifiuta Sade e Freud, rischia anch’essa di inserirsi nel sistema) e quella mossa dai vari groupuscules. Ma in dipendenza da quella che si potrebbe dire la sua "formula ideale" — portare al limite il momento rivoluzionario del marxismo, attraverso la sua congiunzione con la psicanalisi rivoluzionariamente intesa — si comprende il processo per cui l’erotismo deve portare alla ricerca, attraverso gli allucinogeni, di un mondo surreale e per questo rifiuto del reale congiungersi con l’anarchismo di cui conserva soltanto l’aspetto nichilistico con esclusione di quello morale. L’oltrepassamento del marxismo sulla rivoluzione sessuale si esplica quindi in un totale negativismo, riferito non soltanto alla civiltà e ai valori, ma al principio stesso di realtà; e si accompagna con le manifestazioni più dissacranti e blasfeme. Piuttosto che di pace dovremmo parlare di "violenza permanente", che sostituisce l’ideale, ancora orientato verso una futura pace, della "rivoluzione permanente".

Pure, la considerazione di fatto non basta; e disponiamo di un libro che, quali che siano le persuasioni, certo lontanissime dal cristianesimo, dell’autore, è sotto il punto di vista fenomenologico, di estrema importanza. L’erotismo di Georges Bataille (1957, trad. it., 1967).

Mi limiterò ad alcune citazioni: "il passaggio dallo stato normale a quello del desiderio erotico presuppone in noi la dissoluzione relativa dell’essere costituito nell’ordine individuale... Per il partecipante di sesso maschile all’atto sessuale, la dissoluzione dell’elemento femminile non può avere che un senso, quello cioè di preparazione alla fusione, all’unione di due esseri che alla fine perverranno insieme a un punto di dissoluzione. La messa in opera dell’erotismo ha come principio la distruzione della struttura dell’essere conchiuso, che allo stato normale, all’inizio, era l’altro, l’individuo partecipe dell’altro. L’azione decisiva ha nome denudamento. La nudità è la negazione della condizione dell’essere chiuso in sé, la nudità è uno stato di comunicazione che rivela la ricerca di una possibile totalità dell’essere, al di là del ripiegamento su se stesso. I corpi si spalancano alla fusione, grazie a quegli organi nascosti che ci impartiscono il senso dell’osceno. Oscenità significa squilibrio, uscita dalla condizione dei corpi, corrispondente al possesso in sé, alla padronanza del proprio io, inteso come individualità durevole e affermata" (trad. it. pp. 18-19). Se si pensa all’idea del diavolo simia Dei, sembra, e converrebbe un’analisi attenta, di trovare in queste righe che definiscono in modo perfetto l’essenza dell’erotismo, una specie di conferma indiretta e di chiave di comprensione della descrizione della creazione e del peccato originale quali sono contenuti nei primi capitoli del Genesi. L’erotismo ne è infatti il rovescio esatto; il suo principio è, per così dire, quello della discreazione, opposto alla creazione. Negata nell’individualità umana ogni traccia dell’immagine di Dio, il processo è verso la dissoluzione, la fusione con la totalità attraverso la negazione dell’individualità (onde pure la separazione nell’erotismo, dell’amore dalla generazione, e l’avversione alla nascita; su quest’ultimo punto è ancora Sade a essere decisivo).

Da ciò anche il carattere sacrale, di sacro rovesciato, che all’erotismo è intrinseco: "... lo sviluppo dell’erotismo non è per nulla esteriore al dominio della religione; il cristianesimo anzi, opponendosi all’erotismo, ha finito per condannare la maggior parte delle religioni" (p. 33). O, per meglio dire, è stato il cristianesimo a separare la religione dall’erotismo; che, non a caso, puntualmente ritorna in tutte le forme eretiche, e oggi è il momento in cui tutte le eresie sembrano essersi date convegno.

"L’orgia non si orienta verso la religione fasta che trae dalla violenza fondamentale un carattere maestoso, calmo e conciliabile con l’ordine profano: la sua efficacia si manifesta nel lato nefasto, richiede la frenesia, la vertigine, e la perdita di coscienza. Si tratta di impegnare la totalità dell’essere in un cieco precipitare verso la perdita, che è il motivo decisivo della religiosità" (p. 127). Si constata cioè l’aspetto a suo modo religioso dell’erotismo nel fatto del suo prender forma di rito nell’orgia; onde l’essenzialità del sacrilegio, le messe nere, i "sabba votati nella solitudine della notte al culto clandestino di quel dio che è il rovescio di Dio" (p. 139).

Onde ancora la connessione necessaria con la demonolatria (e anche su questo punto, c’è bisogno di conferme attuali? Basti considerare l’interesse che c’è oggi per i libri che trattano di cerimonie sataniche).

Che poi, la disgregazione dei mondi di civiltà si accompagni con la diffusione dei culti orgiastici, la storia della decadenza dell’impero romano lo attesta in maniera che non potrebbe essere più chiara e più nota; e mi si voglia scusare se ricorro per un momento a un parallelo così spesso svolto tra la situazione presente dell’Europa e quella della disgregazione del mondo classico. Un’asserzione non diventa falsa per essere ripetuta, e in questo caso è calzante, nei riguardi dei tanti che arrivano persino, sugli organi ufficiali della borghesia illuminata, ad attribuire alla pornografia, anche a quella di livello più basso, una funzione liberatrice rispetto ai tabù che ancora eserciterebbero un’influenza sulla mentalità italiana e le impedirebbero di adeguarsi a un livello più maturo di civiltà. Il discorso radical-azionista tipico sulla Italia "immatura" spesso si confonde col riconoscimento della funzione liberatrice della pornografia.

* * *

Superare realmente i processi di pensiero che hanno trovato espressione nella presente rivoluzione sessuale importa una revisione culturale di portata enorme.

Ma, intanto, come la società può difendersi? Le pubblicazioni e gli spettacoli pornografici devono essere incondizionatamente permessi, sino a raggiungere i limiti più estremi, in ragione del principio dell’evoluzione e del mutamento del senso del pudore? È diffusa l’idea che qualsiasi "repressione" in questo campo sarebbe una violazione e una limitazione della democrazia. Ora, è da osservare come il carattere delle ordinarie pubblicazioni pornografiche sia di presentarsi come sganciate dai motivi ultimi di pensiero, in cui hanno il loro fondamento ideale. Ci si deve domandare se una presentazione di "conseguenze separate dalle premesse" lungi dal significare rispetto della libertà di pensiero, non si risolva in una sua offesa, perché sostituisce al discorso razionale l’appello alle potenze irrazionali. Può ora la democrazia consentire questa sostituzione senza diventare democrazia suicida? Perché il totalitarismo, visto nel suo carattere di fenomeno nuovo, irriducibile alle forme passate di tirannide, nasce appunto dalla corruzione della democrazia; cioè dalla concessione, che, per una falsa idea della libertà, le democrazie fanno alle pressioni sull’irrazionale.


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NOTE
1 Fu pubblicato a Vienna nel 1930, ed ebbe tre successive edizioni, 1935, ’44,’49, le cui prefazioni sono importanti. Riflette bene una certa atmosfera viennese degli anni ‘20-’30; si direbbe, al modo stesso in cui Hitler riflette un certo clima viennese dell’anteguerra (cfr. l’interessante libro di W. DAIM, Der Mann, der Hitler die Ideen gab, Monaco 1958, che ben meriterebbe una traduzione italiana; quest’uomo è un ex-benedettino, Adolf Lanz, che aveva portato la dottrina della razza, e conseguentemente l’antisemitismo, a un livello sino allora mai raggiunto, in opuscoli, oggi pressoché introvabili, del primo decennio del secolo). Il REICH è pure autore di un libro sul fascismo (Massenpsycbologie des Faschismus, Copenaghen 1933), la cui tesi è facile da indovinare: il fascismo sarebbe una rivolta dei sessualmente repressi, che, però, non avendo portato la critica sul principio stesso della repressione, prese forma deviata, sadomasochista e distruttiva. Dopo "l’involuzione puritana" dello stalinismo parlò del comunismo come fascismo rosso (cfr. un suo scritto del 1953, pubbl. nel vol. Reich parla di Freud, trad. it., Milano, Sugar, 1970, pagg. 269-271); ma sarebbe forse più esatto parlare del suo pensiero come di un "nazismo capovolto", in cui il vitalismo militare viene sostituito dal vitalismo sessuale; interpretazione che può trovare conferma in sue affermazioni che cito più oltre. La rivoluzione sessuale fu pubblicata in trad. it. presso Feltrinelli nel 1963; le citazioni rinviano a questa traduzione.

2 A costo di ripetersi, è opportuno insistere su certe verità su cui è caduto un quasi totale oblio. L’idea di matrimonio monogamico indissolubile e le correlative (pudore, purezza, continenza) sono legate a quella di tradizione che, a sua volta, in quanto "tradere" è consegnare, presuppone quella di un ordine oggettivo di verità immutabili e permanenti (il Vero in sé e il Bene in sé platonici). Temi, oltre a tutto, la cui più energica affermazione è gloria del pensiero italiano, perché che altro è la Commedia dantesca se non il poema dell’Ordine come forma immanente dell’universo? Perché, chi fu il grande rivendicatore, nei secoli moderni, dell’Ordine oggettivo dell’Essere, se non il Rosmini? Ma se noi separiamo l’idea di tradizione da quella dell’ordine oggettivo, essa deve di necessità apparire come il "passato", come "ciò che è superato", come "il morto che vuole soffocare il vivo"; come ciò che deve essere negato per poter ritrovare l’equilibrio psichico. All’idea del matrimonio indissolubile, deve sostituirsi l’unione libera, rinnovabile o solubile in qualsiasi momento. Non si può parlare di perversioni sessuali, anzi le forme omosessuali, maschili o femminili, dovranno essere considerate come le forme pure dell’amore. Sul piano scientista-materialistico su cui pure Freud si muoveva, non è quindi dubbio che sia il Reich ad aver ragione. La sua tesi rompe però anche con quella della rivoluzione politico-sociale, in quanto dominata dall’idea di avvenire, in cui sarà un ordine, sia pur "nuovo" e non eterno, che spetta a noi instaurare; per la mentalità rivoluzionaria pura, l’amore libero sarà tollerato tra "compagni" (e compagni veramente impegnati), ma l’ideale sarà quello della fedeltà reciproca di compagno e di compagna. Il dominio della sessualità libera è dunque il puro presente; da ciò la ricaduta nel sottoumano, nell’animalismo (si pensi alla mens momentanea di Leibniz); situazione da cui si cerca di sottrarsi attraverso l’evasione in "un’altra realtà". Da ciò il legame necessario tra l’erotismo e i "paradisi artificiali" della droga. E non serve certo, dopo aver giudicato "retrograda" ogni critica della libertà sessuale, cercar di ripiegare assumendo che la droga diminuisce la virilità; anzitutto perché erotismo e virilità hanno ben poco da fare, poi perché illimitata libertà sessuale e ricerca di "paradisi artificiali", sono momenti di dispiegamento della stessa essenza. Da ciò derivano tre importantissime conclusioni: 1) la questione dell’erotismo è anzitutto metafisica. Solo una restaurazione di quella che per brevità chiamerò "metafisica classica" può veramente troncare il sistema di valutazioni in cui esso consiste; 2) politicamente l’erotismo è collegato a quella "democrazia vuota del sacro", che mai si è manifestata come oggi; e la cui affermazione, nonostante rappresenti l’esatto inverso della democrazia pensata da Leone XIII, è stata pur aiutata (dire semplicemente "non ostacolata" sarebbe poco) dai partiti democratici cristiani; e, naturalmente, stimolata dai nuovi modernisti per cui parlare all’"uomo d’oggi" è riconoscere la "profanità" del mondo; 3) è perfettamente inutile il "dialogo" con gli assertori della liberalizzazione sessuale e ciò semplicemente perché essi muovono dalla negazione a priori di quella metafisica, da cui discende la morale che essi giudicano "repressiva". A che varrebbe, ad es., che io dialogassi col signor De Marchi o con Enzo Siciliano?

3 Cfr. il suo scritto: Dalla scienza al terrorismo intellettuale, in "L’Europa", 31 gennaio 1970.

4 La rivoluzione sessuale, pag. 29.

5 La rivoluzione sessuale, pagg. 8-9.

6 Cfr.: J.-L. BÉDOUIN, Storia del surrealismo dal 1945 ai nostri giorni, trad. it., Milano, Schwarz. Per il testo di Rottura Inaugurale, pagg. 255-263.

7 Rottura inaugurale, cit.

8 Cfr. J.-L. BEDOUIN, André Breton, Parigi, Seghers, pag. 18.

9 Cfr. J.-L. BEDOUIN, op. cit., p. 259.

10 Op. cit., pag. 9.

11 "La Stampa", 28 gennaio 1970.

12 Éclaircissement sur les sacrifices, in Oeuvres, Lione 1892, t. V, pagg. 322-23.
Tratto da: Rivoluzione, Risorgimento, tradizione, ed. Giuffrè, http://www.giuffre.it/ Milano 1993

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