01 dicembre 2009

Il «no» ai minareti preoccupa l’Europa

Condanna dell’Unione: è intolleranza. E l’Onu ora valuta la compatibilità con il diritto
di Giorgio Ferrari
L’Europa ha bocciato il referendum sviz­zero sui minareti, stendendo sulla vicenda un coro di dissenso pressoché unanime, mentre l’Onu stes­sa si propone di valutarne la legalità e la compatibilità con il diritto internazionale. A pronunciarsi per primo a nome della Ue è stato il mi­nistro degli Esteri svedese Carl Bildt, secondo il quale «il no alla costruzione dei mi­nareti è l’espressione di un pregiudizio e allo stesso mo­do può essere tradotto come una chiara espressione di paura ed un segnale negati­vo sotto ogni aspetto. Nor- malmente, la Svezia e gli al­tri Paesi si avvalgono di ur­banisti per prendere tali de­cisioni Di analogo tenore il parere del Consiglio d’Europa: « Il risultato di questo referen­dum va contro i valori di tol­polazione ». leranza, dialogo e rispetto per i credo di altri popoli che il Consiglio d’Europa e la sua Assemblea parlamentare hanno sempre sostenuto. Da una parte, questa decisione riflette i timori della popola­zione svizzera – e della po- europea nel com­plesso – per il fondamenta­lismo islamico. Dall’altra, ol­tre a non contribuire a eli­minare le cause del fonda­mentalismo, potrebbe inco­raggiare sentimenti di esclu­sione e approfondire le ten­sioni nelle nostre società», ha dichiarato in una nota il pre­sidente Lluís Maria de Puig.
Un po’ più sfumato il tono della Commissione europea («La Commissione non può intervenire né commentare la decisione di un Paese ter­zo – dice il portavoce del commissario alla Libertà e Giusti­zia Jacques Bar­rot –, ma in gene­rale Bruxelles ri­tiene che lo Stato sovrano debba ri­spettare il più possibile la li­bertà di religio­ne »). L’allusione ai criteri di Co­penhagen è trasparente e sottintesa: stabiliti nel 1993 allo scopo di regolamentare l’allargamento alle Repub­bliche ex sovietiche, vennero definiti secondo tre direttri­ci, la principale delle quali è quella politica, che contiene appunto come inderogabile concetto “il rispetto delle mi­noranze” e la loro tutela, ca­pitolo nel quale ricade la li­bertà di culto e, per esten­sione, anche quella di edifi­care luoghi dedicati al culto. Berna tenta di rassicurare. Ie­ri il ministro della Giustizia svizzero, signora Evelyne Widmer Schlumpf era a Bruxelles e ha subito cercato di mettere le mani avanti, so­stenendo che il voto, pur non « un bel segnale » per il suo Paese, non è contro l’islam, ma semplicemente contro la costruzione di minareti.
« Non ci sono problemi tra musulmani ed europei nell’Unione europea – si sforza di dire il ministro sve­dese di origine africana Nyamko Sabumi –. I musul­mani sono europei». Anche il capo della diplomazia francese, Bernard Kouchner, si è detto «un po’ choccato da un voto che è espressio­ne di intolleranza».
«Non dobbiamo dare la sen­sazione di stigmatizzare una religione, e cioè l’islam», ha aggiunto il ministro france­se dell’Immigrazione Eric Besson. Così pure commen­ta la massiccia comunità turca in Germania: «Una de­cisione spiacevole», ha scrit­to Kenan Kolat, capo della comunità, che ha insistito anche sul fatto che « diritti basilari come quello di cul­to non dovrebbe­ro essere sotto­posti a referen­dum ».
Ma è caratteristi­co dell’Europa, ormai allargata a ventisette mem­bri, non avere sempre una voce univoca.
Nel coro di dissenso infatti si staglia a sorpresa (ma nean­che poi tanto, a ben vedere) la Danimarca, laddove il Partito del popolo danese (Df) – formazione naziona­lista nota per le sue posizio­ni intransigenti sull’immi­grazione – ha preannuncia­to che intende chiedere un referendum simile a quello organizzato in Svizzera con­tro la costruzione di nuovi minareti: «È un bene che la popolazione possa espri­mersi su certi temi», ha det­to la leader del Df Pia Kjaer­sgard, nonostante attual­mente non esistano mo­schee in Danimarca. Netta­mente ostile al referendum invece è il Partito liberale, la principale formazione nel­la coalizione di centro- de­stra al governo. Ma al di là dei proclami il fuoco, come s’intuisce, cova sotto la ce­nere. E non solo in Dani­marca.
«Avvenire» del 1 dicembre 2009

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